La copertina pesa almeno quanto il contenuto. Mette in primo piano, potenzia i significati. Esiste per rappresentare un mondo circoscritto al volume. È chiaro, ogni singola copertina ha una rappresentazione a sé stante ma, se è possibile individuare un pattern, un insieme di copertine produce una rappresentazione ulteriore.
Prendiamo il caso di “Linus”, leggendaria rivista mensile di fumetto. Da oltre un anno, ogni uscita è dedicato a un personaggio noto. La natura dei personaggi e la logica che guida la loro selezione sono deducibili solo affiancando i numeri, mese dopo mese. Si applichi una sorta di reverse engineering all’insieme di un anno di copertine e al suo intersecarsi con il modello normativo vigente.
Marzo 2020: il numero è dedicato a Stephen King. Singolarmente non dice nulla del pattern che sta per configurarsi. Marzo 2021: il numero è dedicato a Martin Scorsese. Si può sospettare una ridondanza, ma non ci può dire nulla del pattern configurato.
Affianchiamo tutti i nomi: Stephen King, Woody Allen, Philip K. Dick, Frida Kahlo, Diego Armando Maradona, Stanley Kubrick, Magnus, Franco Battiato, Federico Fellini, The Beatles, Bruce Lee, Lou Reed, Martin Scorsese.
Sono personaggi noti, decorati di alloro da diverse generazioni. Influenti nell’epoca delle loro azioni, ma che formano un’iconografia di un valore culturale cristallizzato nella quale si fa struttura la schiacciante dominanza del maschile. Scorrere queste copertine tutte insieme, dopo un anno di lettura, riavvalora quello schema. Al contempo altrove si allarga la consapevolezza che ci sono altre identità oltre a quel normalizzato maschile e che tali identità necessitano degli stessi spazi, meritano l’attribuzione dello stesso valore. Storie della buonanotte per bambine ribelli di Francesca Cavallo ed Elena Favilli (Mondadori, 2017), i suoi seguiti e i suoi cloni nascono e hanno successo proprio per necessità di colmare una grande assenza: nell’iconografia e nell’immaginario di ciò che ha influenza nel mondo non ci sono femmine. L’ultimo anno non manca il ricorrere del maschio come standard autorevole, detentore di saperi, cultura, responsabilità e azione. Il fenomeno è a volte messo in evidenza dal basso, in rete, con la formula #tuttimaschi. Esempi sono stati il controverso Festival della Bellezza di Verona 2020 con la sua assenza di oratrici, l’assenza di registe durante L’Est Film Festival 2020, l’assenza di esperte nel Comitato Tecnico Scientifico riunito nell’aprile 2020 a supporto della Protezione Civile per far fronte all’epidemia. Il femminile si riconosce così per la sua assenza nella rappresentazione di ciò che conta. Ne manca dunque un riconoscimento.
Eppure l’azione femminile non è assente. Per tornare a “Linus”, nell’ultimo anno tra le sue pagine è stato possibile sfogliare i nomi di diverse autrici, illustratrici e fumettiste il cui numero ci si augura sia destinato a crescere. Sperando di non saltarne nessuna (in tal caso ne sono anticipatamente mortificata) si leggono i nomi di: Loredana Lipperini, Grazia La Padula, Fumettibrutti, Tiziana Lo Porto, Leila Marzocchi, Deco, Eleonora Antonioni, Anna Cercignano, Arianna Rea, La Tram, Marianna Ignazzi, Sarah Mazzetti, Federica Del Proposto, Alice Iuri, Laura Imai Messina, Mara Cerri, Isabella Mazzanti, Maura Gancitano, Claudia Durastanti, La Came, Silvia Bizio. Ma quell’insieme di personaggi sulla copertina ha un peso, ed è schiacciante.
Non conosco i motivi specifici per cui questo è avvenuto. Non voglio lanciare accuse, creare divisioni, ricercare buone o cattive fedi, come spesso viene inteso quando si fanno osservazioni riguardo alle differenze. So che lo sbilanciamento nelle rappresentazioni riguarda tuttз, costantemente, quotidianamente. Nella migliore delle ipotesi, in assenza totale di cattiva fede, operiamo certe selezioni in modo del tutto inconsapevole, per via di quei meccanismi che regolano la nostra percezione: se ciò che ci circonda è sempre stato così, sarà molto difficile immaginare qualcosa di diverso.
È una macchina che si autoalimenta, perché chi è determinante nella selezione ha le stesse caratteristiche delle icone che sceglie: ne condivide, ovvero, il privilegio di avere influenza nel mondo. Questo meccanismo macina in maniera costante sui fronti personalissimi della nostra quotidianità, agisce in raggruppamenti sociali più o meno complessi e meno quotidiani. E non riguarda nemmeno soltanto il binomio maschile e femminile, ma ogni identità possibile, in ogni essere corpo, ogni collocarsi sociale. Ecco perché non solo devono variare le rappresentazioni, ma anche le individualità influenti su di esse. Le due cose devono andare necessariamente di pari passo. Si pensi a come lo schema standardizzato possa essere rumorosamente infranto quando vi si inserisce un’identità fortemente invisibilizzata, si pensi, per esempio, a quanto è forte l’impatto che l’attivista Sofia Righetti ha sulla copertina del 26 febbraio 2021 di “Donna Moderna”, uno spazio che è spettato finalmente anche a un corpo non conforme. Un singolo episodio è qualcosa, ma non è sufficiente. Come non sarà comunque sufficiente apprendere che quello schema formatosi nostro malgrado è insoddisfacente e ammettere il nostro privilegio sulla selezione. Non sarà facile applicare un nuovo schema più equilibrato. La rappresentazione è un processo e, come tale, sarà sempre un divenire che non basta a sé stesso. La rappresentazione è complicata, ha bisogno di uno scambio costante con l’altro da noi. Che dovrebbe occupare i nostri stessi spazi. E dato che perpetriamo lo stesso meccanismo anche nello stabilire cosa sia altro da noi, dobbiamo mettere in conto che il nostro sguardo e le rappresentazioni che tentiamo di generare saranno sempre limitati. Allora è necessario lasciare sempre spazio a disposizione di ogni individualità non influente e non rappresentata. Tra un altro anno potremo analizzare gli elementi del nuovo insieme di copertine di “Linus” e guardare ai mutamenti delle nostre personali icone. Ne valuteremo i miglioramenti e i nuovi limiti.
non sa quali siano le sue proprietà, per questo disegna. Sa soltanto che, come ogni esistenza autocosciente, è attraversata dall’essere, per questo disegna. Sa anche che il mondo così com’è l’ha determinata folle e femmina, ma, al contempo, che ogni categoria determinata socialmente va decostruita e messa in discussione a partire dalle identità coinvolte. Per questo disegna. Sa dunque di essere un’essere disegnante, ma non conoscendo le sue stesse proprietà non conosce nemmeno le proprietà del suo segno. Per questo disegna.
Una risposta su “#tuttimaschi: Un anno di copertine di Linus”
Paolo
tutti i corpi sono reali e conformi