Le narrazioni degli umani ruotano sempre, sempre, intorno all’essere umano. Non foss’altro che, essendo raccontate da individui appartenenti a quella specie animale, affondano le mani in quel nucleo di esperienze anche quando fingono di parlare d’altro. I generi narrativi e il fantastico in particolar modo nascono proprio dal superamento o dalla negazione di una delle caratteristiche dell’umanità.
Gli archetipi del fantastico, quelli che Stephen King in Danse Macabre dispone nella “mano di tarocchi”, sono la negazione dei valori su cui si costruisce la società umana. Quando si nega il rispetto dei valori e si perde il discernimento etico – che è sempre un costrutto che serve a tutelare la società in quello specifico momento – si ingerisce un fluido che genera Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde. Quando si rinuncia alla vita per liberare il predatore capace di bere i succhi che rendono vive e calde e morbide le carni ha origine Dracula. Quando si nega il rispetto del dio creatore e ci si sostituisce a lui dando la vita a un mostro nasce Frankenstein o il moderno prometeo. Ecco: alle origini del fantastico c’è sempre la paura e la voglia di non essere umani.
Prendiamo Herbert George Wells. Mica tutto, ché nei suoi ottant’anni di vita lo scrittore inglese ha prodotto così tanti romanzi, racconti, articoli e saggi che siamo certi che non ce l’abbiamo tutto quel tempo a disposizione da dedicargli. Concentriamoci sui quattro romanzi che hanno contribuito a fondare la fantascienza come la conosciamo oggi e che lui ha pubblicato tra il 1895 e il 1898.
Il primo è La macchina del tempo. Wells prevede un’evoluzione disumanizzante della società vittoriana. Quando lo scienziato emerge dalla sua macchina di quarzo e avorio nel 802.701, davanti ai suoi occhi si para un’immagine sconcertante: «there is no moon, the constellations are different, the atmosphere is thin, and the sun is dying — these are reminders that the human species is but a blip when considered in the scale of geologic time. The universe is much, much older than humans—so, too, the Earth—and both will endure long after humans are unrecognizable or gone.»
Gli umani che popolano il pianeta sono i diretti discendenti delle classi della società vittoriana. I nobili si sono rammolliti e, incapaci come sono di badare a sé stessi, vengono allevati – con un regime rigorosamente vegetariano – dagli operai che vivono nel buio delle caverne, non hanno perso l’istinto predatorio, e si nutrono di carne, quasi umana. Eloi e Morloch, questi sono i nomi dei discendenti dei sudditi della regina Vittoria, non sono più umani e l’evoluzione, ci dice lo scrittore inglese, non è detto che sia sempre una bella cosa.
L’isola del dottor Moureau è la storia del naufrago Edward Prendick che si ritrova ad assistere al grandioso progetto di uno scienziato che si dedica a uno straordinario progetto di bioingegneria. Vuole trasformare, a colpi di bisturi e sutura, gli animali dell’isola, facendoli evolvere verso un’ideale umano. Non ci sentiamo in colpa se ti anticipiamo che questo sogno rivelerà presto la sua natura di fallimento completo, capace solo di lasciare tracce indelebili nella psiche – e nelle carni – di tutti i coinvolti.
Griffin è uno scienziato ignorato da tutti i suoi contemporanei. Lui, però, è consapevole dei suoi meriti e del suo ingegno e, stufo di essere invisibile agli occhi degli scienziati, decide di diventare invisibile a tutti. Sorpresa: non era così intelligente; non aveva capito quali fossero le implicazioni dell’invisibilità. Persa la caratteristica che gli consentiva di apparire umano tra gli umani, si fa sopraffare dalla follia (o dalla lucidità più estrema) e decide di diventare il padrone di un mondo che dominerà seminando il terrore.
E, infine, La guerra dei mondi. Cosa c’è di meno umano di un popolo di alieni decisi a conquistare, grazie alla loro tecnologia superiore, il mondo che noi esigiamo come nostro. Niente. Infatti, giocando la sua mano di tarocchi (mentre raccontava anche di ciclisti che potevano visitare il mondo e di meravigliosi visitatori alati), Wells lascia cadere quest’ultima carta. I tripodi che invadono il pianeta e che sembrano indistruttibili vengono fermati da un nemico invisibile. L’atmosfera terrestre, con i suoi batteri e i suoi virus, si rivela letale per gli invasori e quelli, nonostante la loro tecnologia così evoluta, non lo avevano mica capito. L’ingenuità della fantascienza tardo ottocentesca ci faceva ridere. Fino all’anno scorso. Adesso sappiamo che un invasore che considera il pianeta legittimamente suo, e si sente autorizzato a distruggerlo grazie alla tecnologia che lo rende superiore agli altri abitanti del medesimo luogo, può essere messo in ginocchio, senza troppa fatica, da un virus che, pur non avendo nulla di umano, fa di tutto per sopravvivere. E se avesse importanza, se ne fregherebbe dell’idea umana di intelligenza.
Un anello dedicato a “diventare disumani” può svilupparsi e avvilupparsi per l’eternità. Abbiamo deciso di semplificarlo e lo abbiamo limitato a:
- Stephen King, Danse macabre, Frassinelli 2019.
- Herbert George Wells, La macchina del tempo.
- Herbert George Wells, L’isola del dottor Moreau.
- Herbert George Wells, L’uomo invisibile.
- Herbert George Wells, La guerra dei mondi.
- I quattro romanzi di Wells sono raccolti, con I primi uomini sulla luna, in La fantascienza di H.G, Wells, Mondadori, 2018.
C’è un cocktail che si chiama proprio H.G.Wells. Noi non lo abbiam ancora provato. Tre parti di Bourbon, una parte di Vermouth e una spruzzata di Pastis. Il tutto servito con abbondante ghiaccio. Con tristezza abbiamo scoperto che non esiste alcuna relazione tra lo scrittore cui abbiamo dedicato l’anello e il beverone che porta il suo nome. Ma se ne bevi abbastanza è probabile che quando ti svegli racconti storie strane sul futuro dell’umanità.