Eccola: sfavillante di suoni, immersa nel brusio delle luci che la rendono mistica e sublime.
La corsa si ferma, scricchiolando alla carezza delle mie mani sul volante; la osservo come in estasi e non posso non sentirmi abbagliata dalla sua pulsante virilità. La città di notte è un formicaio in movimento, vita che scorre lontana anni luce dal bagliore accecante del sole.
I blocchi di cemento assumono l’aria tetra e spettrale, ma al contempo terribilmente invitante, di calderoni magici in ebollizione… dentro essi un pianeta impenetrabile fatto di tragedie domestiche, di crisi adolescenziali, di sesso, di idilliache illusioni casalinghe e di stanchi e pesanti malloppi di mediocrità quotidiana che, nella notte, si inabissano in un oceano di silenzio lasciando urlare quello scorcio sociale odiato e amato che, spesso e volentieri, ne rappresenta l’alter ego.
Fuori un groviglio di neon colorati, prima bianchi, poi arancio, poi ancora bianchi, a seconda dell’interpretazione scenica del potente di turno e un labirinto vomitato di marciapiedi, calpestati da natiche ballerine pronte al volo pindarico delle discoteche o da culi stanchi e solitari che attendono la preda. E prede essi stessi, purtroppo, di orgasmiche mode già decadute nel giro di pochi secondi.
La tipa e la mini, il tipo e la moto, il gruppo di fachiri appollaiati sulle ringhiere spoglie del tram, il muto e solingo che si avvia in distretti portuali più cari, ma facilmente abbordabili.
Riparto per un giro laconico di rum e pera. Ad accogliermi un localino squallido di periferia, il solito, con il cantante-fantasma, dall’incazzatura spinta, che mi guarda sornione, sperando nel mio unico applauso.
Niente fumo, ormai, ma le mie dita assetate di nicotina non resistono e mi portano fuori. A dozzine come me, a bearsi del dispotico vizio. Perplessa mi chiedo quando scoppierà la nostra rivoluzione; poi, guardo a uno a uno i fedelissimi del tabacco e mi sento sconfitta in partenza. Troppo giovani o troppo vecchi: non c’è virtù in mezzo alle due cose.
Ok. Rientriamo per pagare il conto e per proseguire il nostro giro di valzer fino all’alba.
Ho in testa un percorso nitido e tranquillo, ma la mia auto scassatissima decide per me e si pianta davanti a uno strano gruppo di mostri: poco più che bambini, il più grande ha quindici anni, sulla faccia un’espressione tipo «se mi vuoi prendimi» e sulla testa un enorme punto interrogativo. Dal gruppo si stacca una figura. Mi si avvicina. È truccatissima, stile Vamp scoppiata idolatrata nelle latrine di un reality show. Mi chiede un passaggio per la discoteca “tal dei tali”. A tamburo battente viene recuperata dal baby-macho, palestratissimo in motorino che, con una faccia di gomma, appoggia il suo villanesco piede sul mio sportello. I due si allontanano gracchiando.
La mia auto decide di ripartire, beffarda, e mi porta in un bar.
Scintillante e maestoso cozza nettamente con gli anfratti bui del cornicione dirimpetto, ambita meta di vetture scoperecce. Passo inosservata, cercando di evitare qualche profilattico spiaccicato sul marciapiede.
Eccola qui, la Messina bene. Burocrati incravattati che si concedono il drink prima del rientro, assuefatti dai loro numeri, vomitano sentenze e giudizi, consci, comunque, della dissonanza tra il loro dire e il loro agire.
Si indignano per la sporcizia e la maleducazione, ma già, il lunedì mattina, saranno pronti, nella loro trincea, ad assentarsi goliardicamente per leccare le palle al capo con indifferenza.
Ho fame, ma il cameriere stressato mi induce a evitare di chiedere, con la sua frenesia, tra un tavolo e un altro, sembra una ballerina in tutù; provo un misto di tenerezza e comprensione e decido di andare altrove a consumare il cornetto alla nutella.
Sparisco, ingoiata in un turbinio di autovetture di rientro dalle loro possessioni del sabato sera. Mi fermo in coda alla cornetteria economica. La fame mi violenta lo stomaco e, finalmente, dopo insulti e bestemmie degli astanti provenienti dal vicino autogrill, stringo in mano il mio trofeo.
È l’alba, tutto si zittisce misteriosamente.
Torno a casa soddisfatta della mia notte, senza aver comunque nulla di cui sorridere. O forse sì… il prossimo sabato non è poi così lontano e, vampirescamente, vado a tuffarmi tra le braccia di Morfeo.