(Le illustrazioni sono di Lucia Lamacchia, che è responsabile di quanto segue almeno quanto lo sono Ugo e Michel.)
– È proprio un gran figlio di puttana.
– Chi?
– Il karma, no?
– Ma di cosa parli?
– Non essere così aggressivo.
– Non mi dire di non essere aggressivo quando non lo sono.
– Litighiamo sempre.
– Dimmi di ‘sto karma, dai. Che, lo sai, quando sento parlare di mistica e religione mi monta lo sconforto.
– Questa sua necessità di rimettere in equilibrio il mondo, simulando la messa in atto di un senso di giustizia assoluto, è il gesto perverso di un sadico.
– Sei sicuro di averlo capito bene?
– È così. E va bene quando ti dà se non hai ricevuto nulla, ma che cazzo di senso ha quando ti toglie perché, a suo dire, ti è stato dato troppo? La partita doppia della felicità. La gioia con ritenuta d’acconto. Il contabile del godimento…
– Ho capito. Non ti infervorare. Sentiamo un po’. Cosa ci sta togliendo? Le feste in famiglia? Il cenone con i tuoi?
– Non vedo mai mia sorella.
– Ecco. Adesso è colpa mia.
– Non ho detto questo.
– Tua sorella è incazzata nera con te. Ti devo ricordare cos’è successo con lo sgorbio puzzolente?
– Ti ho già chiesto di non chiamare così mio nipote.
– Va bene. Lo chiamo pure Anacleto, ma quello che lo ha preso in disparte e gli ha fatto il discorsetto sulle religioni e le superstizioni sei stato tu.
– Andava fatto. Poi crescono storti. È il mio investimento per un futuro migliore.
– Certo, ma aveva quattro anni! E glielo hai fatto poco prima di natale. E quello è andato piangendo dalla mamma dicendo che lo zio Ugo gli aveva detto che il signore con il barbone bianco che aveva creato l’uomo non si sarebbe vestito di rosso e calato giù dal camino.
– Non ha capito niente.
– Per forza, è scemo! Manco ce l’hanno il camino.
– Non dire così di mio nipote.
– Ma chiamalo per nome, se ci riesci. Senza ridere.
– Era il nome del nonno paterno. È venuto a mancare poco prima della nascita del bambino.
– E lo hanno chiamato Anacleto? Deve essere stata una vendetta. Probabilmente pensavano che fosse colpa sua.
– Lasciamo stare, va’.
…
– Che poi mica è vero che non ci puoi andare da tua sorella.
– Mi stai dicendo che posso andare da lei qualche giorno prima e tornare qualche giorno dopo, così tu puoi respirare. Proprio non mi sopporti…
– Ma no. Potete festeggiare in un giorno diverso. Prima cerchi di convincere cosocleto che babbo natale è Gesù bambino da vecchio e poi ti ostini al rispetto delle tradizioni…
– Anacleto! Cazzo! Sei insopprotabile.
– … dovrà servire a qualcosa la magica combinazione “ateismo in zona gialla”.
…
– Questa storia delle zone colorate è estenuante. Siamo qui ad aspettare il momento in cui ci sarà data una nuance più gradevole. Sembra una sfilata di moda. Colori accesi a raccontarci la drammaticità della nostra città. Secondo me hanno scelto quelli per differenziarli dall’eleganza di blu e nero.
– Ti offendi se ti dico che non ti sto proprio capendo?
– In natura gli animali pericolosi mica sono rossi e arancioni.
– No. Quelli di quei colori sono quelli che scopano di più.
– Appunto. Se la natura ti dice che devi stare alla larga da una bestia, la dipinge a strisce gialle e nere. Come l’ape che punge o la tigre che ti sbrana.
– Ma sei sicuro?
– Massì… Devo averlo letto da qualche parte. Sarà stato Desmond Morris…
– O “Forse non tutti sanno che” sulla “Settimana enigmistica”…
– Può essere…
– …
– Nel momento di massimo rischio dovevamo essere nella zona a strisce gialle e nere. Altro che rosso!
– Pensa che pratico… Nelle mappe pubblicate sui giornali si vedeva un elegante stivale panterato che neanche Amanda Lear…
– Vabbé… Se ti piace così tieniti le tue zone rosse. A me fanno pensare a pericoli d’altro tipo…
…
– Intanto siamo in zona gialla.
– Esasperati. Chiusi in casa. Con un sistema di regole che limita la nostra libertà.
– E le nostre paure che riducono ulteriormente le nostre possibilità.
– Paure che non abbiamo il coraggio di chiamare con il loro nome.
– Già. Le vestiamo di responsabilità civile.
– E mentre guardiamo il giallo che ci immobilizza, quel gran figlio di puttana del karma ci sgozza…
– … e rivoli rossi scendono lenti sul materasso.