La querelle è nota a tutti. Per lo meno, a tutti quelli che si muovono nell’ambito del fumetto. La posizione di Quasi è stata espressa qui.
In seguito a questa presa di posizione, Massimo Giacon ha sollevato alcune considerazioni, che riportiamo:
«Ma. facendo un passo indietro e ragionando dall’esterno (anche se sull’argomento sarei pure interno), lancio una provocazione. Considerando che, se come dici Filippo Scozzari è in fondo sempre stato reazionario, ma storicamente è anche sempre stato organico ai celebratissimi “Il Male”, “il <Cannibale” e “Frigidaire” (delle ultime due è stato pure elemento fondante), non fa anche di quelle riviste, tanto celebrate oggi, delle riviste inaccettabili, negative e reazionarie? Certo oggi si dice politicamente scorrette, ma avendoli conosciuti di persona, gli oggi santificati Mattioli, Tamburini, Pazienza tutto sommato all’epoca su molte cose erano in sintonia con le idee di Filippo (con i dovuti distinguo e con le discussioni costanti tra loro). La caduta verticale di Filippo in questi giorni non rischia di mettere in discussione tutta la creatività e il pensiero di un’epoca e di trascinare con sé anche il Dio Andrea Pazienza? Sto giusto lanciando un sasso, ma vedrete che secondo me questa cosa non si fermerà con Scozzari.»
Ora. Vorremmo passare oltre la questione “Scozzari” per allargare il discorso ai problemi evidenziati da ciò che si è mosso, negli ultimi giorni, attorno alla sua frase schifosa. Questo intervento di Massimo ci dà l’occasione per evidenziare alcuni dei nodi problematici che ci stanno più a cuore.
Ci sembra che dalle sue parole emergano tre preoccupazioni distinte.
La prima, che possiamo definire di carattere politico, è quella che l’accanimento sul cadavere (ancora vivo) di un anziano reazionario possa essere il primo sintomo di una possibile deriva verso la dittatura del politicamente corretto, destinata a portarci ad assurdi estremismi come sta succedendo negli Stati Uniti e, per alcuni versi e con maggiori resistenze, in Francia.
Ammettiamo che quella preoccupazione è anche nostra.
Ma, dato che vivere è una continua assunzione di rischi, quello è un rischio che, se vogliamo considerarci vivi (e per vivi non intendiamo una mera condizione medicale misurabile dalla frequenza delle pulsazioni cardiache, ma la capacità di capire e muoverci nel tempo che, a prescindere dalla nostra età anagrafica, ci troviamo ad abitare), non possiamo non correre.
La paura di incappare nel politicamente corretto, fa leva sulle stesse molle che inducono, persone – per altro degne di stima – a trincerarsi in posizioni di un bigottismo disarmante per non incappare nel politicamente scorretto. Preoccuparsi del diritto di un ottuagenario rancoroso di offendere una giovane autrice per la sua scelta di appartenenza di genere equivale a preoccuparsi del diritto degli estremisti musulmani di sentirsi offesi dalle vignette di “Charlie” e di massacrarne la redazione.
Non stiamo scherzando: c’è gente che ci ha detto che i ragazzi di “Charlie” sbagliano perché i tempi sono molto complessi e loro sono degli illuministi di retroguardia che difendono un diritto alla libertà d’espressione che non ha più valore nella contemporaneità.
Ammetterete che è una situazione molto complessa. Se sosteniamo che Scozzari ha scritto una cosa abominevole (e l’ha scritta, non tanto in virtù di una deriva senile, ma come coronamento di una vita in cui ha sostenuto – con un talento sublime quando era bravo – le stesse cose) c’è il rischio di essere paragonati a quelli che sostengono il diritto dei teocrati di sparare su chi sbeffeggia il loro dio inesistente.
È una situazione complessa, ci troviamo nel mezzo, e quel mezzo – per la prima volta – non è comodo. Non è una mediazione. Sostenere che non c’è nulla di male – e anzi sia necessario farlo, a costo dell’incolumità fisica – nel dileggiare ogni questione sensibile, dalle religioni all’identità di genere, ma ammettere che c’è una sostanziale differenza nel modo e nel contesto in cui lo si fa, è una posizione scomoda, che mette a nudo anche le nostre contraddizioni di (e ci riferiamo esclusivamente a noi due): maschi bianchi, “benestanti”, etero e – questa cosa ci fa ridere – cis, è un rischio da correre. E come tutti i rischi, può finire male.
E arriviamo alla seconda questione. Quella in cui Massimo teme che, se ammettiamo – perché il problema è questo: ammetterlo o non ammetterlo – che Scozzari è un fottuto reazionario da sempre, questo farà crollare la considerazione che abbiamo di quello che la banda dei Cannibali ha costruito tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. E ci toccherà ammettere che erano una banda di reazionari. Bene. La nostra risposta a questa preoccupazione è: no.
Ma non perché non lo fossero – Lo erano, altroché se lo erano – ma perché allora erano perfettamente mimetici a quello che era lo spirito dei giovani del tempo. Uno spirito che oggi è ai giovani incomprensibile – come l’oggi è incomprensibile a chi ancora porta lenti molate negli anni Settanta.
E arriviamo, Massimo, alla terza questione che sollevi: la messa in discussione di un’epoca. Ecco. La messa in discussione, la revisione, la continua problematizzazione di un periodo storico, è una cosa da auspicarsi, non da temere. Stiamo parlando di un dibattito, per molti versi surreale, in cui tante intelligenze si spendono, a volte in modo imbarazzante, per difendere non tanto la frase schifosa di un individuo che, in ogni altro ambito, avremmo accompagnato alla porta mettendogli in mano i soldi per il taxi, quanto la sua carriera. Come se quella carriera non parlasse da sola (e, a noi, questa difesa sembra sintomatica del fatto che a quella carriera non ci crede nemmeno il difensore). E la causa scatenante di questo dibattito paradossale è proprio la mancanza di una riflessione storica come si deve su quel periodo; una riflessione in cui i soggetti possano essere raccontati per gli esseri umani che erano: come tutti, pezzi di carne pieni di contraddizioni che si sono trovati a esprimere le proprie in un periodo che le ha catalizzate.
Una delle cose a cui dobbiamo rinunciare, se vogliamo fare indagine storica, è pensare che tutto ciò che ci piace o ci è piaciuto e ci ha formato culturalmente, ci sia necessariamente e ideologicamente consono. Non è così. Ciò che ci piace, purtroppo, non ci appartiene.
Massimo Giacon ci ha risposto:
Cari, tutto chiaro, sia le vostre posizioni che le vostre risposte.
Vi ringrazio per i toni civilissimi. Servono.
Con molte cose concordo, con altre dissento, ma adesso non credo interessi che io ribatta su alcuni punti, vi siete spesi già abbastanza.
È che già a distanza di ore da quando ho lette tutto (il mio intervento compreso) mi sembra tutto così futile, nel senso che in fondo non si sta parlando di quali massimi sistemi, ma oltre che di diritti sacrosanti, anche di fumetti. O forse i massimi sistemi fanno parte anche dei fumetti.
Ci convivo con i fumetti, e in parte ci vivo insieme.
E allora parliamo di fumetti.
Credo che tutta questa brutta storia abbia fatto emergere altro, oltre ai temi su cui abbiamo disquisito in questi due giorni fino allo sfinimento.
Ha fatto emergere anche l’insofferenza di una generazione nei confronti di un’altra generazione che per troppo tempo è stata messa su un piedistallo come esempio.
Per quanti anni? Dal “Male”, “Cannibale” e “Frigidaire” sono passati 40 anni e passa. La mia generazione dopo appena 10 anni di Pratt si era già rotta i coglioni.
È comprensibile che dopo 40 anni in cui ti dicono che sei bravo ad autoprodurti ma… «Cannibale il Male e Frigidaire erano un’altra cosa», che sei un bravo autore che parla della sua contemporaneità ma… «Cannibale, Il Male e Frigidaire erano un’altra cosa», che gli autori di “Frigidaire”, “il Male” e “Cannibale” erano più bravi di te, più fighi di te, scrivevano meglio di te, erano più originali di te, facevano queste cose molto prima di te, erano più trasgressivi di te, a quel punto ne hai piene le palle di questi eroi e di queste statue e li vuoi buttare giù dal piedistallo. Non te ne frega niente se erano bravi o no.
Peccato che non ci siano interlocutori, perché o sono morti o con te non ci vogliono parlare, e se parlano lo fanno a mezzo insulti.
Per cui questo non è più il momento probabilmente di mettere le cose nelle caselle storiche, ma che i giovani autori si liberino di questo ingombrante fardello.
Io ci ho messo un po’ a riconciliarmi con la figura ingombrante di Pratt, e le nuove generazioni scenderanno a patti anche con quella del “Male”, “Cannibale” e “Frigidaire”.
Massimo Giacon