Rosaporno

Arabella Strange | Rorschach |

Il vero porno delle donne è il romanzo rosa. L’equivalente di quello che la pornografia significa per i maschi, e in modo sotterraneo ne plasma psiche e fantasie. Scrivo Rosa perché è quello che troverete sulla fascetta incollata sul dorso del libro, sopra l’etichetta del call number, nelle biblioteche: è un genere specifico a cui viene riservata, di solito, una scaffalatura bella grande, sconfitta per dimensioni solo da quella immensa dei Gialli.
Credo che porno e rosa siano due campi semantici apparentemente quasi opposti che in realtà condividono molti aspetti, e un diagramma di Venn rivelerebbe una sovrapposizione notevole di temi, bisogni e meccanismi.
La considerazione di partenza è che entrambe le forme narrative mi suscitano noia e disagio, la sensazione di vedere le rotelline del meccanismo che girano, che è la morte dell’interesse.

Non ho una posizione ideologica né sul porno (anche se i libri di Jenna Jameson, ex pornostar, sono decisamente inquietanti) né sulla narrativa Rosa: sono forme espressive che rispetto, anche se in entrambe vedo una forma di controllo sociale di radice patriarcale. Lei che non desidera altro che il lingam gigantesco e meraviglioso, o lei che aspetta il riscatto da un amore invincibile, che possibilmente comprenda un elevamento sociale, poco hanno a che fare con la liberazione della donna. Ma ad affascinarmi sono gli elementi così simili di forme di racconto che sembrano stare agli estremi opposti dell’asse.

Il primo elemento comune, clamoroso, è la rappresentazione stilizzata e grottesca della realtà, e il messaggio indirizzato al subconscio che sia invece tutto vero e possibile, la fantasia perfetta possa realizzarsi. Nel suo un romanzo del 1978, La vita interiore, Alberto Moravia scrive un paragrafo che riassumo a memoria, e chiedo scusa perché la mia memoria è un giardino selvatico, in cui tutto si attorciglia, ma il senso dell’episodio raccontato mi si è stampato per bene nel cervello: la protagonista, molto giovane, Desideria, si offre sessualmente a un uomo, ma lo fa per motivi di dissenso generale per l’ipocrisia della vita, ed essendo Moravia posso dire et cetera. Desideria vede negli occhi del maschio che ha davanti, e la guarda incredulo, nuda, goffamente tentatrice, la felicità che proverebbero i fanatici degli UFO se gliene passasse uno sopra la testa. Allora è tutto vero! La Troia eterna esiste! Quella che è lì per desiderarti, soddisfarti, farti godere in quanto esisti, non occorre nessuna seduzione!
Invece non esiste. Desideria si sta servendo di lui. E i vari “Damon”, “Ryan”, “Gericho” che trascinano le protagonista dei Rosa nel tumulto degli ostacoli verso il lieto fine non esistono nemmeno loro.

I nomi li ho presi da un romanzo divertentissimo e intelligente, Romanzo rosa di Stefania Bertola, che con l’escamotage di raccontare un workshop sulla scrittura dei Romanzi Melody (pseudobiblia con un nome che ne ricorda un altro, e quell’altro sarebbe se non ci fossero ragioni legali a sconsigliarlo) descrive con ironia e minuzia di dettagli la costruzione, a tavolino, di un romanzo  Rosa. «Nomi: non ricorrete, se possibile, a nomi classici, normali o comunque esistenti. Le protagoniste dei Melody devono avere nomi unici, che facciano sognare, addirittura nomi che nessuno ha mai portato nella banale vita quotidiana. Ottimi sono i nomi di fenomeni atmosferici, nomi di luoghi geografici o semplicemente parole che non sono nomi, o insiemi di sillabe che non sono parole.» I nomi di pornoattori e pornoattrici non fanno eccezione. Aidra, Amarna, Dahlia, Ria, Dillion, Proxy, Aahy, Aletta… sto scrollando una pagina chiamata “150 best pornstars”, e resto decisamente impressionata dalla sfida implicita tra Dava Foxx e Diamond Foxxx. Scegliersi un nome da pornostar sembra richiedere uno sforzo di fantasia analogo a quello degli aspiranti scrittori del Workshop Melody. E lo scopo è identico: creare una realtà separata, segreta, parallela, dove questi nomi sono plausibili, e la fantasia è reale.

Il sesso che ho fatto nella mia vita non ha assolutamente niente a che vedere con le sequenze estenuanti ed esagerate di un film porno, e le torride, tormentate, romantiche vicende dei romanzi rosa non corrispondono, per lo più, all’amore e alle relazioni che allacciamo nella vita. Non che a letto non si possa usare l’altalena o che non ci siano storie d’amore da feuilleton: ma le rappresentazioni dei due fenomeni, sesso e amore, in entrambi i casi sono incasellate da una serie di luoghi comuni.
C’è una coreografia prevedibile e tranquillizzante: nel porno c’è un set, poi le persone cominciano e interagire fisicamente. Nel romanzo rosa ci sono delle gestalt, che riassumo prendendo ancora dal romanzo di Stefania Bertola: «Situazione Uno. LEI è tenera, semplice, simpatica, fragile, dolce. […] LUI è ricco, potente, arrogante, affascinante, sexy, inavvicinabile. […] Situazione Due. LEI è la ricca figlia viziata di un miliardario, la principessa a capo di un piccolo stato, la vignaiola che produce il meglio Bordeaux della zona […] LUI è una simpatica canaglia, operaio, macchinista, cameriere, insegnante delle elementari, paggio […] ma questa è solo l’apparenza perché in realtà lui è: figlio di un industriale ricchissimo che si finge operaio per spiare l’azienda rivale, miliardario che a seguito di un grande dolore personale decide di fare il cameriere […] RICORDATE INFATTI CHE MAI, MAI, MAI UNA DONNA MELODY SI METTE CON UN UOMO DI CONDIZIONE SOCIALE INFERIORE ALLA SUA. Situazione Tre. LEI e LUI appartengono più o meno alla stessa categoria sociale e di età. Lei è comunque sempre un po’ più giovane e un po’ meno realizzata professionalmente. Non tanto, quanto basta però a fare di lui e non di lei un premio.[…]». E a questo punto arrivano gli intralci, che sono talmente ripetitivi da poter essere sintetizzati nella sessione workshop intitolato “Che cosa impedisce ai protagonisti di un Melody di amarsi senza problemi fin da pagina due?”.E segue una tassonomia completa degli incidenti, degli ostacoli e degli equivoci che separeranno gli innamorati. Sono situazioni narrative talmente comuni a questo genre da consentire a chiunque di immaginarle, talmente ripetitive da poter essere messe in un database.
E se escludiamo l’inventiva di sottogeneri come il BDSM, questo accade anche nel porno, che ci mostra in sequenze rassicuranti tutto quello che può essere fatto tra due o più persone, col limite dell’anatomia umana che ci ha dotato di un numero limitato di aperture e parti inseribili. È finto, tranquillizzante, emozionante. Prevedibile. E nella prevedibilità, ci rilassiamo.

E la scrittura? Sia nel porno sia nel rosa la scrittura è basica, ripetitiva, normalizzata. È il crescendo verso l’orgasmo finale, letterale nel porno, simbolico nel rosa. Non che nel rosa manchi il sesso, anzi, abbondano le descrizioni da metaforiche a esplicite: ma l’orgasmo finale è quello di lei, che ha trionfato su avversità, sciagure, misunderstanding e nemici per conquistare, finalmente, lui. E se nelle scene in cui Lei sente la lingua di Lui tracciarle dolcemente rune celtiche sulle cosce, be’, anche questo è un trionfo femminile.

Infatti il potere, l’equilibrio o lo scardinamento del potere, sono un altro elemento comune alle mie bolle di Venn. Chi domina? Chi viene dominato? Si può vedere nei corpi, nei loro movimenti e nella loro prossemica, sullo schermo, ma anche nelle melodrammatiche vicende del romanzo rosa. C’è sempre uno dei due che in un certo momento “sta sopra”: lei ha scoperto che lui ha quattro figli da un precedente matrimonio, lui l’ha vista fare le pulizie in un condominio. Ma le lettrici sono tranquille: alla fine l’orgasmo finale del «e vissero per sempre felici e contenti nel loro cottage nelle Highlands» arriverà.
Che soddisfazione.

Rocco Siffredi raccomandava, molto sensatamente e con un certo know how: «Non lasciate che i vostri figli imparino il sesso dai porno». Prendere sul serio le convenzioni narrative del porno o del rosa conduce, in entrambi i casi, a un disastroso rimbecillimento.
Entrambi i linguaggi fingono di raccontare qualcosa, ma la rappresentazione che ne esce è falsa come una Barbie. Se è un gioco, e nessuno si fa male, avanti. Nessuna donna pensa realmente di poter incontrare un miliardario texano di nome Karloh che, dopo una serie di colpi di scena, ex mogli vendicative, divulgazione di segreti industriali, ingiusti sospetti e chiarimenti complessi come la descrizione di un computer quantistico la sposi e la porti a vivere in un ranch con scuderia di purosangue e rampicante di rose gialle sul patio. Capita invece, davvero, che il porno lasci delle tracce neurali profonde nella fantasia degli uomini. Raramente bisognerà spiegare a una donna che si è davvero gommisti, e non CEO. di Goodyear travestiti. A quanti uomini bisogna spiegare che pum-pum-pum non è una tecnica, e, se lo è, è noiosa? O quali sono i tempi dell’orgasmo femminile? O dov’è esattamente il clitoride, e come reagisce?

E questa sì che è una scocciatura.

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