Le madri di Claire Bretécher

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Quando, lo scorso 10 febbraio, è morta Claire Bretécher, stavamo mettendo insieme i pezzi che avrebbero dovuto comporre QUASI. Aveva ottant’anni e, qui in redazione, siamo convinti che quella sia una buona età per andarsene. Quando ci capita di parlarne, durante le serate che prendono la piega triste, ci scopriamo pessimisti (o ottimisti, a seconda dei punti di vista) e ci confessiamo che non ambiamo a tanto. Eppure, quella notizia ci ha fatto montare tristezza e sconforto.

Boris, che è un inguaribile romantico, ha iniziato a raccontare in giro bellissimi aneddoti poco verosimili messi in giro da Cavanna. Uno era questo:

«François Cavanna si faceva un vanto di saper capire, al primo sguardo, se i giovani che gli sottoponevano i loro lavori avessero o meno del talento. Il suo più grande rimpianto, almeno così la racconta lui, fu quello di non essere stato presente in redazione al 4 di rue Choron quel giorno dell’autunno del 1960 quando una giovanissima (e a detta di Georges Bernier, bellissima) squatter arrivò a proporre i suoi lavori. Bernier ci capiva un cazzo di talento grafico, riconosceva la bellezza certo, ma quella bellezza che ha immediati effetti sul desiderio e sull’attrazione fisica.
“E non le hai fatto lasciare qui le tavole e i disegni che ci davo un’occhiata io?”
“Che vuoi, le ho detto che c’era un posto da strillone, ché con il suo aspetto vendeva un sacco di copie, altro che perdere tempo a disegnare…”
“E lei?”
“Eh, lei se ne è andata… mi sembrava scocciata, mi ha detto che allora andava a provarci a Pilote”
“E non ti ricordi nemmeno come si chiamava? “
“Boh… mi sembra Claire, ma non ci giurerei…”
“Georges… mavaffanculo, vai!”»

Nelle ore immediatamente successive la morte di Claire, si è subito formato un corteo di coccodrilli illustrati. Brutti disegni che cercavano di omaggiare una narratrice straordinaria, fatti da gente con poco senso della misura che, usando le parole di Jean-Cristophe Menu, non le arrivava neanche alla caviglia. E dire che Claire, quando era morto René Goscinny, aveva pubblicato una pagina straordinaria (è stato, ancora una volta, Menu a ricordarcelo).

Tra i libri di Bretécher più citati in occasione della sua morte ce n’è uno che amiamo molto: Les Mères, la serie di storie brevi e brevissime che, nel 1982, ha preso il posto di Les Frustrés sulle pagine del “Nouvel Observateur”. Tornati a casa, lo abbiamo recuperato dalla mensola in cui giaceva da troppo tempo e riletto con il fiatone, con le lacrime. E alla fine abbiamo anche riso.

Avevamo l’edizione italiana. Quella pubblicata da Bompiani nel 1983, con la traduzione di Nicoletta Pardi e un lettering fatto a mano molto bene per la pubblicazione su “Linus”.

Di quel libro, come della maggior parte dei titoli di Claire Bretécher, non esiste nei cataloghi degli editori alcuna edizione cartacea. Si trova qualcosa in formato ebook, ma il nostro amore richiede che occhi narici e polpastrelli si riempiano di carta.

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3 risposte su “Le madri di Claire Bretécher

  • renato ciavola

    Alfredo Brasioli, ALFRE, era un mio amico… più grande, un maestro, dal quale ho imparato i primi passi di colorazione piatta per il fumetto, insieme all’altro amico ALBE Aberto Catalani. Proprio ieri ho ritrovato una foto, l’ultima foto che ho di lui, che gli scattai a una riunione a Roma (credo settembre 2007) degli Amici del Vittorioso, durante la quale io tenni una relazione; era direttore del giornale che facevamo Stefano Gorla, poi passato al Giornalino. Alfredo era un grande artista, soprattutto disegnatore, incisore e scultore. Ma era una timido, e insicuro. Venne da Verona a cercare fortuna a Roma. Lavorò tanto, ma non andò come avrebbe voluto.

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