di Titti Demi
Arrivo in stazione a Faenza e lo vedo.
Magro, borsone nero, seduto a gambe incrociate e intento a leggere un libro che, per difetto ottico, non identifico.
Ha la schiena dritta, se la tira con un’aria monacale, del qui e dell’ora, che rende noi tutti inevitabilmente dei fessi, è sicuro. Anche lui aspetta la navetta delle 14:00.
Peccato che siano ancora solo le sette di mattino, non ho un cazzo di voglia di mettermi anche io sul borsone ad aspettare e soprattutto mi noia tirare fuori il tabacco dinanzi a questo presunto compagno di viaggio.
Scoglionata mi allontano verso il centro e mi viene il dubbio che forse non è stata una buona idea, che magari se a quell’idiota di test a risposta sincera fossi stata appunto più sincera, ora non mi troverei qui a farmi le pippe, e poi a Faenza alle sette di mattina che fai?
C’ero già stata secoli fa con un ex, argentino sassofonista alcolizzato, tre aggettivi che con gli anni hanno sostituito il suo nome, questi gradini freddi del centro saranno gli stessi su cui incollammo il culo una vita fa, di tutta quella storia non mi sovviene nulla, mi rullo un po’ di tabacco e con un tiro onoro l’oblio di lui e me stessa sopravvissuta a uomini decadenti.
Sono le 10 e faccio fatica a non pensare perché ci troviamo qui, plurale non scontato per noi nati sotto il segno dei gemelli e poi cos’è la mitologia di Polluce e Castore se non una metafora della nostra nevrosi, l’affermazione della intelligenza razionale sulle più nascoste forze istintive?
Nel 1955 il filosofo tedesco Marcuse pubblica Eros e civiltà, ci spiega meglio di Freud, come avviene questa lotta in cui è l’Io che si fa paladino e sbirro, reprimendo ogni risalita di spinte istintive verso il principio del piacere, da Polluce e Castore ma anche da Romolo e Remo, Caino e Abele, uno dei due è sempre destinato a morire.
Mi alzo e mi dico che sto qui per ammazzare l’altro gemello.
Cazzeggio tra mercato, biblioteca, museo della ceramica, cessi pubblici, scolando litri di caffè ognuno in un bar diverso e fumando sigarette, ogni volta rigorosamente l’ultima.
Torno sul viale della stazione, nelle cuffie mi sparo a tutto volume Love will tear us apart e apro Tinder, intanto arriva la navetta, mi sa che siamo in tanti a viaggiarci, ci riconosciamo nelle espressioni un po’ di cane minchia.
Ansia, a memoria scorro i 5 principi a cui bisogna attenersi, sui primi tre sono forte, sugli altri due qualche maligno starà già facendo scommesse, parte il magone, mi sento piccola tossica e sfanculizata, per dirmi che non è così mi do alla fattanza prima dell’astinenza, chiamo e mando sms a chiunque, mi rullo sigarette da due tiri per volta e poi, giuro non ci vorrei pensare ma io non vorrei finire senza sapere la lebbra, e sulle ultime note di Ian Curtis, apro la chat, leggo l’indirizzo e mi allontano.
L’ anima brucia, ma ho ammazzato il gemello sbagliato.
È una perdigiorno. Ha vissuto ovunque. Capita che si accompagni a Rosso Foxe.