The Turner Diaries, il libro maledetto della fantascienza americana
di Stefano Tevini
Alle 09:02 del 19 aprile 1995, un furgone parcheggiato di fronte all’edificio federale Alfred P. Murrah Building a Oklahoma City, negli Stati Uniti, viene fatto detonare uccidendo 168 persone, di cui 19 bambini, e ferendone altre 672. Un botto devastante che polverizza un terzo del palazzo aprendo un cratere largo nove metri e profondo due. Si tratta, fino a quel momento, dell’attentato con più vittime compiuto negli Stati Uniti. Il furgone era imbottito con oltre due tonnellate di esplosivo realizzato usando come base del fertilizzante. Un modus operandi che presenta inquietanti similitudini con quello descritto in un libro per cui l’esecutore materiale dell’attentato, il reduce della Guerra del Golfo Timothy McVeigh, nutriva un’ossessione morbosa. Su McVeigh è stato scritto tanto, e non c’è nulla di significativo che chi scrive possa veramente aggiungere. Ciò su cui si è indagato meno, soprattutto qui in Italia, è il rapporto fra McVeigh, giustiziato nel 2001, e questo libro, The Turner Diaries, che l’attentatore aveva riletto centinaia di volte impegnandosi con tutte le sue forze per diffonderlo. Era arrivato al punto di acquistarne copie per rivenderle sottocosto, rimettendoci di tasca sua purché sempre più persone lo leggessero.
The Turner Diaries è un romanzo cult in determinati ambienti della società americana, quel sottobosco che fa da terreno di coltura del movimento delle milizie dei suprematisti bianchi armati fino ai denti che guardano in cagnesco il governo centrale, pronti a far esplodere la Santa Barbara su cui stanno seduti. Si vende ai gun show, gli eventi che si tengono a migliaia in giro per gli Stati Uniti, in cui gli appassionati possono comprare e vendere armi da fuoco nel pieno esercizio di uno dei diritti più controversi della legislazione USA. Si vende per posta, promosso da riviste per appassionati di armi. Si vende su siti internet in cui si possono trovare una moltitudine di testi, sia saggi che romanzi, a sfondo xenofobo, eliminazionista e fascistoide.
Fin dall’incipit, The Turner Diaries tocca proprio il nervo scoperto delle leggi sul controllo delle armi da fuoco, mettendo in scena un raid della polizia, per lo più composta da agenti afroamericani, che confisca fucili e pistole agli onesti cittadini americani, specie se di razza bianca, tra cui il protagonista della storia, l’elettricista Earl Turner. Siamo negli anni ’90, un futuro (il romanzo è del 1978), dominato da un’elite di ebrei che si serve degli afroamericani come braccio armato data la loro presenza in numero massiccio nelle forze armate e nella polizia. Questa è solo una delle tante vessazioni che i bianchi sono costretti a subire. La goccia che fa traboccare il vaso per Earl Turner che si unisce all’Organizzazione, un movimento di resistenza che punta a scatenare una guerra di sterminio con lo scopo di instaurare uno stato etnico. La lotta è senza quartiere e, per sterminare il nemico della razza, vale tutto. Compreso l’attentato che ha ispirato i fatti di Oklahoma City. Il romanzo prosegue in un crescendo delirante, Earl Turner si sacrifica facendo il kamikaze lanciandosi sul Pentagono alla guida di un aereo con a bordo un ordigno nucleare. La guerra continua e l’Organizzazione conquista gli Stati Uniti, per poi scatenare lo sterminio delle razze non bianche sul resto del mondo a suon di bombe atomiche. La storia è raccontata come fosse un diario ritrovato tanti anni dopo la morte di Turner.
L’autore di The Turner Diaries, pubblicato in Italia da Bietti con il titolo La seconda Guerra Civile americana, è Andrew MacDonald, nom de plume di William Luther Pierce III, fondatore e presidente, fino alla sua morte avvenuta nel 2002, della National Alliance, un’organizzazione di estrema destra di stampo xenofobo tutto sommato piccola ma molto attiva sul territorio americano. Pierce ha un lungo passato di militanza in cui non si è fatto mancare niente, incluso un sodalizio con George Lincoln Rockwell, fondatore dell’American Nazi Party. William Luther Pierce ha dedicato la vita alle sue idee politiche e ha prodotto una moltitudine di articoli e interventi radiofonici, il tutto con una pacatezza e una cultura che cozzano con l’immagine che viene istintivo farsi di un uomo dalle idee tanto aberranti.
Fatto sta che The Turner Diaries, un libro rozzo nei contenuti e di infima qualità letteraria,è uno dei testi più letti dall’estrema destra americana e non soltanto con centinaia di migliaia di copie vendute. Ha ispirato Robert Jay Matthews, fondatore dell’organizzazione di estrema destra The Order, autore dell’omicidio del conduttore radiofonico Alan Berg, vicenda che ispirò il film Talk Radio, di Oliver Stone. Un altro grande fan del romanzo di Pierce è infatti Anders Breivik, autore degli attentati di Oslo che, nel 2011, costarono la vita a 77 persone. Pierce ha scritto un altro libro, Hunter, una sorta di prequel non dichiarato di The Turner Diaries, un thriller che vede un ex pilota veterano della guerra in Vietnam lanciarsi in una crociata personale contro le razze non bianche, le coppie miste e la dissoluzione della società lasciandosi dietro una scia di cadaveri. Qui la scrittura migliora di poco, ma in termini di contenuto restiamo sull’aberrante spinto, nonostante le pretese più riflessive del romanzo.
Ciò che rende The Hunter Diaries di un’attualità inquietante, a parte la diffusione lenta ma costante nonostante la lontananza dai circuiti mainstream, è che contiene in nuce una moltitudine di elementi caratteristici di movimenti come l’alt right e Qanon. Il complotto di un deep state pervasivo che agisce nell’ombra opprimendo con discrezione i cittadini onesti (e possibilmente bianchi), l’eroismo dell’uomo della strada che si arma e si fa giustizia da solo, una buona dose di sessismo che l’autore non si sforza nemmeno troppo di celare, il controllo delle armi da fuoco come violazione di un diritto sacro per moltissimi americani più o meno conservatori. Una narrativa complottista profondamente semplificatoria che esorta alla mobilitazione rabbiosa, violenta e populista, terribilmente simile alla tensione nervosa che pervade la comunicazione politica delle destre più o meno estreme oggi, che parte dal web pur non mancando di percolare sia nei media tradizionali che nella vita quotidiana.
L’impianto ideologico di William Luther Pierce III rappresenta alla perfezione una narrazione che pur con alterne fortune torna periodicamente ad affacciarsi sul mondo, una narrazione tanto tossica quanto efficace nella sua azione disgregante nei confronti di legami sociali complessi come quelli basati su comprensione, integrazione e solidarietà, che ha come conseguenza il riemergere di dinamiche feroci costantemente a rischio di far esplodere in maniera violenta le tensioni sempre meno latenti presenti nella società contemporanea. The Turner Diaries ha giocato, nell’opinione di chi scrive, un ruolo fattivo nello sviluppo dello scenario politico odierno rivelandosi, per certi versi, un agghiacciante esempio di narrativa d’anticipazione.
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