Boxing Day

Mabel Morri | Play du jour |

Sull’onda della delusione della mancata partecipazione della Nazionale femminile di calcio al Mondiale di Canada 2015 (esclusione che ha scatenato la discussione sulla crescita del calcio femminile in Italia), una sera d’estate sul campo del Foro Italico a Roma, coperto dalla sua classica terra rossa degli Internazionali di tennis, il Presidente del CONI Giovanni Malagò, orgoglioso e apparentemente emozionato, presentava la Nazionale Italiana femminile di Futsal.
Era l’esordio assoluto e avveniva con una vetrina d’eccezione, in una serata diventata di gala per gli invitati alla diretta televisiva in prima serata sulla RAI, richiesta e in un qualche modo ottenuta (su RaiSport 2 sul 58 del digitale terrestre).
Non era mai accaduto nel mondo, da che ne ho memoria, che uno sport esistente e che mi è capitato molto spesso di giocare avesse un lancio con così grande risonanza.

Avevo ancora la Vespa 125 e guidavo una Ford Focus auto dell’anno 1999 quando le amiche che frequentavo nei primi anni del decennio scorso mi dissero di un torneo di calcetto che si svolgeva a Riccione. Il campo era una tensostruttura dietro un’abitazione malandata lungo la Statale, una zona lato monte quasi dimenticata. Lungo quel tratto di Statale, sulla destra scorrevano Fiabilandia e l’Altro Mondo Studios, sulla sinistra l’ex Bowling e l’Aeroporto Fellini. Poi il nulla e in quel nulla, prima del McDrive, questa casa e, scoprii quella sera, un campo e i suoi spogliatoi.
Dentro, non c’erano nemmeno le panche per gli spettatori, la metà delle giocatrici erano ex compagne o le nuove delle squadre del circondario che andavo a vedere la domenica, e comunque gruppi di amiche che si incontravano in giro negli stessi locali. Si rischiava addirittura di prendere presumibilmente pallonate, considerando che spesso questi eventi erano per lo più quelli dedicata alla chiacchiera sconclusionata.
Ricordo gli scarpini di M. allacciati con lo scotch, ricordo le divise (modelli da ingrosso di dubbia fattura internazionale e suppongo facilmente infiammabili), ricordo il freddo della bolla. Ovviamente, non ricordo il risultato ma ricordo il sorriso di M. venirmi incontro e dire che avevano vinto.
In estate capitò qualcosa di simile. Un campetto recintato con tanto di tribuna e sigaretta libera sugli spalti: stessa situazione, gente che si conosceva o con la quale si era giocato e nulla di più. Forse un livello leggermente più alto del gioco e l’uso costante della suola.

Il 5 ottobre 2020 il sito sportivo Ultimo Uomo pubblica un trattato sull’uso della suola nel calcio: spesso usato come vezzo estetico, l’uso della suola (stoppare il pallone che ti arriva con la suola della scarpa, appunto) sta iniziando a essere riconsiderato nel calcio a undici. Meno intuitivo e “naturale” del collo piede, dell’interno e dell’esterno, per altro più nobile e visivamente eccitante, la suola definisce senza dubbi l’educazione di chi gioca. Così come quando si analizzava Ronaldo il Fenomeno sulla provenienza del calcio giocato in strada e che quasi geneticamente rimane nella memoria delle fasce muscolari tanto da replicarne in campo i movimenti allo stesso modo è simile per chi ha imparato in spiaggia, tra rimbalzi e posture instabili, nel calcio a 5 la suola è l’elemento inopinabile della formazione di chi gioca.

Il Boxing Day è un appuntamento imperdibile per i tifosi inglesi.
In epoca pre pandemica, il 26 dicembre era l’occasione per andare allo stadio con le famiglie e vivere una di quelle giornate così inglesi per tradizione che è paragonabile a qualcuna delle nostre, come il Ferragosto per dire.
Gli stadi si riempiono, le famiglie e i tifosi si riuniscono al pub prima della partita e ci si ritrovano anche dopo: di solito, il Boxing Day spesso preannuncia partita notevoli, da alcune classiche ai derby, per cui l’attenzione su questo giorno si fa decisamente importante e a caratteri cubitali portando l’attesa e l’aspettativa a livelli inimmaginabili.
Una stagione hanno provato a farlo anche in Italia, nella nostra Serie A, naufragata subito dopo essersi conclusa di fronte all’evidenza che l’italiano ama il calcio ed è calciofilo ma Santo Stefano non si tocca come non si tocca il Ferragosto. Non ha nemmeno aiutato il fatto che poi, per tutto gennaio, il calcio italiano fosse fermo, e quindi l’interrogativo degli interrogativi: e quindi?, come lo sbatto io gennaio senza campionato? L’anno dopo era una domanda vecchissima come il paleolitico.

Nella splendida cornice del Palazzetto di Salsomaggiore Terme, Lucio Micheli e Vanni Pedrini di Rai Sport, sul canale 57 del digitale terrestre, mi danno il buon pomeriggio.
Il Boxing Day italiano può essere clonato per quegli sport che ci hanno abituato a un calendario diverso soprattutto per chi segue il calcio, per cui la pallavolo per esempio o il futsal, il calcetto della mia giovinezza o calcio a 5 se si preferite. Occasione è la partita al vertice della classifica del campionato femminile Città di Falconara e Montesilvano.
Qualche anno fa, un amico di Sirolo mi disse del movimento calcistico che si stava sviluppando laggiù, nei pressi di uno dei siti più inquinanti d’Italia. Falconara Marittima in provincia di Ancona è un sobborgo abbastanza micidiale: passando dalla statale l’odore della raffineria insegue le auto che vi passano per chilometri, raffineria che si può osservare nella sua opulenza quando la si attraversa con il treno le cui rotaie la tagliano in due. Il mare e farvi un bagno non è propriamente consigliato, diciamo. Un giorno ho accompagnato I. proprio a Falconara per consegnare un pacco di aiuti per una famiglia in difficoltà per conto di un’Associazione di volontariato: nelle prime case basse a qualche chilometro dalla raffineria, l’odore arrivava forte e pungente. Non migliora nemmeno dopo, vicino alla stazione e lungo il centro città, reso grazioso ma comunque troppo vicino a quelle vasche inquinanti.
All’inizio degli anni Novanta, quando la mia sete di cultura mi portava a spulciare librerie indipendenti e spesso fuori dalle grandi catene, la Transeuropa aveva pubblicato non solo il bolognese Enrico Brizzi degli esordi col best sellers Jack Frusciante è uscito dal gruppo ma anche una giovane marchigiana che con un paio di romanzi mi aveva conquistata: uno di questi libri si intitolava La guerra degli Antò ed era ambientata nella cittadina abruzzese di Montesilvano, in quegli anni comune indipendente e oggi inglobato nella città di Pescara (un po’ come Nervi per Genova).
Un collega di I. è di Pescara e ogni volta che ci vediamo gli parlo del libro, nonostante siano trascorsi almeno tre decenni: ha imparato ad aggiornarmi di “come sta” Montesilvano che anche quei tre decenni prima non brillava di possibilità e che oggi è persino peggio, luogo di ritrovo di prostitute e spaccio.
Le due squadre nei primi due posti della classifica del campionato femminile di Futsal in una partita che quindi è scontro al vertice sono Falconara e Montesilvano: curioso o forse no che siano proprio due realtà così depresse, in uno sport che ha bisogno di visibilità pur esistendo da anni, ad avere due comunità calcistiche inclusive, belle e importanti.

La partita è bellissima.
Combattuta pallone su pallone in una ubriacatura di stop di suola, è vivace e giocata a un livello molto alto, rimanendo pur sempre relegata alla dicitura dilettanti e appartenendo all’omonima Lega.
Le ragazze sono un mix di talento, giovinezza, futuro dell’Italia in questo sport e “naturalizzate”. Alcune giocatrici sono ragazze che provengono da altri paesi e che hanno scelto l’Italia come casa.
Gli spalti sono vuoti ma l’emozione nel vedere sia nella diretta televisiva sia nel mostrarsi per la prima volta è palpabile. È in questo genere di eventi e sport che si vede la passione e le possibilità, le possibilità, quelle belle, del cambiare passo.
La mia generazione è stata a metà: analogica e digitale, fortunata e sfortunata, eccellente (a parte gli evidenti fallimenti politici dei coetanei Salvini e Renzi) e sacrificata da Monti come “generazione perduta” eppure ha visto dal vivo tre avvenimenti storici che possono, soprattutto l’ultimo, determinare davvero un radicale cambiamento: la caduta del Muro di Berlino, l’attacco alle Torri Gemelle e, oggi, la pandemia di covid-19. Non torneremo come prima, non sarà più possibile, ma sarà possibile immaginare e vivere concretamente la possibilità stessa di investire finalmente in quel mondo migliore che anelavamo a vent’anni.

Vince Falconara per 1-0 in una gara nella quale le marchigiane si sono quasi sempre difese e acceleravano solo in contropiede e le abruzzesi che “hanno fatto” la partita mostrando buone individualità in un bel gioco di gruppo.
La più inquadrata, insieme a Marta, numero 7 del Falconara, è l’italiana Borges, giocatrice di gran classe del Montesilvano.

L’ultima stagione della serie tv spagnola di almeno tre lustri fa Los hombres de Paco (della quale hanno tentato un remake italiano dimenticabilissimo con Claudio Amendola, Tutti per Bruno, nel quale il ruolo del bel Lucas spagnolo diventato Luca in italiano è interpretato dal futuro regista di Lo chiamavano Jeeg Robot) è decisamente dark, dai toni sovrannaturali e religiosamente quasi blasfemi. Il personaggio di Silvia, dottoressa della scientifica, nella stagione precedente è stato barbaramente ucciso durante il suo matrimonio con Pepa morendo dissanguata tra le braccia di lei e del padre e l’episodio ha registrato un’audience altissima di milioni e milioni di telespettatori. Inoltre, la morte di Silvia, ha scatenato le polemiche del pubblico e considerando che la serie si è svolta in epoca pre social il disappunto era notevolmente importante e duraturo tanto che la produzione si è vista costretta a far tornare il personaggio di Silvia come fantasma, un po’ perché la coppia Silvia e Pepa funzionava alla grandissima, un po’ perché la figura del nuovo dottore della scientifica non aveva “acchiappato” il lamentoso pubblico, insomma Silvia torna per una puntata ed è standing ovation. In uno dei momenti più toccanti, appare a Paco, incartato sul caso blasfemo, e gli detta la strada: «Tutto ha un origine», gli dice.

È vero, è solo una partita di Futsal tra ragazze durante il Boxing Day, è vero, è solo pallone magari anche portato dalla squadra ospite e i cui acronimi sono scritti col pennarello indelebile per riportarli a casa, ma quante volte il calcio è stato lo specchio dei tempi nel cui contesto venivano scandite date passate alla storia e l’origine di qualcosa di bello?

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