Riassunto: gennaio e febbraio.
Marzo
Tra l’8 e il 9 marzo impariamo sulla nostra pelle cosa significa lockdown. Per impedire la diffusione del virus, viene promulgato il confinamento domestico. Si esce di casa solo per le esigenze primarie, indossando guanti e mascherine. Sono capi d’abbigliamento che poi entreranno stabilmente nella mise di questo 2020, ma che per settimane saranno introvabili. I supermercati raccontano le cronache di un tranquillo dopobomba. File chilometriche e attese snervanti. Dagli scaffali scompaiono molti prodotti. Tra questi i lieviti e le farine: gli italiani scoprono di essere anche fornai, pizzaioli e pasticcieri e non solo eroi, poeti e santi.
Il commercio elettronico, con popolazioni rinchiuse in casa, subisce un incremento decisivo. Chi gestisce la logistica scopre di non essere pronto a gestire un picco di tale portata: chi prova a fare la spesa trova slot liberi per la consegna che si spingono così tanto avanti nel tempo da richiedere capacità staliniane di pianificazione. La pandemia non è un male per tutti: Jeff Bezos ne soffre meno degli altri; Amazon nel corso dell’anno triplicherà gli utili.
Il COVID-19 non è un affare unicamente metropolitano: il 13 marzo il Nepal chiude il monte Everest ai turisti e agli arrampicatori. Quattro giorni dopo viene sospeso il trattato di Schengen: mica serviva mettere in scena il balletto della Brexit per perdere i benefici dell’Unione Europea; bastava una pandemia.
I contagi e il lockdown viaggiano a braccetto: entro la fine del mese si registra mezzo milione di positivi e 23.000 morti attestati a quella causa; allo stesso tempo un terzo della popolazione mondiale, per un totale di due miliardi e seicento milioni di individui, è soggetto a restrizioni di movimento.
Cultura, sport e spettacolo sono sospesi fino a data da destinarsi. A simboleggiare l’accadimento, le Olimpiadi del 2020 in Giappone sono rimandate al 2021. Chi era abituato a fare rapide divisioni per quattro per ricordare le date di quell’evento gigantesco dovrà imparare una regola nuova. Con i cinema e i parchi a tema chiusi, Disney vedrà, alla fine dell’anno, il proprio fatturato dimezzato rispetto al 2019. Certo, bisogna tener conto del fatto che quell’annata godeva dei benefici del baraccone di Avengers: Endgame, ma non possiamo non rimarcare che il primo anno di vita della piattaforma di streaming Disney Plus si concluderà con cento milioni di abbonati paganti e quel numero, nel business case, era la bottomline del quarto anno di vita della piattaforma. Netflix, che sembrava muoversi in un mercato ormai saturo, nello stesso periodo ha toccato quasi il doppio degli abbonamenti, avvantaggiandosi di un incremento del fatturato globale pari al 23%. Il più frequentato tra i siti internet, Pornhub, affronta il lockdown con la consueta disinvoltura: offre agli italiani chiusi in casa accesso gratuito alla piattaforma Premium.
C’è anche una buona notizia: non si è mai registrato un tasso d’inquinamento così basso come in questo mese durante il quale le aziende hanno ridotto il consumo di energia e le auto sono rimaste parcheggiate sotto casa. In una Venezia deserta tornano animali di cui non ci si ricorda neppure il nome. Intanto viviamo il secondo mese di marzo più caldo da quando abbiamo imparato a registrare le temperature.
Anche marzo ci porta via un po’ di persone che avremmo preferito restassero tra noi almeno un altro po’. Max von Sydow che aveva novantuno anni e, nel 1957, è stato il cavaliere del Settimo sigillo di Ingmar Bergman. Ėduard Limonov, un folle che dà un senso nuovo alla locuzione “rossobrunismo” che nella vita ha fatto un sacco di schifezze, ha reso famosissimo Emmanuel Carrère (che gli ha dedicato una brutta biografia vendutissima) e ha scritto almeno un romanzo che merita di essere letto e riletto, Eddy-baby ti amo. Alberto Arbasino da Voghera che ci manca già. Philip Anderson, premio Nobel per la fisica nel 1977, teorico della materia condensata, difensore d’ufficio della fisica dello stato solido contro Murray Gell-Mann che pare la chiamasse “fisica dello stato squallido”. Lucia Bosè bellissima miss Italia di cui ci siamo innamorati quando il figlio Miguel, nel 1980, ha pubblicato un disco che ha venduto tantissimo e non c’era servizio a lui dedicato che non mostrasse foto della bellissima madre. Manu Dibango che ci ha fatto ballare. E il gigantesco Albert Uderzo.
Il 5 marzo esce Devs, la miniserie televisiva di Alex Garland (creatore, sceneggiatore e regista) che ci catapulta in un presente fantascientifico, simile a quello rappresentato nel suo Ex-Machina. Sguardo filosofico sul libero arbitrio e sul dolore e il modo in cui lo gestiamo.
Bob Dylan pubblica a sorpresa il suo primo brano originale da otto anni a questa parte. Murder most foul, a cui poi seguirà il disco Rough and rowdy ways, è un lungo mantra di oltre diciassette minuti dove, con la scusa dell’omicidio Kennedy, Dylan canta la morte dell’occidente e del XX secolo.
Aprile
Aprile, il più crudele dei mesi, ci insegna una parola nuova: “asintomatico”. Gente che porta a spasso il virus e non è riconoscibile in alcun modo. Niente, neanche un colpo di tosse. Sono loro, fantomatici asintomatici, il pericolo strisciante che deve insegnarci a non rinunciare mai alla mascherina.
All’inizio del mese il numero di contagi nel mondo supera il milione, alla fine i milioni saranno tre. Il contagio galoppa.
L’8 aprile una buona notizia: finisce il lockdown di Wuhan. Dopo 76 giorni di confinamento la popolazione della provincia di Hubei può ricominciare a muoversi liberamente, rispettando norme di sicurezza cui viene dato gran risalto. I giornali, in affanno per le mancate vendite e per un mondo di giornalisti chiusi in casa, dedicano un sacco di spazio alle regole anticontagio che i cinesi metteranno in atto durante le loro ritrovate frequentazioni di cinema, ristoranti e palestre.
Intanto il Fondo Monetario Internazionale rende pubbliche le proprie previsioni: pare proprio che ci aspetti la peggiore contrazione economica dai tempi della Grande Depressione; quando tutto sarà finito, ci saranno milioni di nuovi poveri per decine di anni.
Il prezzo del petrolio cala vorticosamente. Peccato non poterne approfittare. La benzina costa pochissimo e resta comodamente acciambellata nel ventre dei distributori che vedono passare pochissime automobili. Chiusi in casa per decreto, un pieno ci dura tantissimo.
Verso la fine del mese l’asteroide “1998 OR2”, che ha un diametro di un paio di chilometri, sfiora la Terra. Passa ad appena 6,3 milioni di chilometri che, detto così, sembra un sacco, ma pare che invece sia poco. Per questa volta l’abbiamo sfangata e i dinosauri, da lassù, pensano a noi con invidia. Dicono che non ci ripasserà accanto fino al 2079. Stay tuned.
Anche in aprile muoiono persone che ci erano care. Juan Giménez, grandissimo disegnatore argentino. Ezio Vendrame, poeta del gol di Casarsa della Delizia. Mort Drucker di “Mad”. Per Olov Enquist, austero scrittore e sceneggiatore svedese. Rubem Fonseca, l’autore di Vaste emozioni e pensieri perfetti, l’uomo con cui Paco Ignacio Taibo II avrebbe voluto firmare il suo romanzo migliore, A quattro mani. Lee Konitz, accidenti! E pure Tony Allen, l’insostituibile batterista di Fela Kuti e di The Good, the Bad and the Queen. John Conway, il padre del “gioco della vita” (che disprezzava), che, assieme al fisico Simon Kochen, elaborò anche un teorema che afferma che se noi possediamo il libero arbitrio allora esiste anche una certa categoria di particelle elementari che lo possiede. Meglio non approfondire.
Il 3 aprile Amazon Prime distribuisce l’intera stagione di otto episodi di Tales from the loop, originariamente un libro illustrato di Simon Stålenhag, poi diventato un gioco da tavolo e ora telefilm. Retro-fantascienza intimista (che sembra ispirarsi anche a Terrence Malick per il ritmo lento e l’attenzione alla natura), colpisce per come la narrazione utilizza in modo quasi “casuale” una tecnologia che sembra quasi superata, ma che influenza profondamente le vite delle persone che ne vengono toccate. Una narrazione di ampio respiro che supera l’idea di narrazione orizzontale televisiva e si avvicina all’idea di certi cicli come quello della “Storia futura” di Robert Heinlein.
20 aprile 2020. Netflix rende disponibile una piccola serie che velocemente diventerà una sorta di manifesto psichedelico: Midnight Gospel, che combina il genio visivo e narrativo di Pendleton Ward con i podcast radiofonici di Duncan Trussell in un flusso narrativo visionario che parla di magia, controllo della mente, dipendenze, morte. Il format è diverso da qualunque altra cosa si sia mai vista. L’effetto è quello di un trip consapevole. Il “Rinascimento psichedelico” non è più confinato in libri belli e serissimi – Adelphi nel 2018 ci ha regalato Come cambiare la tua mente di Michael Pollan – o nel flusso di articoli e informazioni offerto da gente come, in Italia, lo scrittore Vanni Santoni, ma deflagra in un cartone animato, che termina la propria prima stagione con una puntata così sconvolgente e luminosa da lasciare il dubbio che non sia possibile fare niente di meglio. Mentre le grandi compagnie farmaceutiche si affannano per estrarre principi attivi dagli psichedelici rimuovendo l’elemento del godimento, Midnight Gospel ci fornisce un aggiustamento di prospettiva, ci fa intingere il dito in quella che potrebbe essere una vera trasformazione dell’umano. E ce lo lascia succhiare.