19 luglio, sono in treno. Guardo il cellulare, vedo che il pezzo previsto per oggi è stato pubblicato. Parlo di tante cose, soprattutto di Genova, dove sto andando.
Provo a distrarmi e penso che fra poco ci sono le ferie, staccherò da tutto, anche QUASI sarà fermo in agosto. E comincio a pensare al pezzo del “Tradrittore” per settembre (sai com’è: regionale veloce non è un treno, è un ossimoro, se non ti perdi nei pensieri qui dove lo fai?). Corro alla ricerca di un’idea più leggera di quelle che il ventennale del G8 2001 mi porta.
Confesso, me ne viene una. Ricordi gli europei di calcio? A settembre sarà passata la sbornia del popoppopoppppooooopooooooo rubato ai White Stripes, quindi senza indulgere in criminalizzazioni del gaudio (festeggiare è sempre buona cosa) potrei parlare di quella sciocchezza partorita dalla FIGC prima di Italia-Belgio, quando qualcuno ebbe una pensata geniale: i giocatori italiani si sarebbero inginocchiati, ma «non si tratta comunque di un’adesione alla campagna Black Lives Matter … la squadra si inginocchierà per solidarietà con gli avversari».
Capperi, è un pezzo che si scrive da solo! La parte “ha detto” è già fatta. Per il “voleva dire” potrei giocare su quella «solidarietà con gli avversari»: ci inginocchiamo per essere vicini ai belgi? Sono discriminati? Per spirito di emulazione? Perché a stare in piedi mentre gli altri si inginocchiano si rischia la figura dei coglioni?
En passant, potrei dire che il campionato europeo poi è andato avanti, con la nostra vittoria (ecco: popoppopoppppooooopooooooo, siamo forti, siamo campioni, chi non salta inglese è ecc ecc) e gli insulti razzisti ai giocatori inglesi che hanno sbagliato i rigori decisivi dimostra, semmai, che aderire alla BLM era ed è tutt’altro che ridondante.
Solo che poi la vita ti incasina.
A Genova il 19 luglio ho partecipato a un incontro sui fatti del 2001 e la loro narrazione a fumetti (ne ha parlato Claudio, qui) e il giorno dopo sono stato in Piazza Alimonda. Ora è il 20 sera e sono ancora in treno. Per tornare a Codogno devo andare a Rogoredo e da lì prendere la coincidenza per Piacenza. Il primo regionale farà… boh, mica ricordo tutto. Di sicuro passa Tortona, Voghera, Pavia.
Il giorno dopo, a casa, faccio due conti: quando sono passato da Voghera a Youns El Boussettaoui resta sì e no mezz’ora di vita. Da lì a poco, l’assessore leghista alla sicurezza Massimo Adriatici, avvocato ed ex funzionario di polizia, lo ucciderà. Ne avrai sentito parlare.
A me, ti sembrerò strambo, questa cosa di capire che esattamente mentre sto passando in un posto è morto un essere umano mi ha sempre mandato ai matti. Ripeto, lo riconosco: è una cosa stupida e stramba. Anche ora, mentre scrivo, sta morendo qualcuno. Idem mentre tu stai leggendo: proprio ora, proprio qui. Ma non posso, non possiamo, farci nulla.
Ma torniamo all’omicidio di Voghera. Abbiamo uno che gira con una pistola carica in saccoccia. Per le strade di Voghera, dove le casalinghe sono citate come stereotipo della borghesia sempliciotta, poco colta e pure facile ad abbandonarsi a narrazioni semplici, costruite attorno all’assunto «è così perché l’hanno detto alla TV». Insomma, Adriatici cammina con la pistola in tasca a Voghera, non a Bogotà. Intanto che ci sei ascoltati questa, che dà l’idea:
E l’avvocato di Adriatici cosa dice, per difendere la scelta e il gesto del suo assistito?
HA DETTO (fonte: ilriformista.it, articolo del 24 luglio):
«aveva sempre il colpo in canna perché, quando uno è sottoposto a un addestramento da poliziotto e si porta dietro un’arma, sa che se si trova in una situazione di pericolo e stress, può andare in panico. Se togli la sicura invece si può sparare senza stress e non fare ulteriori attività che ti portino via del tempo»
Alla faccia del “processo breve”!!! Stavolta il VOLEVA DIRE lo lascio a un intenditore da cui, fosse il caso, preferirei farmi difendere (avrei poche possibilità di uscire assolto in qualsiasi processo, ma almeno potrei vivere l’esperienza col sorriso):
Lascio perdere il caso-Voghera, con tutta la scia di rabbia e tristezza che porta. E ti invito a fare altrettanto. Vedremo come finirà.
Forse è il caso di vedere un filo che unisce la campagna BLM, i giocatori italiani che s’inginocchiano a singhiozzo, l’omicidio di Voghera. Perché il punto è questo: ogni volta che si prova a iniziare un dibattito sul razzismo si accende una discussione benaltrista. Se Tizio vuole introdurre una legge contro il razzismo, Caio risponde che il problema è culturale, da affrontare con l’educazione nelle scuole. Se Sempronio propone iniziative nelle scuole, Tullio Ostilio replica che così si rischia l’indottrinamento, andando contro la libertà di pensiero e di espressione. Se Anco Marzio lancia un’iniziativa simbolica, Marco Aurelio sorride sarcastico: «i simboli non servono, ci vogliono gesti concreti!». E, bada bene, queste cose le dico per il razzismo, ma il refrain potrebbe essere proposto per l’antifascismo, i diritti LGBT e molto altro. Intendimi: l’opposizione di Caio («il problema è culturale, da affrontare con l’educazione nelle scuole») non è priva di fondatezza. Ma l’impressione è che serve sempre qualcosa di diverso. E si finisce col fare nulla…
E allora, dico io: non sarebbe invece il caso di dire che TUTTO serve? Iniziative culturali (nella scuola, nella società, per cambiare certi modi di pensare), legislazioni apposite, iniziative simboliche.
E TUTTO questo non domani: è necessario proprio qui proprio ora.
Vive una crisi di mezza età da quando era adolescente. Ora è giustificato. Ha letto un bel po’ di fumetti, meno di quanto sembra e meno di quanto vorrebbe. Ne ha pure scritti diversi, da Piazza Fontana a John Belushi passando per Carlo Giuliani (tutti per BeccoGiallo) e altri brevi, specie per il settimanale “La Lettura”. Dice sempre che scrive perché è l’unica cosa che sa fare decentemente. Gli altri pensano sia una battuta, ma lui è serio quando lo dice.