Tipo uno che conosco, Tuco Ramirez aka Emanuele Rosso, è il miglior detective dell’impossibile decifrazione del complesso mondo (perché cos’è il mondo, per dirla alla Sergio Cammariere se non «un oceano da attraversare, per un cuore di donna o la spada di un re»? insomma, per (riba)dirla da maschietto: cos’è che dà un senso a tutto? Non certo la spada, suvvia. A meno non si tratti del Commissario o, al limite plurale, di «Pietra, prepara le spade!») delle relazioni sentimentali.
Limoni è il campionario senza fine stilato dal nostro campionissimo, in cui si trascinano le vite senza un attimo di respiro di acerbi young lovers e illustra con abbondanza di esempi the way (they) do: dai sofisticati approcci non verbali a carte scoperte a colazione alle indecisioni sulla corretta tempistica da seguire quando si tratta di inseguire («Siamo maschi. Passiamo la vita a inseguire.»), dai rimorsi per una maglietta non stesa e nemmeno resa all’altalenante equilibrio su una scivolosa sfera baricentrica, sono infinite le sfaccettature (dell’inizio) di una storia di amore che finiscono sotto la lente d’ingrandimento dell’autore di Passato, Prossimo sottoforma di brevi racconti (già visti parzialmente su www.frizzifrizzi.it) accesi da vivacissimi pastelli, appassionate didascalie (con l’intro ricorrente cangiante come nelle settimanali di The Spirit!) e coloratissime emozioni.
In Padovaland, invece, l’oggetto dell’analisi di Miguel Vila, che sembra, con lo sguardo della sua magistrale regia, planare dall’alto verso il basso, un po’ poco satellitare orbitante molto tanto drone provinciale, ma poi scava profondissimo (d)all’interno, sono i rapporti ansiogeni di un manipolo di suoi (azzarderei matematico, data la data di nascita) coetanei ripresi e registrati (il linguaggio è uno dei tanti punti di forza del libro e, devo confessare senza alcun imbarasso, mi ha fatto troppo imboressare) nello svolgersi caotico delle loro fragilissime esistenze, cristallizzate in un’incompleta età di mezzo in completa balìa di eventi (quasi) ininfluenti, ingigantiti nella loro risibile importanza dai continui shock emotivi provocati da quella che sembra una desolata vita interiore priva di convincenti capisaldi.
Le frammentarie e inconcludenti tragiche giornate di Irene, Fabio, Giulia, Andrea, Catia sono rese graficamente anche dalla ricorrente scomposizione delle strisce in tavole farcite di innumerevoli vignette in cui si dipanano azioni e sensazioni spesso marginali seppure madide di significato per le/i protagoniste/i: Miguel amplifica il canone di Crepax, aggiornato negli scorsi decenni dal cantore per eccellenza del Weneto, Paolo Bacilieri, chi altri se non Egli?, e, dall’altra parte del succitato Atlantico, da Chris Ware.
E comunque questo gran parlare di rutaceae, m’induce a ripensare nostalgico al poderoso numero accumulatone nei miei primi 51anni e ¾ (0zero0). Certo magari avrebbe aiutato, in occasione d’una (l’unica) recalcitrante partecipazione alla festa delle medie, a serranda arrotolata più che a tapparella abbassata, evitare di presentarsi tutto galante richiedente un ballo (su precisa indicazione invitante dell’invitante, peraltro. Ma come evitare quanto si è svitati, se è tanto evidente?) alla ragazza speculare (inutile specularci sopra: può succedere ci sia qualcuno/a ai margini in attesa di un, seppur succedaneo, succedersi d’eventi che a noi tocca scatenare. Tipo Giulia e Andrea, ecco) salvo poi ricusarla al suon di «No, scusa, guarda, fa lo stesso, risiediti pure: si è liberata Lei (L’Agognata)». Certe colpe, mai redente, proprio come il mal di dente, si scontano sul lungo periodo: il karma non fa sconti! Scontato, no?