Il 18 novembre 1993, il giorno del suo quarantesimo compleanno, mentre sta ancora lavorando a From Hell e La voce del fuoco, Alan Moore si autoproclama pubblicamente mago. Dice a questo proposito in un’intervista: «Ovviamente, avere il coraggio di fare un simile, potenzialmente disastroso, salto nel buio, intellettualmente parlando, è stato grandemente agevolato dal fatto che mi trovassi in un pub per motociclisti a festeggiare il mio compleanno, i Jazz Butcher stavano suonando ed ero piuttosto ubriaco».
Uno dei motivi che lo spinsero ad approfondire la pratica magica, scaturì proprio da From Hell. Durante la stesura del fondamentale quarto capitolo, Gull dice a Netley una frase che sorprenderà anche il suo scrittore:
«Il vero posto dove gli dèi esistono indiscutibilmente è nelle nostre menti, dove sono reali al di là di ogni confutazione, in tutta la loro grandezza e mostruosità.»
Moore, stupito di quanto avesse appena scritto, si rese conto che se fosse stato sincero con se stesso fino in fondo, avrebbe dovuto valutarne attentamente tutte le implicazioni e modificare gran parte delle sue credenze.
Sommando a questo la concezione che la realtà di ognuno di noi è in gran parte nient’altro che un modello mentale in cui siamo immersi (una cosa molto vicina ai tunnel di realtà autoreferenziali di Robert Anton Wilson), concezione a cui era giunto qualche anno prima e che voleva esplicitare in Big numbers, opera incompiuta con i disegni di Bill Sienkiewicz («Quello che succede all’interno della nostra mente, anche se si tratta di allucinazioni e di fantasie, influenza le nostre azioni e poi le nostre azioni influenzano e alterano il mondo fisico. Quindi la componente immaginaria della nostra vita riveste la stessa importanza di ciò che facciamo realmente»), Moore intuì la necessità di costruire un modello del reame delle idee, una mappa per quel mondo mentale invisibile alla nostra coscienza, dal quale nascono le immagini che poi agiscono per davvero sul mondo(un altro motivo che lo spinse verso la magia fu la classica domanda dei fans: «Dove trovi le tue idee?», quesito che, a differenza di molti altri scrittori, decise di prendere alla lettera).
Ecco che allora l’opera di Moore comincia proprio in From Hell e La voce del fuoco a trasformarsi nella mappa per un approccio magico/psicogeografico alla scrittura e alla vita stessa. Una mappa in cui vivere, «in mancanza di territori che non siano soggettivi», non come un’illusione o un mondo di fantasia, ma come una realtà di cui si conoscono le conseguenze e con le cui cause si può interagire, molto più che con quelle della realtà considerata oggettiva.
Se realizziamo che l’unico luogo in cui gli dèi sono reali è la nostra mente e che in quello spazio lo sono al di là di ogni dubbio, allora la scrittura che propone e che agisce Alan Moore è il cammino sulla mappa di quel luogo. Un luogo in cui mappa e territorio sono la stessa cosa.
Moore lo chiama Idea-Spazio (una sorta di inconscio collettivo junghiano), terra in cui vive l’immaginazione e da dove essa si propaga concretamente sulla realtà.
La voce del fuoco, in quest’ottica, somiglia ad un compendio di From Hell, dove l’area negletta della nostra cultura, le cui ceneri Moore cerca di ravvivare e portare nuovamente a bruciare nell’Idea-Spazio, è finalmente quella della magia, diretta discendente del matriarcato, assecondando quella visione esoterica che vuole l’area destra del nostro cervello deputata all’intuizione e al pensiero magico, presieduta dalla luna e quindi dal femminile, e l’area sinistra, razionale e logica, sotto l’egida del sole maschile.
Scriverà anni dopo in Promethea: «(…) i maghi, di qualunque sesso siano, sono maschi. Il loro simbolo è il bastone, il membro maschile, perché sono quello che cerca di penetrare il mistero. Ma quando ci riescono allora diventano la magia, diventano il mistero, diventano quello che è stato penetrato. Diventano femmine.»
Sotto al rito patriarcale di William Gull, messo in scena dallo scrittore Moore, se ne nasconde un altro, come la fiamma sempre viva nella cenere, che svelandolo, lo contrasta, dandoci le coordinate per riconoscerlo e disinnescarlo dalla nostra coscienza. È il rituale del mago Moore, la gigantesca mappa per l’Idea Spazio del patriarcato che ha richiamato nel nostro mondo, incidendola con Eddie Campbell sulle pagine di From Hell, così da consegnare al XXI secolo la presa di coscienza di questa piaga che da millenni coltiva i nostri pensieri. Per «trasformare la realtà in una storia e la storia in realtà, come un ritratto che cerca di divorare il suo modello»
Il lieto fine regalato a Mary Jane Kelly, la quinta e ultima vittima di Jack, per la quale viene suggerita una via di fuga e una nuova vita in Irlanda, è il sigillo definitivo della sua magia.
«In mancanza di territori che non siano soggettivi, non ci rimane che vivere sulla loro mappa. L’unico dubbio che ci resta è quale mappa scegliere: i testi proposti dal resto del mondo, oppure un linguaggio più forte, di nostra stessa fattura».
Nel bellissimo libro Alan Moore: 5 interviste, curato e prodotto da smokyman nel 2019, Moore dice a proposito di From Hell: «A me sembra che si possa far risalire la maggior parte dei progressi tecnologici, politici, artistici o letterari del Ventesimo secolo al decennio del 1880. Per esempio, in quel decennio l’invasione dell’Indocina da parte della Francia portò alla guerra del Vietnam, gli esperimenti di Michelson e Morley portarono a Einstein e alla bomba atomica… mi colpì il fatto che quel decennio sembrava il ventesimo secolo in miniatura e allora forse gli omicidi di Jack lo Squartatore potevano rappresentarne la punta assoluta. Ecco come sono arrivato all’idea di From Hell: nell’ultimo omicidio William Gull si comporta più o meno come la levatrice della sanguinolenta nascita del secolo successivo. Quell’opera cercava di mostrare alle persone la connessione delle cose, le forme che esistono nella Storia, i collegamenti degli eventi… a volte coincidenze, a volte percorsi di significato. Penso che se la gente fosse in grado di vedere le cose da quella prospettiva, avrebbe un’esperienza della vita molto più ricca.»
From Hell è il cuore nero e rosso della Mappaterra del Mago. Una delle poche opere di Moore, insieme a La voce del fuoco, ambientate nella nostra realtà (più avanti arriverà anche Jerusalem, ma ci sarà tempo per parlarne). E proprio in questo cuore bollente della materia, in questa nera città dove il fuoco parla, Moore ha trovato l’Idea-Spazio, il luogo dell’immaginazione, quello apparentemente più lontano dalla realtà, ma che ne è invece componente fondamentale. Qualunque strada sceglieremo ora per proseguire, parte necessariamente da qui.
[continua]
Arnesi del cartografo
I dialoghi e gli stralci citati provengono dalle opere: From Hell (Magic Press, 2005), La voce del fuoco (Edizioni BD, 2006) e Promethea Deluxe 1 (RW Lion, 2016).
Le interviste a Moore sono tratte da Le straordinarie opere di Alan Moore di George Khoury (Black Velvet, 2011) e da Alan Moore: 5 interviste (DIART DIGITAL ART, 2019), a cura di smokyman e sul cui blog si può trovare anche l’intervista completa in cui Moore parla diffusamente della Magia.
Sull’Idea-Spazio, consiglio nuovamente il libro di John Higgs, Complotto! (NERO, 2018), dove nel quarto capitolo (“Moore e la magia”) viene riassunta benissimo, oppure il mio approfondimento a Promethea, sempre qui.
Scrive fumetti e scrive di fumetti, poi scrive anche canzoni e le canta, insieme a quelle degli altri che gli piacciono. Il suo sito è www.francescopelosi.it.