«Non crediate che questi racconti siano oziose invenzioni, poiché il mondo ha due maschere e le indossa una alla volta, così che là dove un tempo esistevano terre terribili ora è soltanto il sogno e parimenti verrà il giorno in cui il sogno sarà tutta la condizione umana…»
No, non è una metafora dell’attuale società dello spettacolo esacerbata, è il solito Alan Moore che imita Lovecraft, immaginando brani dello pseudobiblium Book of Hali nel suo Providence, un fumetto molto molto nero. Un romanzo dell’abisso. Se però non fosse narrativa fantastica, potremmo prendere quella frase e cucirla addosso al tempo che viviamo. «Là dove esistevano terre terribili, ora è soltanto il sogno»: come un lupo travestito da agnello.
Il film Vice di Adam McKay (lo stesso regista di The Big Short, in Italia, La grande scommessa), racconta proprio di questa tipologia di persona. E il fatto che il soggetto del film sia Dick Cheney, una delle eminenze grigie più influenti e meno conosciute del ventennio appena trascorso, fa capire quanto nero possa essere. Christian Bale, ingrassato, invecchiato e con un’incredibile voce roca e l’accento da bovaro, interpretando l’ex vicepresidente americano, incarna perfettamente quella che Hannah Arendt definì La banalità del male (Cheney, fra le altre cose, è quello dell’invasione dell’Iraq, della guerra del Golfo del 2003 in cerca di armi di distruzione di massa e dei famigerati “Torture Memos”, che hanno legittimato come legali atti di tortura durante la cosiddetta “guerra al terrorismo”). Mentre Sam Rockwell, identico a George W. Bush, incarna splendidamente una scimmia del Texas (dal quale, come la storia americana insegna, non vengono solo tori e checche, ma anche presidenti).
Segreti di Stato invece, film di Paolo Benvenuti del 2003, ambientato all’inizio degli anni Cinquanta del XX secolo, cerca di investigare lo stesso male, non tramite le persone ma tramite i fatti. La scena finale, restituisce tutto il senso dell’operazione: su un vecchio tavolo di legno, un uomo anziano chiamato “Il Professore”, intimo conoscitore della storia segreta d’Italia da Portella della Ginestra al caffè di Pisciotta, scopre un intricato mosaico di carte, una a una e ognuna raffigurante un personaggio cardine della vicenda italiana (Alcide De Gasperi, Salvatore Giuliano, Mario Scelba, Giulio Andreotti, ecc.), proponendo terrificanti simmetrie, appena prima che un colpo di vento dalla finestra le scompagini, occultando nuovamente il tutto.
Nella storia ricostruita dagli autori del film, l’ingerenza americana nell’Italia post bellica è fondamentale per capire alcuni misteri mai risolti. Dal piano Marshall al delitto Mattei, il film cerca di raccontare come, finita la guerra, il fatto di essere passati dalla parte dei vincitori per il rotto della cuffia, ha avuto le sue conseguenze: l’oblio delle leggi razziali, del colonialismo e dei campi di concentramento sparsi per tutto il bel paese; il riciclo di alte cariche fasciste in alte cariche repubblicane; la ricostruzione pagata dall’America che, ovviamente, non poteva essere gratuita. Con i soldi, le gomme da masticare e la cioccolata, abbiamo accettato anche il way of life (sui rigurgiti di fascismo nell’Italia degli anni Settanta è necessario – obbligatorio – recuperare Vogliamo i colonnelli di Mario Monicelli).
Anche Francesco Rosi disse la sua sulla morte di Enrico Mattei, nel suo bellissimo Il caso Mattei (1972). Peccato che a oggi la pellicola non sia reperibile, se non su qualche vecchia VHS. Interessante anche notare come Mauro De Mauro, il giornalista a cui Rosi si era rivolto per avere informazioni sulle ultime ore di Mattei, poco dopo aver cominciato le indagini, venne rapito e non fu mai più ritrovato.
Dello stesso argomento parla anche Nel nome di Ishmael, il secondo romanzo di Giuseppe Genna dedicato alla sua creatura, l’ispettore Lopez. Come negli altri libri della serie, Lopez si muove in una Milano monolitica e sporca, dove tutte le perversioni e le ossessioni dell’umanità peggiore (tutta) vengono mostrate senza sconti. Anche Nel nome di Ishmael, pur essendo un “romanzo di fantasia”, presenta la stessa tesi di Segreti di Stato: l’uccisione di Mattei, l’ingerenza americana e della CIA e tutto il pacchetto. Anzi, tutta la scatola nera (per quanto Beppe Grillo si sia squalificato ormai da tempo, la sua battuta sulla gobba di Andreotti rimane ancora notevole).
I cinque romanzi del ciclo di Lopez sono stati raccolti da poco da Mondadori con il titolo Romanzo nero. Nero come Catrame, primo libro della serie e nero, ovviamente, come Petrolio, l’incompiuto ultimo lavoro di Pier Paolo Pasolini.
Che il poeta, al di là dei nomi che sapeva e delle prove che non aveva, denunciasse questo romanzo nerissimo a stelle e strisce che l’Italia stava interpretando, è risaputo. Lo ha fatto in molti articoli di giornale raccolti in Scritti corsari (1975) e in Lettere luterane (1976) e poi in film e poesie, cose che ormai, fortunatamente, in tanti hanno visto e letto. Vale però la pena citare, ancora una volta, il passo della lettera luterana che scrisse a Italo Calvino:
«È cambiato il “modo di produzione” (enorme quantità di beni superflui, funzione edonistica). Ma la produzione non produce solo merce, produce insieme rapporti sociali, umanità. Il “nuovo modo di produzione” ha prodotto dunque una nuova umanità, ossia una “nuova cultura”: modificando antropologicamente l’uomo (nella fattispecie l’italiano). Tale “nuova cultura” ha distrutto cinicamente (genocidio) le culture precedenti: da quella tradizionale borghese, alle varie culture particolaristiche e pluralistiche popolari. Ai modelli e ai valori distrutti essa sostituisce modelli e valori propri (non ancora definiti e nominati): che sono quelli di una specie di borghesia. I figli della borghesia sono dunque privilegiati nel realizzarli, e, realizzandoli (con incertezza e quindi con aggressività), si pongono come esempi a coloro che economicamente sono impotenti a farlo, e vengono ridotti appunto a larvali feroci imitatori.»
Di tutti i film che sono stati fatti sull’assassinio di Pasolini, quello più interessante per la tesi presentata è senza dubbio La macchinazione di David Grieco (2016), di cui esiste anche un libro omonimo (il film parla di come si arrivò all’omicidio, il libro di cosa avvenne dopo). Purtroppo la cinematografia è di stampo televisivo e mostra diversi limiti, ma i fatti riportati meritano tutta la nostra attenzione. La tesi di Grieco è quella dell’omicidio politico, la stessa sostenuta fin da subito da alcune persone vicine a Pasolini, come Sergio Citti, a causa delle informazioni in possesso dello scrittore sui signori del petrolio. E poi, a interpretare il poeta, c’è Massimo Ranieri.
«Il cuore scoppiato». Termina così la descrizione del cadavere di Pasolini che uscì il 2 Novembre 1977 sul “Corriere della Sera”, due anni dopo che fu ucciso, e esattamente quarantatre anni fa. La riporta anche Davide Toffolo nel suo Intervista a Pasolini, bellissima riflessione a fumetti sul pensiero del poeta friulano. «Il cuore scoppiato»: più delle «dieci costole fratturate», più di «un’orribile lacerazione fra collo e nuca», del «naso appiattito, deviato verso destra», della «faccia deformata dal gonfiore» e di tutte le altre orrende condizioni in cui lasciarono il suo corpo, quell’immagine mi è sempre rimasta impressa. Forse perché nel cuore identifichiamo immediatamente la qualità di una persona e della sua essenza. E ovviamente la sua capacità di discernere e agire, nel bene e nel male.
Un’espressione di uso comune identifica il cuore di certa umanità come nero. In Vice il cuore di Dick Cheney è un elemento importantissimo della narrazione, proprio per questa sua valenza simbolica. La lunga sequenza finale del film è tutta dedicata al trapianto di cuore che Cheney ha dovuto subire ormai anziano e al quale, neanche a dirlo, è sopravvissuto. Per lunghi secondi la telecamera indugia sull’abisso nero della cavità toracica del vecchio e potente uomo, mostrandola vuota in attesa che il nuovo organo vitale vi venga inserito. I pensieri di chi guarda sono tutti ovviamente incentrati sulla potente metafora rappresentata. «Quale cuore?», viene da chiedersi.
La voragine nel petto di Dick Cheney sembra la porta perfetta per una Discesa all’Inferno, la stessa raccontata da Garth Ennis e Goran Sudžuka nel loro straordinario fumetto edito in Italia da Saldapress fra il 2019 e il 2020. Difficile inquadrare questo lavoro e, non a caso, finora se ne è parlato pochissimo. Ma un’analisi così spietata e puntuale della società americana (e per estensione, occidentale) credo non si sia mai vista in un fumetto. Ennis riesce in un piccolo miracolo di sceneggiatura, tenendo insieme le sue tematiche favorite e il suo modus usuale di colpi di scena e battute sboccate, con una lunga disamina teorica sulle radici del male nell’umanità, il tutto in un contesto horror/apocalittico. Un fumetto davvero disturbante che va a colpire dove deve, parlando di razzismo, omofobia e patriarcato e raccontando l’avvento di un anticristo per il XXI secolo. Come dice Paul Carnhan, il “Diavolo” della storia, all’agente speciale Shaw: «Potresti definirmi come l’araldo di quest’epoca, ma ancora una volta farete tutto da soli […] Sono le idee. Brandite come mazze, pilotate dall’istinto invece che dal pensiero. Considerate irragionevoli fino a poco tempo fa e ora di nuovo libere di diffondersi nel mondo, prendendo vita propria.»
«Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire», scriveva il famoso poeta pazzo di Howard Phillips. Lovecraft, come fosse un’anacronistica risposta all’anticristo di Ennis.
La tesi finale del Providence di Alan Moore è quella che i Grandi Antichi abitavano la terra prima dell’umanità e, relegati poi nel sogno, stanno cercando ora di tornare, tramite i libri di Lovecraft. Perché le idee di Lovecraft sono come virus che si sono gradualmente impossessati della nostra immaginazione e, di conseguenza, delle nostre azioni. Una narrazione oscura che dorme nel nostro cuore, in attesa che quel sogno diventi tutta la natura umana. Una narrazione nata in seno agli Stati Uniti d’America, a Ovest, dove il sole ogni giorno tramonta. In quelle Terre Occidentali dove gli antichi egizi situavano il Regno dei Morti e a cui William Burroughs ha dedicato il suo ultimo romanzo.
Scrive il vecchio Bill, in quel libro del 1987: «Gli scienziati hanno sempre affermato che l’anima non esiste. Adesso sono in una posizione tale da fornirne le prove. Morte Totale. Morte dell’Anima. È ciò che gli Egizi chiamavano la Seconda Morte e Definitiva Morte. Di questo terrificante potere di distruggere per sempre le anime sono ora investiti lungimiranti e responsabili uomini del Dipartimento di Stato, della CIA, del Pentagono».
Nella seconda vignetta della ventiseiesima pagina dell’undicesimo capitolo di Providence, The unnamable, troviamo Burroghs morto. È il 2 Agosto 1997, e lui è sdraiato nel suo letto con un gattone bianco che lo guarda negli occhi spenti, mentre Jim Grauerholtz gli sta portando il caffè. Sul corpo di Bill è appoggiata una copia di The Starry Wisdom: A Tribute To H. P. Lovecraft, libro pubblicato nel 1994 e contenete racconti ispirati alla mitologia del creatore di Cthulhu. Fra questi, anche un componimento di Burroughs e uno di Moore, The Courtyard, Il cortile, quello che apre Neonomicon, il prequel/sequel di Providence, esempio lampante di strano anello nero a fumetti.
Questo strano anello si compone di:
- Alan Moore e Jacen Burrows, Providence, Vol.1-3, Panini Comics, 2015-2017;
- Vice, regia di Adam McKay (2018);
- Segreti di Stato, regia di Paolo Benvenuti (2003);
- Vogliamo i colonnelli, regia di Mario Monicelli (1973);
- Il caso Mattei, regia di Francesco Rosi (1972)
- Giuseppe Genna, Nel nome di Ishmael in Romanzo nero, Mondadori, 2019;
- Pier Paolo Pasolini, Scritti corsari (Garzanti, 1975), Lettere luterane (Einaudi, 1973) e Petrolio (Einaudi, 1992);
- La macchinazione, il film, regia di David Grieco, e il libro, sempre di Grieco, pubblicato da Rizzoli, entrambi del 2016;
- Davide Toffolo, Intervista a Pasolini, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, 2002 (ripubblicato come Pasolini nel 2005 da Coconino Press);
- Garth Ennis e Goran Sudžuka, Discesa all’Inferno (A walk trough Hell), Vol.1-2, Saldapress, 2019-2020;
- William S. Burroughs, Terre Occidentali (The Western Lands), Elliot, 2009
- Alan Moore e Jacen Burrows, Neonomicon, Bao Pubblishing, 2013
Per forgiarlo abbiamo bevuto il sangue dei poeti e la linfa degli alberi morti, mischiati a un bicchiere di Pelinkovac, per rendere il tutto ancor più amaro.
Scrive fumetti e scrive di fumetti, poi scrive anche canzoni e le canta, insieme a quelle degli altri che gli piacciono. Il suo sito è www.francescopelosi.it.