Playlist: Ritmolento / 2

Quasi | If I Can't Dance, It's Not My Revolution |

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#16

Nel 2000 ho comprato anche io un disco che hanno comprato praticamente tutti. Si chiamava Voodoo ed era firmato da un tipo che si chiamava come un cantante partenopeo ma faceva un misto tra blues e hip hop, D’Angelo. L’ho comprato come tutti e l’ho ascoltato senza sosta. Con quel campione di Voodoo Chile in apertura che mi scatenava immediata allegria. Poi, quando ormai mi ero ascoltato più di un’ora di disco ed ero completamente ipnotizzato, entrava questo lentaccio senza titolo a chiedermi come stavo. E stavo bene. [PI]

#17

C’è una versione di Voodoo chile a cui sono particolarmente affezionato. L’ha incisa, nel 1998 in un disco che si chiama Oremi, una dea che arriva dal Benin, si chiama Angelique Kidjo e canta in Fon, yoruba, francese e inglese. L’ho sentita dal vivo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Zero in un paio di occasioni in posti poco convenzionali. Una volta ero in una cava trasformata in un anfiteatro in un parco di provincia, in un caldissimo pomeriggio di luglio, e un’altra in una chiesa per una rassegna che si chiama “La Musica dei Cieli” che, negli anni, mi ha consentito di ascoltare dal vivo – con un’acustica spesso sublime – Vinicio Capossela, Jimmy Scott, Ambrogio Sparagna e gli Avion Travel. Tutte e due le volte, se la memoria non mi inganna, Kidjo ha attaccato questo pezzo. [PI]

#18

Sempre in quegli anni, tra un millennio e l’altro, Jimmy Scott passa qualche volta da Milano dopo aver inciso Mood Indigo. L’ho intercettato un paio di volte e, in entrambe le occasioni, il concerto suonava peggio delle incisioni in studio. Per la rassegna “La Musica dei Cieli”, si esibisce in una chiesa molto brutta, accompagnato dal gruppo che era solito suonare con lui a messa. Una brutta esperienza: gli strimpellatori della domenica non sono all’altezza del gigante e, soprattutto, non hanno capito il loro ruolo. Spesso il suono è eccessivo e copre la voce. Quella voce. Per fortuna ci sono i dischi. Mood Indigo, per esempio, si apre così. [PI]

#19

Guardo poche serie e. di solito, per poche puntate. Poi, dopo che le ho viste, mi restano addosso cose marginali e poco rilevanti. Per esempio di The Following (tre dimenticabili stagioni tra il 2013 e il 2015, con Kevin Bacon e James Purefoy) mi ricordo solo che il primo episodio finisce con una cover di Angel dei Massive Attack. E, pensando al ritmolento, mi viene voglia di riascoltarla. [PI]

#20

Bella come l’altra canzone “americana” del Guccio e dedicata (vado a naso) alla stessa ragazza.
“L’altra” è Canzone delle situazioni differenti. Forse mi piace anche di più. Però quella alterna rabbia e ricordi; questa, invece, è una canzone dolce e nostalgica, fatta di attimi che tornano a parlare al protagonista (Guccini, ça va sans dire) e lo fanno per dire che loro (gli attimi) sono andati per sempre. Bene o male che sia. Il ritmo lento e la lentezza c’entrerebbero poco, non fosse che ci sono quei versi, così belli, che mi fanno pensare a quell’omone svaccato sul divano, un calice di rosso in mano, mentre pensa a un vecchio amore, fra nostalgia e dolcezza. «Ogni cosa alla lunga mi molesta / e cerco un’altra festa… / E poi le feste in fondo mi han stancato». [FB]

#21

Volevo anch’io riportare in auge Guccini in questa playlist dopo che Paolo ha tolto la prelazione sulla sua musica, ma vedo che Francesco (l’altro) mi ha preceduto. E l’ha fatto proponendo un pezzo dal disco più disperatamente ritmolento non solo dell’intera discografia gucciniana ma, azzarderei, di quella italiana tutta. Io avevo pensato invece a Via Paolo Fabbri 43, la versione originale, perché quella live é troppo scanzonata e veloce. Qui invece c’é quell’andiamo blues, con la chitarra ben appoggiata che scandisce perfettamente l’alba che sorge. E quell’autobus grasso che insegue il protagonista lungo il viale, me lo sono sempre immaginato davvero lento e rotondo, mentre sale scoppiettando dalla stessa curva della strada da cui anche il sole sta venendo su. Per quale motivo il me quattordicenne sul finire degli anni novanta, si sentisse così perfettamente rappresentato da quel lui di quarant’anni prima é tutt’ora un mistero. Di certo anch’io all’epoca danzavo spesso valzer solitari con Snoopy e con Linus (e Beetle Bailey, Hi & Lois, Lupo Alberto, Cattivik, i soldati delle Sturmtruppen…). [FP]

#22

«Sulle strade, al mattino, il troppo traffico mi sfianca. Mi innervosiscono i semafori e gli stop, e la sera ritorno con malesseri speciali. Non servono tranquillanti o terapie… Ci vuole un’altra vita». Battiato, come sempre, ha le idee chiare. Il manifesto del ritmolentista, in questa versione del 2009 riarrangiata e ricantata, quasi sussurrando. [FP]

#23

Andare a ritmolento significa per me riavvicinarsi al sé, a quel luogo che Àlvaro Mutis chiama «il proprio dominio sulla terra». Quando anni fa sono andato al cimitero monumentale di Genova, in una sorta di pellegrinaggio laico, trovata finalmente la tomba di De Andrè, mi fece molto piacere vedere le parole di questa piccola e intima canzone vicino alle miriadi di bruciature di sigaretta sul marmo. «… E dentro a una berretta nera, la tua foto da bambina, così da poter baciare ancora Genova sulla tua bocca in naftalina». [FP]

#24

Ha scritto canzoni insopportabili come Fiore di Maggio o Domenica bestiale. Ogni volta che ne sento la voce mi viene voglia di picchiarlo. Insomma, lo considero uno dei peggiori autori italiani di canzonette, però quando sento questa mi rallento in automatico e mi viene la voglia di non arrivare mai. [BB]

#25

Che poi, quando pensi a ritmolento, ti viene in mente anche l’amore, quello di corpi, lenzuola e umori. E la canzone d’amore perfetta l’ha scritta Lucio Dalla, con l’abbraccio che prima diventa languido, poi frenetico, poi appassionato, poi arriva al culmine e poi… ritorna lento. [PI]

#26

E alla fine, quel tempo dell’amore, che parte lento e cresce fino allo spasmo, è anche qui. [PI]

#27

Inertia creeps. I Massive scrivono uno dei loro pezzi più inquietanti, anche nel video, in cui tutto si corrompe, a piccoli scatti irregolari. Mezzanine è un album incredibile, l’ho comprato taroccato in Bosnia, tanti anni fa. Taroccato alla perfezione, venduto con cura e gentilezza per l’equivalente di pochi euro nei chioschi della piazza. Questo pezzo per me è il lato oscuro della lentezza che precipita in entropia e disagio. Perfetto. [AS]

#28
Oh, per me gli Ultravox son quelli di John Foxx. Senza animosità, ma anche senza doverci pensare due volte. Avevo i vinili, ho comprato il cd. Spaccano ancora .Dopo il punkissimo Ha-Ha-Ha dell’anno prima, System of romance, 1978, arriva come un’ondacascata di new wave, quando ancora era nuova, stava arrivando, e io l’aspettavo, che mi mandasse a gambe all’aria, che mi travolgesse ‘sta onda, nella mia cameretta di ragazzina. La canzone è Slow Motion: «Hush, can you feel the trees so far away? Hush, can you feel the breeze of another day?» e loro erano così, senza speranza, taglienti, confortanti per noi underdogs col cuore incasinato da amori inespressi, ansia e ossessioni. Adesso l’ascolto, e a tratti le tastiere sono un po’ troppe, ok, però che mira infallibile, che capacità di fare scuola. [AS]

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