Uno spettro si aggira per il mondo.
Ecco, dirai, per una volta che ci si poteva divertire… niente da fare. Siamo tutti chiusi in casa e non possiamo neanche formare una folla, un’onda umana, mossa da furore e paura, armata di torce e forconi, per cacciare la creatura, ghermirla, giustiziarla.
Siamo costretti a una clausura santa e necessaria, ma non per questo meno distruttiva e crudele. Piangiamo i morti e speriamo, con un pizzico di egoismo, che il dolore non debba lambirci troppo da vicino.
Chiusi in casa, oltre a controllare sistematicamente l’integrità di guanti e mascherine e a misurare il tempo sul livello delle scorte di vino e caffè, culliamo la nostra piccolezza e il dissolversi di sogni da quattro spicci.
Trascorriamo gran parte della nostra vita a esperire il mondo attraverso lo schermo vitreo di cellulari e tablet, distribuendo like e condividendo frantumi di un immaginario che, spesso, qualcuno ha masticato a lungo prima di sputarcelo in bocca, per ridurre la nostra fatica. Il nostro tempo libero è rischiarato da Netflix e Amazon Prime. Crediamo che il rapporto con il nostro joypad sia sano e liberatorio. Non ci fa paura l’alienazione.
Mai. Eppure…
Eppure, ci manca il morso della panca di legno sotto il culo quando la serata con gli amici si è trascinata troppo a lungo e, versandoci un altro bicchiere, ci stiamo ancora maledicendo per il precedente, ma soprattutto per il prossimo, perché sappiamo che nessun bicchiere sarà l’ultimo: l’ultimo deve sempre ancora arrivare. Ci mancano la durezza dell’asfalto sotto le suole, il peso delle polveri sottili nel naso, il cielo sulla città tinto dello stesso colore di un televisore sintonizzato su un canale morto. Ci mancano i corpi e la bellezza sorridente per le strade. Ci mancano addirittura le vetrine dei negozi e la musica degli ascensori. Ci manca l’assurda città in cui viviamo.
La nostalgia e il rimpianto non saranno eterni. Tutte queste mancanze saranno colmate. Ne siamo certi. E tutto sarà come prima. Non saremo migliori, non vivremo in un mondo più consapevole, non ameremo leggeremo mangeremo meglio… Insomma, non saremo né migliori né più felici di quanto fossimo prima.
La buona notizia è che, prima, non eravamo delle brutte persone ed eravamo abbastanza felici.
All’inizio dell’anno, durante una serata di panche e bevute, ci siamo lanciati in un progetto bellissimo. Sulla tovaglietta della trattoria, con una penna a sfera che sbavava inchiostro e sporcava le dita di blu, abbiamo scritto quel titolo e quel sottotitolo: QUASI, la rivista che non legge nessuno.
L’idea è semplice. Una rivista di carta, pubblicata da un editore piccolissimo, a bassa tiratura, in cui convogliare tutta la bellezza e lo stupore delle storie in cui viviamo. Storie fatte di parole e di immagini, spesso su carta, che vogliamo inscrivere nella mappa cangiante delle nostre vite, consapevoli di essere contemporanei di noi stessi. Una rivista mossa dalla volontà di indicare il buono e il bello, decisa a evitare critiche e polemiche perché il brutto merita solo di essere dimenticato ed eliso dai nostri sguardi. Nessuna nostalgia, nessun rimpianto, nessun rimorso: un sacco di riconoscenza nei confronti dei nostri maestri e dei nostri compagni di viaggio, che continuiamo ad amare – profondamente, radicalmente – anche quando li critichiamo, anche quando sappiamo che, a un certo punto della loro vita, si sono persi, stancati, arresi.
QUASI doveva uscire il 25 aprile, in occasione della festa più bella del mondo, portando addosso quel sottotitolo che ci piace tanto: “la rivista che non legge nessuno”. Doveva essere la primavera del nostro stupore.
Ma è meglio che non esca nessuno. Restiamo ancora dentro l’inverno di questa strana rassegnazione e sappiamo che, anche se l’inverno dovesse durare ancora a lungo, la primavera arriverà.
Allora eccoci qui, pronti a tutto. QUASI non è ancora una rivista, ma puoi leggerla.
2 risposte su “Quasi un manifesto”
Omar
Buon 25 aprile anche a voi! Dall’altro lato della Manica, in una giornata grigia diversa dall’accenno di estate che ci aveva graziato ieri – e con cui la gente era già uscita “in massa” sotto questo sole scozzese -, attendo con curiosità i primi interventi del blog e poi, spero davvero presto, anche la versione cartacea.
R Good
Capisco il tasso alcolemico e la penna che sbava blu, Tutta la mia simpatia.
Ma il sottotitolo ha la faccia di un peperoncino rosso !
P.S. Una mia curiosità: la pagina mi sembra scritta da Boris eppoi ampiamente rivista da Paolo: ci azzecco ?
Saludos – R Good