Quando proponi alla tua fidanzata di fare una roba creativa insieme, ma tu sei Nick Cave e lei è PJ Harvey. Va bene, poi si sono lasciati, pazienza. Noi siamo spietati, si segue il flusso degli album, delle canzoni, il gossip viene parecchio dopo. Murder Ballads conteneva un sacco di altre cose decisamente da ricordare, dal pezzo con Kylie Minogue (Where the Wild Roses Grow) a Stagger Lee, che, dal vivo, oltre vent’anni dopo, avrebbe continuato a funzionare di brutto. Parlando di duetti di Nick Cave qui non c’è quello con Shane McGowan in What a Wonderful World ma è la canzone perfetta per non sentirsi troppo in colpa quando si è bevuto troppo e si sa che si è passato il segno, senza redenzione. La natura farà il suo corso, nel frattempo si canta. Meglio non fare la fine di Henry Lee, comunque. [LC]
La band del Paganini del basso dei nostri tempi, Les Claypool, nel suo pezzo più famoso di quando si era giovani, negli anni Novanta. Tommy the Cat. Les è un demonio al basso ma dire che canta è un po’ una forzatura. Quindi, chi gli dà una mano? Tom Waits. Non che lui canti, esattamente: col suo megafono da taschino interpreta Tommy the Cat in un misto di ringhi e urla. Non ricordo l’anno, forse il ’96, al Teatro Tenda di Firenze – uno dei concerti più sudati, e carichi, della storia. Totally worth it! (anche se non c’era Tom Waits, ma ora che ci penso ho visto pure lui dal vivo in quei ruggenti e problematicissimi Novanta!). [LC]
Era il ’94/’95 e i King Crimson giocarono al raddoppio. Della formazione: due batteristi, due chitarristi e, ma certo, due bassisti. Un duettone totale, rispettivamente: Bill Bruford e Pat Mastellotto, Robert Fripp e Adrian Belew, Tony Levin e Trey Gunn (allo stick bass, uno degli strumenti meno facili da suonare della galassia). Esce prima un EP, Vrooom, seguito dall’album Thrak. Avrei voluto piazzare la versione originale di Vrooom con un intro di basso che riuscivo a suonare quasi decentemente, ma non la trovo. Ecco quindi Dinosaur: Visti dal vivo nel 1995 al Teatro Tenda di Firenze, mica cotiche. Annichilenti per contenuto tecnico ma anche belli caldi e fragranti (non si può dire lo stesso di tanti virtuosi elettrificati). [LC]
Chet & Bill, due bianchi nel jazz, entrambi con drasticissimi problemi di eroina, tutti e due capaci di un livello di lirismo insuperabile e universalmente apprezzabile. Però, pare che non andassero così d’accordo. Lavorarono insieme solo poche volte, in The Complete Legendary Sessions sono raccolti i frutti di quelle non molte occasioni a cavallo tra il ’58 e il ’59. Alone Together è una scelta facile ma avrebbe potuto essere uno qualsiasi degli altri pezzi. Potete essere anche degli incolti del jazz (tipo me) ma se non provate niente ascoltando questa musica siete delle brutte persone. Ecco. [LC]
Nel 2017, per festeggiare 20 anni di carriera musicale, Elisa fa quattro concerti all’Arena di Verona. Come si fa in questi casi, la cantante invita un sacco di ospiti per esibirsi in duetti assortiti. I lettori di fumetti di supereroi chiamano questi eventi crossover e sanno che fanno aumentare le vendite perché gli appassionati di un personaggio sono disposti a seguirlo sulle pagine di un’altra testata. Di quei quattro concerti non avrei saputo nulla se non fossi incappato un giorno in questo video. Elisa chiama sul palco Loredana Bertè per eseguire Almeno tu nell’universo. Quando Bertè prende il microfono, il palco diventa suo e il duetto è tra lei e Mia Martini. La cantante sul palco, con quella voce roca e bellissima, arriva alla fine del brano e volge al femminile le parole che Bruno Lauzi aveva scritto per Mimì: “Tu che sei diversa / Almeno tu nell’universo // Non cambierai / Dimmi che per sempre sarai sincera / E che mi amerai davvero davvero davvero”. Quel verso cade da tutte le parti. L’orchestra avanza senza incertezze e la voce di Bertè fa una roba che se capissi qualcosa di musica saprei descrivere e che invece, quando riprende in mano la situazione con quell’ultimo “davvero” mi viene solo da piangere, commosso. [PI]
Il 3 dicembre 2012 Francesco Guccini fa l’ultimo concerto a Bologna. Da allora è difficilissimo sentirlo cantare in giro. Chi lo ha sentito biascicare negli ultimi concerti dice che questa è una fortuna. Siccome gli voglio bene e siccome, per contratto, devo inserire almeno una canzone sua in ogni playlist, ho trovato questo duetto del 2016. C’è Iachetti che imbraccia la chitarra come farebbe un t-rex e c’è Guccini che commenta una canzone popolare bolognese che aveva registrato all’Osteria delle Dame nel 1973 per il disco Opera Buffa. [PI]
E tra i duetti sghembi, mi viene in mente la volta che Prisencolinensinainciusol ha incontrato King of Bongo. [PI]
A tema Duetti io non ho dubbi. Ce n’é uno e uno soltanto che avrei sempre voluto ascoltare e che dal 15 gennaio 2018 non sarà che un perenne desiderio imprigionato fra le stelle. Dolores O’Riordan e Tom Waits per me avrebbero dovuto fare un intero album insieme, con quelle loro voci indescrivibili, inafferrabili, totali. E dentro avrebbero dovuto assolutamente metterci una versione di No need to argue dei Cranberries. E invece mi tocca ogni volta immaginarmi la voce di Tom che attacca da qualche parte, mentre ascolto e riascolto Dolores in questo live da lacrime. [FP]
Nel doppio disco The Best del 2006 di Enzo Jannacci, spunta a sorpresa un duetto con Paolo Conte. Rifanno Bartali. E la rifanno in maniera allucinata. Solo ascoltare. Poi, forse, capire. [FP]
Rimango sempre spiazzato davanti alla quantità di duetti incredibili che ha fatto Zucchero nella sua carriera. Tutti artisti enormi, da Miles Davis a Stevie Ray Vaughan, da B. B. King a Solomon Burke. Ma il più inaspettato, al limite dell’inammissibile, anche perché forse é stata la sua ultima incisione, é certamente quello con John Lee Hooker. [FP]
So che in questa playlist Guccini è appannaggio di Paolo, ma purtroppo anch’io ci son cresciuto, con ascolti massivi molto simili a una “cura Ludovico”. Per cui, oltre che per il fatto che questo pezzo è tutt’ora uno dei miei preferiti, trovo bellissima l’aria di Bologna che Samuele Bersani e Luca Carboni sono riusciti a infondere in questa loro versione, arrangiata e prodotta da Mauro Pagani, di Canzone delle osterie di fuori porta. [FP]
E poi Antony Hegarty, voce splendida in un corpo altrettanto stupendo, che sfiora il mitologico. Il 2 settembre 2013 ha fatto un intero concerto con Franco Battiato all’Arena di Verona, duettando e scambiandosi brani, accompagnati dalla Filarmonica Arturo Toscanini. [FP]
Per me duetto vuol dire Paradise by the Dashboard Light, di Jim Steinman, album Bat of Hell, 1977. Un gigantesco Meat Loaf che inscena con la fantastica Ellen Foley una maratona di corteggiamento, paure, desiderio, divertimento, sudore, coretti. Due musicisti-attori, Foley ha lavorato con teatro, cinema (con Scorsese) e tv, mentre Michael Lee Aday, meglio noto come Meat Loaf, lo ricordiamo soprattutto arrivare impennando in moto al castello del dr. Frank N. Furter nel Rocky Horror Picture Show. E che sono bestie da palco si vede. Persino le dimensioni esagerate di Meat Loaf in confronto al corpo snello di Foley sono complementari, lei in top e pantaloni bianchi, lui sudatissimo, coi capelli lunghi e la camicia tra il western e l’edoardiano e le bretelle… le voci si sovrappongono perfettamente, ma dialogano anche, e il contenuto del dialogo è esilarante, perché lo immagini in bocca a dei diciottenni, eppure risulta credibile! Stanno per andare «fino in fondo», ma lei vuole sapere se lui la amerà per sempre, se ha bisogno di lei e non la lascerà mai. «Will you love me forever?» E lui risponde, e io muoio: fammici dormire sopra, ti do una risposta entro domattina. «Let me sleep on it, I’ll give you an answer in the morning». È una canzone sulla gigantesca portata del desiderio, e sulle ovvie avversità noiose della vita. Abbiamo fatto un compleanno karaoke, anni fa, e io l’ho cantata col mio amico S. Che aveva la corporatura di Meat Loaf, la sua grazia obesa, e la sua voce tersa. Ci siamo divertiti così tanto. È un pezzo che non lascia il tempo di respirare. Come correre in salita. Ma in quel momento eravamo felici, c’eravamo ancora tutti, c’è un video, io piango, ma di dolcezza e struggimento. Loro due, invece, sono due testate nucleari. Live long and prosper! [AS]
Non lo so, se c’è più carica erotica nel duetto di Mark e Kurt, o in quello di Courtney e Kurt. Nel dubbio le ballo entrambe. [BB]
Allain Leprest è stato uno degli chansonnier più colti e raffinati di sempre. Olivia Ruiz è una delle pop star più gettonate dell’Esagono. Insieme, qui fanno faville. [BB]
Di Scarlett io non butto via niente. Break up, con Pete Yorn è un album che ho consumato. [BB]
John Hartford, quando nel 1967 scrive Gentle on my mind, non ottiene il successo che sperava. Sarà Glen Campbell a portarla al successo l’anno dopo e fare ottenere al brano ben 4 Grammy. Nel 2016 Billy Bragg e Joe Henry la includono nel loro Shine a Light: Field Recordings from the Great American Railroad. Uno dei duetti più belli di sempre. [BB]
E chiudiamo con la Bella e la Bestia. [BB]
Anzi, no. [BB]