Un banchetto sistemato sul marciapiede vicino casa o al parco, un po’ di limonata o qualsiasi altro intruglio e, se sei un bambino in carne e ossa, puoi guadagnare qualche soldo che un tempo avresti speso per acquistare i tuoi fumetti preferiti. Se invece sei un personaggio dei fumetti puoi fare di più, dispensare consigli inutili al prezzo di cinque centesimi o dare un nome alle cose di scienza per ancora meno, un centesimo soltanto. Si possono fare grandi affari, se ci pensate. Ci pensa Calvin, infatti, all’inizio della primavera del 1993, l’anno in cui Leon Lederman e Dick Teresi pubblicano La particella di Dio e Jurassic Park arriva sugli schermi di tutto il mondo per stupire i bimbi veri e gli autori di quelli finti.
«Nomi scientifici?» chiede perplesso Hobbes che si piazza con aria interrogativa di fronte all’amico. «Sicuro!» risponde convinto Calvin «Gli scienziati escogitano grandi, pazzesche teorie ma danno loro nomi banali, privi di fantasia». «Per esempio,» continua ispirato «gli scienziati pensano che lo spazio sia pieno di una massa invisibile e misteriosa e come la chiamano? “Materia oscura”! Meh! Ti dico che qui c’è da far fortuna!»
«A me piace dire “quark”! Quark, quark, quark, quark» ribatte sorridendo Hobbes, ma Calvin lo fulmina: «Invece di comportarti come un idiota, perché non vai a trovarmi uno scienziato?»
Calvin, di nomi scientifici, è un vero esperto, altroché. Un anno prima, il primo giorno d’estate del 1992, all’ombra di un enorme albero, aveva raccontato a Hobbes di aver letto che qualcuno aveva coniato il termine “big bang” per descrivere l’inizio dell’Universo ma questa cosa lo aveva assai deluso: «Non è strano come gli scienziati siano in grado di immaginare che tutta la materia dell’Universo sfugga via di botto da un punto più piccolo della testa di uno spillo ma non riescano a trovare un nome più evocativo de “il Big Bang”? Tutto il problema con la scienza è questo qua, che hai un gruppo di empiristi che cercano di descrivere cose di inimmaginabile meraviglia.» E allora a Hobbes non era rimasto altro che chiedere: «Come la chiameresti tu la creazione dell’Universo?» E Calvin: «The Horrendous Space Kablooie!», l’orrendo botto spaziale.
Ora, prima di procedere nelle cose più o meno di scienza, è meglio essere precisi. Kablooie è un termine che viene usato per descrivere un evento che si presenta in maniera brusca, l’esplosione di un oggetto che va in mille pezzi, un liquido che improvvisamente schizza da tutte le parti (ci sono esempi organici molto propri) ma è anche il suono dell’esplosione, è un bum, un patapum o, meglio ancora, un ka-boom. È una parola che Calvin (pardon, Bill Watterson) ama particolarmente e non a caso si trova nel titolo del suo libro preferito: The Hamster Huey and the Gooey Kablooie, che il traduttore italiano ha sacrificato ne “Il Criceto Gino” ma che letteralmente è Il criceto Ughetto e l’esplosione appiccicosa. Quelli a cui piace stare al gioco potrebbero invece apprezzare Il criceto Ciccio e il minicicciolo appiccicaticcio.
Insomma, per tornare alle cose importanti, l’Horrendous Space Kablooie è esilarante e infatti non passa inosservato. L’anno successivo alla sua entrata in scena la rivista “Sky & Telescope” lo inserisce infatti in una lista di tredicimila e novantanove nomi in gara per sostituire l’ormai vituperato “big bang”. A decidere saranno lo scienziato e divulgatore Carl Sagan, il giornalista Hugh Downs e lo scrittore di scienza Timoty Ferris. Se come Calvin cercavate la fantasia, siete accontentati. Tra “Hubble Bubble” e “Super Seed” o tra SAGAN (Scientific Apprehension of God’s Awesome Nature), NAH (Not According to Hoyle) e tanti altri esempi più o meno seri, la scelta è più che imbarazzante. L’appena citato Hoyle, Fred Hoyle, è l’astronomo responsabile di tutto sin dal 28 marzo 1949, il giorno in cui per primo aveva pronunciato “big bang” e per tre volte (quante altrimenti?) durante un programma della BBC dedicato alle nuove teorie cosmologiche.
L’ipotesi del grande scoppio per lui era però inaccettabile da tutti i punti di vista. “Not According to Hoyle ” si spiega così.
Per Henry Allen, giornalista futuro Premio Pulitzer, inaccettabile fu tutto il baraccone mediatico che avevano montato attorno alla faccenda e sul “Washington Post”, in un articolo dal titolo vagamente allusivo, “Il big bang risucchiato nel buco nero”, lo aveva scritto chiaro:
«All’inizio, Dio ha creato il cielo e la terra. Quindi, circa 15 miliardi di anni dopo, gli astrofisici hanno iniziato a chiamare questo evento il Big Bang. (…) In realtà, questo non è stato solo il Big Bang, è stato il bang più grande di tutti, l’ur-bang, il Bang Numero Uno, la madre di tutti i bang, il bang di tutti bang! Che frase fantastica! Due parole, due sillabe. A differenza della solita serie di termini scientifici o religiosi, come “fotosintesi” o “transustanziazione”, “Big Bang” è incisivo, potente e divertente per tutti. Ma no. Ecco che arrivano i Bangbusters, noti anche come Polizia Correttiva Cosmica. […] Perché le parole per le cose dovrebbero essere belle? Non c’è motivo di credere che la nascita dell’universo sia stata più bella della nascita di un essere umano. Chi può dire che non sia stata disordinata? (Immagina Dio come l’ostetrico che dice: “Congratulazioni, hai appena dato alla luce tutto”.)»
Com’è finita lo sappiamo tutti, altrimenti avremmo chiamato l’inizio di questo Universo in ben altro modo. Ve lo immaginate Stephen Hawking che dà alle stampe Dall’orgasmo cosmico ai buchi neri? John Wheeler, che del termine “buco nero” è stato il principale sponsor, forse ne sarebbe stato capace. Ma poi non è che “buco nero” sia tutta ‘sta gran cosa, in fondo anche in questo caso a una teoria pazzesca s’accompagna un nome francamente banale. Chi meglio di Calvin può rimettere le cose a posto? L’ho trovato ancora dietro al banchetto e gliel’ho chiesto. Dice che “Mostruoso risucchiatore galattico” potrebbe andar bene. Per la consulenza ho speso solo un centesimo. Un affarone.