di Massimo Galletti
vorrei raccontare la mia vita in minuscolo, dando alcune coordinate fumettistiche sul galletti. la prima influenzerà tutte le seguenti, ed è quindi inevitabile citarla nonostante sembri indifferente ai fumetti.
nacqui a fine 1960. così fu.
crebbi, poi, senza immaginare che, otto anni dopo, arrivasse il sessantotto.
il sessantotto si chiama CdP.
Corriere dei Piccoli
Ci sarà stato anche un prima non influente, la storia comincia nel sessantotto, e il sessantotto si chiama CdP.
La storia inizia per caso, un maestro che passa di lì solo un anno, in terza elementare, un maestro poco amato perdippiù. E che consiglia caldamente di provare a comprare il CdP, il Corriere dei Piccoli, perché dentro ci sono le schede che ti possono aiutare a studiare, davanti un disegno tipo figurina, da ritagliare, dietro il testo. E mezza classe lo compra, per un paio di settimane.
Ma intorno alle schede c’è il giornale, umorismo ed avventura insieme, fumetti storici e d’attualità. Il meglio del fumetto francese per ragazzi e autori italiani tra i più bravi, segni diversissimi, e quasi tutti grandi maestri. Pratt, Toppi, Battaglia, Di Gennaro, Uggeri, Breccia, Hermann, solo per dirne alcuni. E a fianco Jacovitti, Peyo, Franquin, Uderzo, Walker, solo per dirne alcuni. E a fianco di tutti Grazia Nidasio, solo per dirne una.
E insomma si inizia come meglio non si può, gran parte della cultura abbordabile a quell’età in forma di svago, si scopre, si cresce.
Figlio del CdR
Gli anni 70 del 900, per uno che li attraversa dai 10 ai 20 anni, sono cose diverse, intanto che cresci.
Così il Corriere dei Piccoli che nel 1972 diventa Corriere dei Ragazzi è quasi un segno, una premonizione. I fumetti rimangono quelli di altissimo livello che c’erano già prima. Citiamo giusto gli arrivi di Bonvi, Silver, e Alfredo Castelli…, tanto per capirci…
La cosa nuova sono i temi, spesso addirittura graphic journalism ante litteram, o satira di gran livello sebbene adattata all’età dei lettori.
Ma la vera grande innovazione è il contenitore, e i suoi contenuti. I fumetti vanno a sposarsi con una vera e propria rivista d’attualità, con notizie giornalistiche, col mondo. E con illustrazioni, fotografia, altri linguaggi. E tutto ad abituarti al ragionamento, alla diversità, alla qualità.
Saremo, noi nati intorno agli anni 60 e cresciuti col CdR, più allenati anche a essere cittadini, lettori ragionati del mondo e dei suoi organi di informazione.
Ma saremo anche, noi lettori del CdR che crescendo lo abbandoneremo inevitabilmente anche solo per età, pronti e allenati a scoprire, leggere, pretendere, essere parte, a volte persino un po’ in futuro costruire, quelle che saranno la svolta del futuro dei fumetti: le riviste, e i loro fumetti senza più confini.
Figlio del CdR.
A casa infine
Ha a che fare anche con la qualità, certo. Ma anche e soprattutto ha a che fare con quegli anni.
Quegli anni, i 70, e la loro ricchezza culturale, la loro voglia di sperimentare, e di contaminarci.
Quegli anni, i nostri, ragazzini che diventavano giovani adulti, curiosi e dentro le idee, i linguaggi, i movimenti che dirompevano.
Giovani adulti che scoprivano altri fumetti, la storia e l’attualità, le riviste e le visioni del mondo, Mafalda e Il Mago accanto a Spirit e a Eureka.
Poi un giorno avremmo attraversato una piazza felici ed orgogliosi di presentarci al mondo con quel Linus sotto il braccio, con quella Valentina in copertina, specchiandoci senza nemmeno forse capirlo tutto, ma contenti di avere in mano questo modo di leggere fumetti, sentendoci cultura e sentendoci dentro un’idea di mondo, insieme, finalmente. Con l’ottima compagnia, sempre compagna di amori eterni, dei ragazzini Peanuts e del ritrovato marinaio Corto.
E da qui non si può tornare indietro, questa è casa.
Nel giardino del Mago
Poi ci sono almeno due cose un po’ generazionali ma anche un po’ no: vi permetto di dissentire. Io avevo bisogno di outsider, di piccoli gesti controcorrente, di iniziative dentro un’ottica ma anche con la generosità dell’errore possibile. Se il primo Mago, nella sua eleganza sopra le parti, mi aveva regalato il Breccia più prezioso, il secondo corso della rivista, quello sbrecciato e pencolante fin da subito, nel suo caos quasi fanzinaro, mi ha dato lo spazio che nessuno avrebbe dato a nientemeno che Vittorio Giardino. Cosa sarebbe e sarebbe stato il fumetto italiano ed europeo senza Vittorio Giardino? Mi ha regalato Big Sleeping. Voi credete di sapere cos’è fumetto senza sapere cos’è Big Sleeping? Mi fermo qua ma erano decine, che so, Cavezzali e gli Origone, o il primo Scòzzari e il primo Giacon. Io non so la storia e la dietrologia, e non mi importa, tanti Mago diversi, e per tanti anni, avrei voluto leggere, avrei voluto costruire. Non so chi fosse ma anche a lui devo molto: la firma del direttore era di Bepi Zancan.
PS: Lo so, c’era Frigidaire. Ero sul pezzo. lo presi il numero uno (c’erano Scoz e Paz!). Ma io ero un bravo ragazzo, troppa roba eccessiva che allora quasi mi turbava. Poi, non voglio dire, l’inserto chiuso del numero uno: dovevo nasconderlo e nascondermi! Insomma, uno ogni tanto, o quando scovavo Paz, ci volle tempo, allenamento e capire. Per stare dalla sua parte. Mio del tutto, no. Ammettiamolo, sincerità necessita.
La rotta, capitano
La seconda cosa un po’ generazionale ma anche un po’ no, ovviamente, è Orient Express.
Anche un po’ no, perché Linus e il CdP/CdR erano case larghe, sociali, politiche. Uscivano dai fumetti.
Orient era un discorso interno, anche un po’ di classe sociale fumettistica (ci stavano quelli che Rizzoli/Linus/AlterAlter non riteneva abbastanza…), anche un po’ di rivendicazione di classe, sociale, fumettistica (col cazzo che, se non vado bene a Rizzoli, mi devo rassegnare a Bonelli e Lancio), anche un po’ di creatività italiana. Il Mago aveva seminato e tutto rischiava di disperdersi, erano arrivati Totem e L’Eternauta, tanto ben di dio ma si acquistavano diritti, su Orient invece si proponeva a gente brava, che già avevamo notato qua e là, di creare cose nuove, di crescere con progetti ambiziosi, di regalare nuove ambizioni e varietà al fumetto italiano. E poi c’era Magnus, che li accettava i progetti ambiziosi. E si iniziava giusti giusti, con quel Vittorio Giardino, a presentare nei dovuti modi il romanzo che lo avrebbe consacrato. E quel Daniele Panebarco (Big Sleeping) che tanto avevamo amato sul Mago.
L’isola trovata si chiamava la casa editrice. Ed erano già apparsi libri. Belli.
Idee chiare, intenti condivisi, qualcuno ancora che costruiva ciò che cercavo, pensavo, avrei voluto io.
Qui, la persona dietro a tutto, poi, l’avrei conosciuta abbastanza bene. E mi manca. Luigi Bernardi.
(continua)
Una risposta su “Autobiografia del lettore da cucciolo – 1”
Luca Brunori
Tante parole per dire che sei più vecchio di me 😎