Io, Howard Chaykin, l’ho letto per la prima volta acquistando per caso una rivista in edicola. Siamo nell’ottobre del 1989. Dopo un mese avrei compiuto tredici anni.
Al tempo non c’era internet, non c’erano i cellulari. Le cose le scoprivi così, accadevano. E insomma, mi trovavo a sfogliare e acquistare “All American Comics” numero 2, edito da Comic Art. Sapevo che, nel numero uno avevano pubblicato una cosa strana di Bill Sienkiewicz e di suo avevo scrutato qualche episodio di Elektra Assassin su “Corto Maltese”, un paio di robe dimenticabili su “I Fantastici Quattro”, nel complesso pareva un tipo interessante.
Prometteva bene.
Della casa editrice Comic Art avevo un sacco di albi e riviste. Quella omonima, poi “L’Eternauta”, poi Rockeeter ne “I grandi eroi” e non ve la dico, la passione morbosa per Conan. Il numero 16 de “La Spada Selvaggia di Conan” con una lunga storia scritta da Roy Thomas, disegnata da John Buscema e inchiostrata dal fitto tratteggio di Tony De Zuniga. E “Mandrake”, “L’Uomo Mascherato”, “Rip Kirby”, Ottavio Gibertini e Menotti, Massimo Semerano e Francesca Ghermandi, sulle pagine della rivista.
Il “Masterwork” numero uno de I Vendicatori, che costava 25.000 lire e ho risparmiato tanto per andare in bicicletta nell’unica edicola che ce l’aveva nella mia provincia del Texas d’Italia. Di Comic Art mi fidavo.
Tutto sommato, non sbagliavo neanche questa volta. Alla fine ero stato fortunato e la maggior parte delle storie a puntate cominciavano in questo secondo numero , tranne una:The Shadow di Howard Chaykin.
Ora, non voglio e non è il posto per raccontarvi la mia perversa storia con “All American Comics”. All’Interdonato gli viene un colpo se gli dico che mi piace Rom e provo un incredibile rispetto per Bill Mantlo (di Sal Buscema non parliamo, è intoccabile), il Battaglia mi sputerebbe sulle scarpe (solo, spero) se sapesse della mia considerazione per i Defenders di De Matteis e Perlin.
Ho 43 anni e ho recuperato tutta la collezione che sta qui vicino a me mentre scrivo. Sono tranquillo e sereno.
Parliamo di The Shadow.
Arrivo in media res, nel numero 2. Del personaggio non sapevo NIENTE. Eppure mi veniva presentato così, già “storico”, in sé.
Ora. Tocca ripeterlo, non c’era internet, non c’era lo smartphone, il Dark Knight lo conoscevo perché avevo preso a caso alcuni “Corto Maltese”, ero piccolo, ma capivo che mi si stava raccontando qualcosa di importante. Era Batman! Il numero due della miniserie su The Shadow di Howard Chaykin mi riproponeva un contesto simile. Ma chi cavolo era The Shadow?
Tangenzialmente, grazie a Chaykin mi é partita una moderata passione per The Shadow: Sulla stessa “All American Comics” sono stati pubblicati quelli di Denny O’Neill e Mike Kaluta che sono gioielli per gli occhi; non ricordo con quale strumento di ricatto ho convinto ANAFI a spedirmi l’unico albo tradotto in italiano delle strisce sindacate; la graphic novel su “Bhang!” di Max Bunker funzionava ed era contro i nazisti che ci sta sempre bene.
Insomma. The Shadow di Chaykin mi è piaciuta un sacco. Erano anni diversi si leggeva in modo diverso e io vivevo in provincia. Ma questo autore strano alla fine mi è capitato di seguirlo quasi sempre: con Black Kiss su “Nova Express”, Power and Glory, Time2 ancora su “All American Comics”, un po’ di cose di supereroi, i primi American Flagg sempre su “All American Comics” e poi per brevissimo tempo su “L’Eternauta”.
Oggi finalmente possiamo leggere in italiano, a caro prezzo, American Flagg, che è considerato in patria la sua opera più importante e che, inspiegabilmente, ha in Italia la prima edizione integrale in volumi. I casi della vita.
Spesso fuori dai radar, Howard Chaykin compie settant’anni, di cui CINQUANTA lavorando nel mondo dei fumetti, da assistente storico di Gil Kane fino al successo, con American Flagg e oltre.
In questa intervista onnicomprensiva sulla sua carriera, rilasciata a neotexcorp.com e che mi é stata segnalata dal sempre sia lodato Omar Martini, tra le tante cose potremo scoprire perché Will Eisner gli abbia dato del fascista in pubblico per ben due volte, prima in Spagna e poi in Brasile, e il suo parere su Contratto con Dio
«…such treacly horseshit»
la sua opinione sui fumettisti che leggono fumetti
«I remain to this day stunned by the enthusiasm with which many of my colleagues relate to comic books as readers, as consumers. I just don’t get it. I hate to sound patronizing but I do and I will. It just astonishes me how anyone can continue to be entertained by utterly unchallenging work that offers nothing but simply variations on the theme of the same old shit.»
Le polemiche a riguardo del suo The divided states of Hysteria, interrotto da Image, fino al suo ultimo lavoro, ambientato proprio nello splendente mondo del fumetto statunitense Hey Kids! Comics!.
Nel mezzo, tante chiacchiere su argomenti come Star Wars e Robert Crumb.
«The people who don’t understand the genius of Robert Crumb don’t deserve to be bothered to be understood in their own right»
Per finire con una definizione del suo mestiere di autore.
«My wife who has never read a comic book in her life has been hocking me for years to write a novel and I said I’m not a novelist, I’m a comic book man. My work survives because of the synergy that exists between the visual imagery and the text. The two things are of a piece. They don’t exist particularly well on their own.»
Controverso, discutibile, provocatorio e pur capace di attraversare il mainstream, inciampandoci o, talvolta, influenzandolo. Il più delle volte ignorandolo e ignorato. Un compleanno quasi da QUASI.
Buona lettura e tanti auguri!
c.