God Hates Fangs

Boris e Paolo | Strani anelli |

Ormai lo hai capito. Nella dialettica tra interpretazione e uso dei testi, noi ci schieriamo dalla parte dell’abuso.

Quando. Nel 2008, HBO ha trasmesso la prima stagione di True Blood, ci siamo appiccicati al nostro client peer-to-peer e abbiamo ringraziato un milione di volte la comunità dei subber. Benché siano eventi più recenti delle Guerre puniche (non troppo, a dire il vero), erano ancora tempi in cui si usavano i programmi Torrent.

Fino a metà della seconda stagione, True Blood è stato veramente divertente: Vampiri; razzismo; metafora del coming out; un sacco di sesso; idee; personaggi esagerati nati all’incrocio tra Chuck Jones; Bram Stoker e Russ Meyer; Anne Paquin, la bambina delle Lezioni di Piano di Jane Campion, che mostra la fessura tra gli incisivi più sexy della storia della televisione e dimostra come si possa vincere un premio Oscar senza saper recitare; una sigla iniziale che dice tutto.

La storia è semplice: un’azienda farmaceutica giapponese lancia sul mercato il “Tru Blood”, un composto sintetico in grado di sostituire in tutto e per tutto il sangue umano. Per la medicina è una rivoluzione. Non servono più le donazioni e lo stoccaggio di liquido ematico: il sangue sintetico è identico al sangue umano e produrlo costa poco. Appena la notizia viene divulgata, i vampiri dichiarano la propria esistenza: «Non siamo una leggenda e non dobbiamo più usare gli umani come prede.», dichiarano, «Che si dia inizio alla convivenza». La serie sviluppa questa trama globale in una cittadina di provincia del sud degli Stati Uniti. Una localizzazione puntualissima, nella cittadina di Bon Temps, che permette di mettere in scena un numero contenuto di personaggi stereotipati in un mondo in cui ci sono telepati e mutaforme, il sangue dei vampiri è un potente afrodisiaco, nella Louisiana vivono un sacco di beceri razzisti disposti a odiare chiunque, mica tutti i vampiri sono buoni. E poi c’è la canzone dei titoli d’inizio, Bad Things di Jace Everett.

«When you came in, the air went out
And every shadow filled up with doubt
I don’t know who you think you are
But before the night is through
I wanna do bad things with you»

E proprio all’inizio della seconda strofa, compare quella scritta sul muro: «God Hates Fangs».

I vampiri sono mostruosi. Hanno fattezze umane, spesso sono bellissimi, le loro carni sono immarcescibili. Poche cose possono fare loro male. Hanno corpi che attraversano il tempo senza subirne le ingiurie, congelati nell’età della loro morte che è anche una rinascita. Penetrano le loro vittime, con le zanne puntute, e le prosciugano, ma lasciano in loro qualcosa, le contagiano, le fecondano.

Quattro anni prima dell’inizio di True Blood, il comico e mago svedese John Ajvide Lindqvist esordisce, trentaseienne, come autore di romanzi. Pubblica Lasciami entrare, una storia di vampiri che gioca con il mito e diventa seria con i dolori della crescita, gli abusi, le dipendenze e la sessualità. In quel romanzo, da cui sono stati tratti un paio di film così così, Oskar, bambino bullizzato, viene salvato da Eli, creatura della notte.

In Danse Macabre, raccolta di saggi del 1981, Stephen King sottolinea come tutta la letteratura dell’orrore funzioni come una mano di tarocchi, giocata con tre inediti arcani maggiori: Licantropo (che trova la sua massima espressione nello Strano caso del dottor Jeckyll e Mr Hyde di Robert Louis Stevenson), il Vampiro (Dracula di Bram Stoker) e il Mostro (Frankenstein di Mary Shelley). Questa idea deve aver colpito Lindqvist al punto di indurlo a costruire un suo mazzo di tarocchi che aumenta il proprio spessore a ogni nuovo romanzo. Ogni suo romanzo è costruito attorno a una figura terrificante mitica. Dopo il vampiro di Lasciami entrare, lo scrittore svedese ha prodotto un’infilata di perle: gli zombi dell’Estate dei morti viventi (2005), gli antichi del Porto degli spiriti (2008), i licantropi di Una piccola stella (2010), il luogo da cui non s scappa di Musica dalla spiaggia del Paradiso (2014), la casa infestata dell’Altro posto (2015).

Un altro straordinario costruttore di storie intorno a tarocchi terrificanti e personalissimi è il fumettista giapponese Shuzo Oshimi, un maestro della costruzione dell’atmosfera, capace di disegnare il buio e la luce con una tecnica straordinaria. In particolar modo, il fumettista si è confrontato con il mito del vampiro in Happiness, un suo manga pubblicato in Italia in una decina di volumetti.

A noi occidentali che cerchiamo di capire come funziona il mercato giapponese hanno detto che il manga è segmentato con precisione sulla scorta del pubblico cui si rivolge. Happiness è uno Shōnen manga, rivolto a lettori che hanno tra i 12 e i 18 anni (come se tra i due estremi non si sviluppasse uno spettro articolatissimo di paure ed esperienze). Ecco, leggendo la storia di questo ragazzo che decide di continuare a vivere quando la vampira che gli apre il collo glielo chiede, noi ci siamo scoperti molto Shōnen.

L’ultimo comico disperato vampiro di questo strano anello ci deve riportare al surrogato del sangue usato come innesco della serie True Blood. Passiamo accanto al meraviglioso Dracula, Dracul, Vlad ?, Bah… di Alberto Breccia, inchinandoci in segno di assoluto rispetto, e facciamo partire una canzone, Dracula cha cha cha di Bruno Martino.

«Dracula Dracula Dra (cha cha cha)
coi bianchi affilati canini,
tu fai spaventare i bambini,
le mamme, le nonne, i papà.

Dracula Dracula Dra (cha cha cha)
sei forte, sei nero, sei bello,
perché non ti succhi un bel pollo,
e lasci le donne campar.»

Questo stano anello si compone di:

  • True Blood (stagioni 1 e 2), 2008 e 2009,
  • John Ajvide Lindqvist, Lasciami entrare, Marsiolio, 2006 (ed. orig. 2004),
  • Stephen King, Danse Macabre, Theoria, 1992 (ed. orig. 1981, revista nel 1983), edizione italiana più recente Pickwick, 2019.
  • Shuzo Oshimi, Happiness, 10 voll., Panini, 2017/2019.
  • Alberto Breccia, Dracula, Comma 22, 2008.
  • Dracula cha cha cha di Bruno Martino (1959).

Bevendo Marsala.

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