A febbraio fa buio presto. Quando esco dal cinema non è ancora ora di cena, ma sembra già notte. È il febbraio del 1982. Ho, freschi di compimento, quattordici anni e ho appena visto il film che mi ha schiuso i mondi del metallo urlante. È stata una conquista. Sai, allora c’erano ancora i film vietati ai minori di 14 anni e Heavy Metal lo era. Che figata, mi ero visto il mio primo film vietato.
Mi sento realizzato, ma appunto, è febbraio e fa un freddo cane. Il cinema credo fosse l’Astra, in Corso Vittorio Emanuele. Sai, lo dico senza nostalgia alcuna e solo per contestualizzazione storica, il centro di Milano in quegli anni era pieno di cinema. Percorro il breve tragitto che mi separa da San Babila e mi infilo sottoterra, per prendere la metro.
Prima però mi faccio un giro in un’edicola, sai – anche su questo non ho alcuna nostalgia, anzi… – ce n’erano tantissime allora a Milano, e in quella in cui mi fermo mi capita di comprarci un volume strano. Una improbabile casa editrice milanese, si chiamava Il Momento, faceva una rivista che si chiamava “1984”, ci pubblicava sopra roba strana, che mi piaceva un sacco. Aveva un supplemento “I Grandi protagonisti del Fumetto” ed era appena uscito il n.9.
Il mondo fantastico di Scatoman. Una copertina incredibile, che sembrava una miscela esplosiva tra Bonvi e Silver. L’autore si chiamava Rand Holmes (aveva già fatto – ma questo lo scoprirò dopo – una fugace comparsa in Italia su un numero di “Cannibale” e poi non è mai uscito nient’altro di suo). Autore underground, assolutamente dimenticato dalla critica italiana e dagli editori italiani, ma che vanta un’influenza non trascurabile su autori come Bonvi (quanto gli devono gli Incubi di provincia?!), Magnus e Pazienza… e pure Scòzzari. La copertina di quel numero, tutto il numero, entrò di prepotenza nel mio archivio iconico.
C’era questa storia, Missione a Tijuana (in originale Wings over Tijuana), che si apriva con una tavola epocale. Un tipo che si sveglia dopo una probabile notte di eccessi, con un’erezione pazzesca e dice:
«Non si smolla finché non piscio! E d’altronde non posso pisciare finché non si smolla! È solo una questione di livelli!»
Poi piscia nel lavandino e va a bersi il caffè.
Il mio compañero di QUASI racconta, nel suo volume Spari d’inchiostro, appunti per un canone del fumetto che il fumetto diventa adulto nel (guarda caso!) febbraio del 1975, quando Muñoz e Sampayo pubblicano su “Alterlinus” la seconda indagine di Alack Sinner (Il caso Filmore) nella cui prima tavola si vede il detective che si sveglia, che va a pisciare e poi a fare colazione. I lettori borghesi della testata diretta da Del Buono per mesi subissarono la redazione di lettere indignate a causa di quella pisciata.
Il fumetto rispettabile aveva metabolizzato la rivoluzione del fumetto underground e i lettori si sarebbero presto abituati alle deiezioni umane usate in modo narrativo.
Ora io questa tavola me la ricordo bene. Credo di avere letto quella storia in qualche volume dedicato ad Alack Sinner dalla Milano Libri proprio negli stessi anni che mi capitò in mano Scatoman.
Quindi non vissi questa faccenda della pisciata sinneriana, come invece i lettori più grandi, come un discrimine delle mie letture. Saprò poi che la pisciata di Harold Hedd – così si chiamava il personaggio di Holmes – risaliva al 1973 e apparteneva a un universo narrativo sotterraneo rispetto a quello mainstream. Per me quelle due pisciate erano contemporanee, appartenevano a un unico immaginario.
Un immaginario che in dicembre, sempre dello stesso anno, scopro essere contenuto tutto in una rivista. Tra i giornali di mio padre recupero una strana rivista. Si chiama “Phototeca”. È un trimestrale: il titolo di quel numero recita Fruste chiapperosse e dolenti orgasmi. Ci dedico un pomeriggio. Scopro Pichard, ma soprattutto imparo (e a insegnarmelo è quel tale Ando Gilardi che la dirige) che le immagini non sono mai innocenti e non sono mai la rappresentazione della realtà. Però possono esserla una realtà.
Ognuna di quelle pisciate era una diversa realtà.
Ora capisci. Sono trentanove anni che sto cercando di elaborare queste due pisciate. Di Alack Sinner Oblomov ci ha dato l’edizione integrale e definitiva. Per favore, che un editore magnanimo, mi dia l’edizione integrale e definitiva delle avventure di Harold Hedd. Solo per la fatica che ho fatto fino a ora, me lo merito.
Non fa un cazzo da anni, ma è invecchiato lo stesso. Vive a Milano, e non potrebbe farlo in nessun’altra città italiana. Legge e parla di fumetti dal 1972 (anno in cui ancora non sapeva leggere). Ha una cattiva reputazione, ma non per merito suo. Ama e praticava la boxe, poi si è rotto. Beve tanto in compagnia di gente poco raccomandabile, tipo Paolo con il quale – per colpa di una di quelle bevute – si è ritrovato a curare QUASI.