Dove abitano i lettori

Boris e Paolo | Strani anelli |

Nell’estate dell’anno scorso è uscito il terzo numero della nuova collana dedicata a “Conan il barbaro”, ritornato finalmente nel comodo alveo Marvel, che raccoglie il quarto e il quinto episodio della saga scritta da Jason Aaron (l’autore di un interessante ciclo di “Dr. Strange” disegnato da Chris Bachalo).

In particolare ci è piaciuto il quarto episodio disegnato dal figlio d’arte Gerardo Zaffino, con un segno che richiama tanto il padre dell’autore, Jorge, quando un altro grande figlio d’arte, Enrique Breccia. Ci è piaciuto fin dal titolo, Il re nella gabbia, perché ci è parso una bella promessa.

La storia si innesta con semplicità nella biografia del barbaro.
Finalmente diventato re di Aquilonia, Conan si trova di colpo a dover rinunciare alla sua vita avventurosa, per amministrare il regno. Giorno dopo giorno, la routine burocratica mina la salute del cimmero, che, per la prima volta nella sua vita, si ammala gravemente. Di noia.

E, lo sappiamo, di noia si muore.

Per ridare un senso alla propria esistenza e ritrovare la salute che prendeva vigore dal pericolo e dall’imprevedibile, Conan si fa portare un leone con cui lottare. Ma il leone, belva in cattività, è malato della stessa malattia che sta consumando Conan. Sono due esseri in gabbia. E in questa gabbia stanno lentamente morendo.

Riusciranno a salvarsi stringendo un silenzioso patto d’alleanza che li trasformerà in una coppia di giustizieri mascherati e li porterà a continue scorribande notturne, fino alla decisione finale di distruggere la gabbia di quella vita abitudinaria (anche nell’avventura sempre ripetuta secondo gli stessi schemi c’è noia) e scomparire per tornare all’avventura vera, quella senza gabbie e schemi.

Nella tavola finale, Conan e il leone si separano, andando ognuno ad abitare i propri territori inesplorati.

Leggendo questa storia di Conan ci è tornata alla memoria che anche il Topolino di Gottfredson, in un’altra estate, quella del 1931, affronta nella divertentissima storia intitolata Circus Roustabout un rito iniziatico che attraverso la gabbia del leone, e stringendo una specie di alleanza con la belva, gli aprirà le porte dell’avventura.

Per trovare l’avventura è necessario uscire dalla gabbia, ma per avere voglia di trovare l’avventura è necessario essere chiusi nella gabbia. Lo sappiamo fin dal Medioevo e da quella contrapposizione tra città, rinchiusa tra le mura, e foresta, dove sono i leoni, in cui cercare l’avventura in compagnia di alleati (ce lo hanno spiegato nei dettagli Jacques Le Goff e l’amata combriccola degli “Annales”).

Senza alcun dubbio è questo il paradosso che Fred ha in mente quando, tredici anni dopo aver pubblicato la prima avventura di Philemon su Pilote, realizza una sorta di prequel (Avant la lettre) in cui il protagonista, per cominciare le sue avventure – in uno di quei paradossi temporali che il fumetto può permettersi con sprezzo del pericolo – fugge dalla gabbia delle belve feroci del circo, in cui si è trovato rinchiuso.

Avant la lettre è del 1978. La canzone italiana simbolo del 1977, l’anno più felicemente disordinato del secolo scorso, è contenuta in Ma non è una malattia, un album di Gianfranco Mnafredi uscito l’anno prima. La canzone, scritta da Manfredi e da Ricky Gianco, si intitola Ma chi ha detto che non c’è?

Nella seconda strofa il futuro fumettista canta:

sta nel sogno realizzato,
sta nel mitra lucidato,
nella gioia, nella rabbia,
nel distruggere la gabbia

Ci vuole un anno perché, nel 1978, Milo Manara faccia raccogliere la sfida a Giuseppe Bergman. Il fumettista prende il suo poco eroico eroe e lo manda, in cerca d’evasione dalla gabbia delle tavole a sei vignette, in Francia sulle pagine di “(À Suivre)”, una rivista fondata proprio in quell’anno con l’intento di dare al fumetto un respiro diverso dai formati abituali.

In Italia dovremo aspettare un’altra estate, quella del 1982, perché una rivista, recante per titolo il nome del più famoso e avventuroso dei treni porti l’avventura fuori dalla sua vecchia gabbia: “Orient Express” di Luigi Bernardi. Su quelle pagine, finalmente, arriveremo nella terra dove vivono i leoni. Dove, da ora in poi, abiteremo come lettori.

Lo strano anello si compone di:

  • Jason Aaron e Gerardo Zaffino, Il re nella gabbia, in “Conan il barbaro” n.3, luglio 2019, Panini Comics, (ed. orig. “Conan the Barbarian” maggio 2019).
  • Floyd Gottfredson, Mickey Mouse: Circus Roustabout, strisce pubblicate negli Stati Uniti dal 30 maggio al 7 luglio 1931, (ultima edizione italiana Topolino: Domatore e saltimbanco in “Gli anni d’oro di Topolino” n.32, Corriere della Sera, 2010).
  • Fred, Avant la lettre, Dargaud, 1978.
  • Gianfranco Manfredi e Ricky Gianco, Ma chi ha detto che non c’è?, 1976.
  • Milo Manara, Hp e Giuseppe Bergman, in “(À Suivre)” da febbraio 1978 (ultima edizione italiana in Milo Manara, Tutte le avventure di Giuseppe Bergman, Mondadori, 2012).
  • “Orient Express”, n.1, giugno 1982.

Per delineare questo strano anello, trattandosi di una caccia al Leone, abbiamo bevuto più di un Daiquiri, il cocktail preferito da Hemingway.
A noi piace così: 6 parti di rum chiaro cubano (per motivi economici – concedersi un extra viejo di 14 anni non è da tutti i giorni – consigliamo il Cubay Ron carta blanca 3 anni), 3 parti di succo di lime, 1 parte di sciroppo di zucchero casalingo (lo prepari sciogliendo su fuoco dolcissimo per non più di 2 minuti, 3 parti di zucchero in 7 parti di acqua… ci raccomandiamo, non farlo brunire, diventa caramello), shakerate con un sacco di ghiaccio e filtrate poi in un bicchiere da Martini tenuto in frigo per almeno due ore.

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