Nel 1986 il regista Frank Oz chiude uno strano anello. Dirigendo La piccola bottega degli orrori, riporta al cinema un musical – di quattro anni prima – composto da Alan Menken con testi e libretto di Howard Ashman, ispirato a un film di Roger Corman del 1960. Lo sappiamo, quando hai sentito quei due nomi ti è venuto un brivido: hai visto accreditare Menken e Ashman per la colonna sonora di diverse pellicole Disney (La sirenetta, La Bella e la bestia, Aladdin) e le canzoni dei film di animazione ti fanno desiderare di essere altrove. Eppure, le musiche del film di Oz non sono niente male.
Il quel film, che ricordiamo con l’affetto dei diciotto anni e non abbiamo mai rivisto, c’è una pianta carnivora con un aspetto piacevolissimo e zanne acuminate. Per un assurdo gioco di simmetrie, tutto ciò che ha a fare con i denti in quella pellicola è veramente mostruoso. Soprattutto il violentissimo dottor Tony Scrivello, interpretato da Steve Martin.
«You’ll be a dentist
You have a talent for causing things pain
Son, be a dentist
People will pay you to be inhumane»
Chi non ha odiato un dentista almeno per un paio di ore nella sua vita?
Come si fa a non provare astio, rabbia e volontà di rivalsa nei confronti di un individuo, quasi sempre molto professionale, che ci costringe a stare fermi con le fauci spalancati, agendo con strumenti mostruosi dentro di noi e facendo rumori macabri. L’anestesia, poi, è il male assoluto. Allontana un dolore immediato per restituircelo, un poco alla volta, nella sua orribile presenza crescente. Si pensi a un altro assurdo dentista cinematografico: il dottor Christian Szell, interpretato da Laurence Olivier nel Maratoneta, film diretto da John Schlesinger nel 1976. «Io posso darle il dolore o il piacere. È sicuro?»
Quell’assurda domanda, « È sicuro?», assilla il giovane Thomas “Babe”, interpretato da Dustin Hoffman, e anticipa ogni nuovo affondo del trapano nel dente vivo. Le cure meccaniche del dentista rivelano, in quel film, la loro natura di tortura. Ci piace ricordare come Hoffman, forse sedotto dal mito di Konstantin Sergeevič Stanislavskij, dovesse vestire le passioni, la stanchezza e il dolore dei personaggi che indossava. Qualcuno ci ha raccontato che, durante le riprese, arrivasse sul set coperto di sudore, dopo aver corso per ore. Quando Olivier gli chiedeva perché lo faceva, Hoffman rispondeva: «Devo entrare pienamente nel personaggio e sentire quello che sente lui.» A quel punto, l’attore inglese gli rispondeva, con la medesima perfidia con cui nel film avrebbe affondato la punta nel molare: «Ah, tu fai così? Io recito.»
Il primo numero dell’edizione italiana di “Playboy”, diretta con grande classe da OdB, è datato novembre 1972. La rivista si chiude con un episodio di Little Annie Fanny che deve aver segnato più di un lettore. C’è un bacio lunghissimo tra Annie e l’agente Solly Brass, durante le riprese di un film, visto da vicino. Così tanto vicino da diventare prima strano e poi, un po’ alla volta, quasi raccapricciante. Un incontro di labbralinguedenti che si spingonospostanoscontrano. Quel bacio, sceneggiato da Harvey Kurtzman e disegnato da Will Elder e Larry Siegel e originariamente pubblicato sull’edizione statunitense di “Playboy” di settembre 1967, ha sicuramente sedotto Filippo Scòzzari. Nel 1972 aveva ventisei anni e, nell’ottobre del 1975, pubblica sulle pagine di “Alter Alter” Un buon impiego, che si apre con un rifacimento di quel bacio, ancora più strano, ancora più inquietante, ancora più respingente.
Un incontroscontro di denti che ci richiama alla mente l’inizio del libro nero più duro che la casa editrice Granata Press di Luigi Bernardi ci abbia fatto leggere: Protesi di Andreu Martin. Quell’inizio indimenticabile è così:
«Venerdì, 21 luglio, 7,30 del mattino
Non c’è niente di più sinistro che il sorriso di un teschio. È un rictus pietrificato, freddo, inespressivo e immutabile. Denti serrati in un morso feroce. È una tagliola che si è chiusa di scatto, clap, e mai più lascerà la presa. È una risata trattenuta e senza allegria, un sorriso di compromesso, un sorriso di dolore, una minaccia di crudeltà. Smorfia forzata del carnefice che finge di esserti amico prima di farti male, molto male. Adesso non c’è nulla di divertente, non c’è alcun motivo di ridere, ma fra poco, vedrai, fra poco, soltanto a pensarci… Esploderà la risataccia quando comincerai a genere e a piangere di paura, quando ti torcerai dal dolore. Il sorriso di un teschio mette in risalto le orbite vuote, che sono occhi che guardano all’interno del cranio e si deliziano alla vista di pensieri putrefatti. Ispira immagini di corruzione, e vermi, e ossa che imbiancano lentamente aspettando l’ora della rivincita.
Miguel Vargas Reinoso ha il suo sorriso di teschio infilato in un bicchiere di vetro, con l’acqua e una pastiglia di Corega-Tabs. Trascorre le ore a guardarselo, ogni notte, dal momento in cui se lo toglie dalle gengive fino a quando non lo rimette al suo posto, in bocca. Lo guarda con i suoi occhi striati, felini e sgradevoli, e mentre guarda respira dalle narici con ritmo pacato, forse un po’ più accelerato del normale. Notti intere con gli occhi fissi su quel sorriso, pensando che è passato molto, molto tempo.»
In questo Strano anello si sono incontrati:
- La piccola bottega degli orrori di Frank Oz (1986)
- Il maratoneta di John Schlesinger (1976)
- Harvey Kurtzman, Will Elder e Larry Siegel, Annie the Actress, in Harvey Kurtzman, Will Elder, Playboy’s Little Annie Fanny: volume 1 1962 – 1970, Dark Horse, 2000 (ne esiste un’edizione italiana edita da Magic Press nel 2010)
- Filippo Scòzzari, Un buon impiego, in “Alter Alter” 10, ottobre 1977, edizione più recente in Filippo Scòzzari, Lassù no, Coconino, 2019
- Andreu Martin, Protesi, Granata Press, 1994 (mai più ristampato, dannazione!)
Mentre chiudevamo questo strano anello ci è venuta l’idea di chiedere a google se esistesse un cocktail che sbianca i denti. Il motore di ricerca ci ha risposto proponendoci un articolo dell’edizione online di “Marie Claire” che ci ha spiegato:
«Vodka lemon: Ebbene sì, vodka + soda = sorriso smagliante. Il composto frizzante ma chiaro, evita che i denti si macchino e sconfigge molti tra i batteri responsabili dell’alito cattivo. Cin-cin!»
Se poi non resti soddisfatto del risultato puoi sempre fare un salto dal dott. Alan Feistone. Lo ricordi? Il protagonista di The dentist di Brian Yuzna. Ecco. Lui risolverà il problema alla radice!
Come sai, noi siamo devoti alla cura del nostro aspetto. Abbiamo preferito restare alla larga dai dottori e prepararci cinque vodka lemon.