(Prima di cominciare questo strano anello dobbiamo scusarci. Nonostante tutta la nostra buona volontà, non siamo riusciti a inserirci una soap opera importante come Sentieri che, trasmessa sulle reti Mediaset dal 1982 al 2012, ha influito anche solo di rimando sul nostro immaginario. Promettiamo ai nostri più attenti lettori di tornarci distesamente sopra quanto prima.)
Brillante allievo di Nicola Abbagnano, Pietro Chiodi insegnava filosofia al liceo classico “Giuseppe Govone” di Alba. Beppe Fenoglio ebbe la fortuna di esserne studente e di riceverne quella formazione che, alla firma dell’Armistizio, gli farà fare la scelta giusta.
Lo stesso Chiodi, il 2 luglio del 1944 entrò nella formazione partigiana “Giustizia e libertà”, partecipando al governo di Alba durante i 23 giorni della Repubblica Partigiana. Nel Partigiano Johnny Fenoglio tratteggerà il suo professore nell’indimenticabile personaggio Monti.
Arrestato dalle SS, Chiodi riuscì, un po’ per caso, un po’ per azzardo, a fuggire e a tornare nelle Langhe, dove si unì al battaglione della III Brigata Garibaldi, nelle cui fila combatté fino alla liberazione di Torino.
Nel 1946 pubblicò un libro di memorie, con un titolo che troviamo bellissimo: Banditi!, definito da Franco Fortini «un capolavoro, che vorrei tutti leggessero». Dopo la guerra ottenne la cattedra di “Filosofia della storia”, alla Facoltà di lettere e filosofia di Torino. E qui accadde una cosa che troviamo comprensibile solo per quella legge, che ti esplicheremo tra qualche riga, per cui la cultura e l’immaginario viaggiano su sentieri e vicoli non sempre lineari e quasi mai segnati sulle mappe. Chiodi trascorse la maggior parte della propria attività di ricerca dedicandosi al pensiero di Martin Heidegger. Cosa poteva trovarci uno strenuo difensore della libertà e un combattente antifascista nel pensiero di un pusillanime filosofo nazista possiamo comprenderlo solo in virtù di quella legge.
Nel 1953 traduce magistralmente Essere e tempo. Nel 1968 è la volta di Holzwege a cui dà come titolo – in accordo con il filosofo tedesco – Sentieri interrotti. Tutto lo sforzo interpretativo di Chiodi è volto a dare una lettura positiva del pensiero di Heidegger; sforzo interessante – come dicevamo – per il percorso che segue, ma sostanzialmente inutile, perché, come ha dimostrato Luciano Parinetto, una volta depurato dalla sua metafisica, di quel pensiero non resta nulla.
Ma non sono né l’esistenzialismo né la fenomenologia di Heidegger quello che ci interessa, né qui né altrove. Quello che si sembra interessante non è l’idea pura di Heidegger, ma una cosa scoperta da Chiodi, in quanto suo traduttore. Scoperta che mette nero su bianco nell’introduzione dei Sentieri interrotti: il pensiero umano procede solo per «irriducibile erranza». La riflessione, la ricerca culturale (e, aggiungiamo, le storie e il nostro immaginario) non procedono su una via maestra, non hanno una meta predefinita da un punto A a un punto B, ma arrancano per sentieri che, interrompendosi continuamente, sviano. Alle volte, come in uno strano anello, addirittura obbligandoci a tornare sui nostri passi.
Idea che Antonio Faeti riprenderà e trasporrà in uno dei sistemi interpretativi dell’immaginario che più hanno influito sul modo in cui agiamo leggendo e raccontando.
Ethan Edwards è un uomo durissimo. Un vero bastardo, che oggi considereremmo come un fascista e un razzista, impersonato con straordinaria partecipazione da John Wayne. È uno che ha combattuto, prima nella Guerra di Secessione, e poi contro i Comanche ai quali porta un odio senza requie. È anche un cercatore (il titolo originale di Sentieri selvaggi, capolavoro assoluto del 1956 di John Ford, infatti è The Searcher) e questa è l’unico cosa che lo accumuna a Heidegger (che non era certo un combattente, ma un vile opportunista). Entrambi sono alla ricerca dell’Essere. Ethan è convinto che l’essere di cui alla ricerca, sua nipote Debbie (interpretata da una splendida Natalie Wood) rapita dai comanche, abbia un’identità precisa. Ma quell’identità è un costrutto culturale che non esiste più. Quando finalmente la ritrova dopo oltre due anni di ricerche, percorrendo piste e sentieri che ormai non pensava più l’avrebbero portato a lei, Debbie non è più ciò che Ethan pensava fosse. Cresciuta tra gli indiani, Debbie è diventata una comanche e ha modificato completamente la sua natura. Al punto che Ethan smarrito e rabbioso, vorrebbe distruggere quella nuova realtà, uccidendola. Ma la morte, e qui John Ford si dimostra incredibilmente precursore del decostruzionismo derridiano, conferirebbe all’attuale realtà di Debbie valore di verità assoluta per questo Ethan la affida a una nuova famiglia, dove probabilmente verrà ontologicamente ridefinita.
Un mondo in cui le essenze non siano determinate una volta per sempre non è però un mondo in cui Ethan, e i filosofi che lo hanno ispirato, possano trovare domicilio. La sequenza finale, con Ethan che si allontana e la porta che gli si chiude lentamente alle spalle, è come una pietra tombale sull’immagine del mondo di tutti coloro che lo guardavano con gli stessi occhi di Ethan.
Sei anni dopo i Sentieri Interrotti di Heidegger, John Ford ci dice che è tempo di gettarli nella spazzatura, perché il mondo in realtà è fatto di Sentieri selvaggi.
Questo strano anello è composto da
- Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny, Einaudi, 1968
- Pietro Chiodi, Banditi, Einaudi, 1994
- Martin Heidegger, Sentieri interrotti, La Nuova Italia, 1968
- Luciano Parinetto, Gettare Heidegger, Mimesis, 2002
- Antonio Faeti, Marion a Weimar, Bompiani, 1996
- Sentieri selvaggi di John Ford, 1956
Passeggiando, anche solo metaforicamente, per le vigne delle Langhe, e per gli aridi e polverosi sentieri del Texas, quello di cui ci viene voglia per dissetarci, è un Alta Langa Metodo Classico. Bello freddo e servito nel bicchiere giusto.
E lo beviamo alla salute di Luca Morino che ci ha spiegato che le terre di Fenoglio e il west di Ford non sono poi troppo distanti.