di Tiziano Angri
[Le pagine di Tiziano Angri hanno un equilibrio perfetto. Così come le storie che racconta traboccano di difformità e umane imperfezioni, nei suoi disegni non c’è mai una sbavatura. Tutti gli elementi sono nell’unico posto possibile. Basterebbe pochissimo perché quella precisione chirurgica venisse meno: ci emozioneremmo meno se solo il capo di uno dei personaggi fosse piegato un po’ più a destra, la spalla un po’ più bassa, la curva del fianco meno accentuata, quella pianta meno frondosa, quell’edificio spostato di un’inezia…
È questione di millimetri.
Abbiamo visto su Facebook alcuni disegni provenienti dagli sketchbook di Tiziano e il lavoro di ricerca del segno ci è parso enorme. Gli abbiamo chiesto di aprire il cassetto e di mostrarci un po’ di quei disegni. Ne è emerso un tesoro, che ci racconta un autore ignaro dell’esistenza di Photoshop. Un artigiano analogico che corregge progressivamente il tiro sovrapponendo fogli di carta extrastrong da stampante sul tavolo luminoso. Quando cerca il disegno, Tiziano Angri parte da un tutto, da cui distilla un singolo elemento (la forma del capo, la piega delle gambe, un occhio, …) e monta in un crescendo, continuando e scegliere e a scartare, un tutto che diventa superiore alla somma delle parti.]
Tiziano è un uomo di poche parole. In chat, presenta così il gioiello che segue:
«Sono gli sketch di una sequenza del prossimo libro. Inizia con il definitivo della splash page che apre il racconto, con alcune varianti, scartate, su come si è sviluppata l’idea. Ci sono cose miste sempre dello stesso racconto, soprattutto studi delle pose o del viso dei personaggi e vignette, robe ridisegnate anche dozzine di volte grazie a quella santa invenzione del piano luminoso.
Il libro ha un titolo provvisorio, Il raccolto sotterraneo, ed è il continuo di L’unica voce che ho pubblicato con Coconino.
Anche se non ho molte occasioni, a me piace mostrarli. Fa parte di quel pezzetto di compulsività che tutti hanno (credo) nel disegno e nel fare fumetto. Consumo chili di carta da fotocopia e sono rimasto ancorato all’analogico un po’ per pigrizia e un po’ per manifesta incapacità di adattamento al digitale.»