Arabson… Ma da dove diavolo arriva quel nome? Un volume Panini, con un formato più grande di quello dei comic book, quasi un album BD. Lo prendo in mano. La copertina rossa mostra una donna che è stata picchiata: il volto tumefatto; gli occhi coperti da una pecetta nera che riporta il nome dell’autore, Arabson appunto; una canottiera, nera anch’essa, su cui spicca il titolo della storia, La terribile Elizabeth Dumn contro i diavoli in giacca e cravatta. Mentre giro il libro, per dare un’occhiata alla quarta di copertina e al prezzo, sono convinto che questo fumetto racconti una storia di violenza sulle donne.
Trovo messaggi incongrui: di nuovo il volto della ragazza resa irriconoscibile dalla pecetta sugli occhi; una costellazione di logotipi, Panini comics, Image e IHQ studios; una sintesi della storia che parla di una donna forte, che dovrà passare un pessimo quarto d’ora, figlia di un uomo che ha promesso la sua anima al demonio; una noterella sul «talento straordinario del fumettista fenomeno brasiliano Arabson».
Brasiliano? Non so nulla di fumetto brasiliano, mi piace come tiene la pagina questo disegnatore, che sembra ispirarsi tanto alla lezione statunitense quanto a quella argentina, e il libro ha un prezzo che posso permettermi. Finisce nella mia sportina, insieme a una pigna di manga.
A casa, prendo questo oggetto strano e inizio a leggerlo. La violenza sulla ragazza c’è, ma non ha niente a che fare con quello che pensavo. Nessun atto di denuncia. Mentre si scazzotta, ne dà un sacco e ne prende altrettante: inevitabile che sul suo viso e sul suo corpo restino i segni degli scontri.
Elizabeth Dumn è la sfortunata figlia di un tipo che si è arricchito grazie a un patto col demonio. Al padre era parsa una buona idea garantire, in cambio della propria fortuna, l’anima del primogenito una volta che quest’ultimo avesse compiuto diciotto anni. Elizabeth ha un fratello maggiore, ma suo padre riesce a convincere il diavolo in giacca e cravatta che, per quello che ne deve fare, l’anima della ragazza sia più preziosa.
Da lì in avanti, normale storia di fughe, combattimenti, alleanze, sotterfugi, scontri finali, riscatti e pene da pagare. Un fumetto divertente, disegnato bene, con alcune pagine bellissime (c’è una coppia di tavole in cui un musicista blues, in mezzo a una rissa, spacca una bottiglia, mostra il medio e ci infila il collo di vetro per usarlo appunto come bottleneck e attaccare una notte di musica irresistibile).
Il segno di Arabson non stupisce su un albo statunitense: mostra senza paura debiti verso Geoff Darrow, Paul Pope ed Eduardo Risso. Potrebbe essere l’autore di uno dei tanti fumetti da leggere e dimenticare, se non fosse per quel particolare: è brasiliano. Mi incaponisco e cerco di scoprire chi è e da dove viene. Si chiama Arabson Assis e disegna per quotidiani e riviste brasiliane. Il volume con copertina rossa che tengo in mano contiene il suo primo fumetto, pubblicato da Image grazie alla mediazione di IHQ studios di Sao Paolo.
IHQ è un’impresa guidata da Klebs Junior, fumettista ed editor che sul sito dello studio si qualifica “talent manager”, e Sabrina Moura, psicologa che copre il ruolo di “studio coordinator”. Il marchio promuove il lavoro di 51 disegnatori in grado di produrre mediamente l’inverosimile cifra di 2.500 pagine al mese (non ti preoccupare, ho fatto io il conto: ognuno di questi signori, per garantire quei volumi, dovrebbe disegnare 50 pagine al mese, probabilmente usando il rullo e la pennellessa).
Lo studio serve, con una batteria di ottimi professionisti, committenti dislocati in Brasile, Europa e Stati Uniti. I clienti che vengono citati nella pagina del sito (in inglese) sono Titan, DC, Marvel, Image, EDW, Dark Horse.
Aldilà delle polemiche sulla rappresentatività del dato pubblicato la scorsa settimana da MEFU, da un po’ di tempo sappiamo che molti disegnatori hanno smesso di considerare quelli del fumetto mestieri profittevoli. Sappiamo di autori che hanno smesso di disegnare serie e miniserie perché la tariffa a pagina garantisce loro introiti assai più bassi di quelli che possono arrivare dal mercato delle commission.
L’acquisizione di pagine dall’estero per abbassare i costi di produzione dei fumetti statunitensi non è un fenomeno recente. Bastono due esempi provenienti dagli anni Settanta del secolo scorso: lo spagnolo Josep Toutain, con il suo studio Selecciones Illustradas, ha riempito le pagine di “Creepy”, “Eerie” e “Vampirella”, riviste del newyorchese Jim Warren; un nucleo corposo di disegnatori filippini è arrivato sulle pagine delle testate DC, al seguito del talento di Tony DeZuniga e dell’intuito di Joe Orlando e Carmine Infantino. Sono fatti lontani, vecchi di quasi mezzo secolo. Da quel momento le collaborazioni internazionali sono diventate più facili e la mediazione di uno studio è diventata spesso meno significativa.
Nell’ultima pagina di Elizabeth Dumn, una nota mi informa che Arabson e Klebs Junior stanno lavorando con James Robinson a Os Cinco, miniserie di prossima pubblicazione per Image.
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).