#1
Anche quando si parlava di musica, Marco Zamperini era il più sveglio di tutti. Entrava nell’ufficio in cui eravamo rinchiusi e ci portava CD che ci permettessero di togliere dal lettore i suoni snob che Riccardo ci costringeva ad ascoltare mentre srotolavamo tonnellate di linee di codice in C++ (ancora oggi Keith Jarrett mi suscita un po’ di fastidio). Era stato lui a portarci Fondamentale! vol.1 e a farci conoscere Isola Posse All Stars, Sud Sound System e Papa Ricky, e a spiegarci – con il suo tono gigione – che esisteva un rap italiano ed eravamo vecchi. Nel corso del 1993 ci aveva sganciato un paio di dischi strani. Uno era stato registrato al centro sociale Leonkavallo e rimarcava ossessivamente il nostro essere sottattacco dell’idiozia. L’altro era l’EP di esordio di un gruppo napoletano che ricordava per sonorità un gruppo di Bristol che ci aveva fatto conoscere qualche tempo prima, i Massive Attack. Quei quattro pezzi mi sono entrati dentro e, da lì in avanti, gli Almamegretta sono stati per anni il mio gruppo musicale preferito, il meglio che c’era in Italia. Li ho sentiti dal vivo decine di volte e, sempre, sono precipitato in uno stato di alterazione che mi è difficile descrivere. Ossessionato dal controllo come sono, non ho mai assunto sostanze psicotrope (per tre giorni, in seguito a un intervento, ho ingerito a intervalli regolari un antidolorifico molto potente e – decisamente inebetito – ne ho approfittato per vedere, a ciclo continuo, tutti i film del MCU, portandomi a casa una sensazione di inutilità in cui mi accoccolerò per anni).
Un concerto degli Almamegretta, a metà degli anni Novanta, era un’esperienza ipnotica. Venivi investito da suoni ritmici avvolgenti che ti scaldavano e ti costringevano a muoverti all’unisono con il mondo. In spazi così affollati da essere inverosimili oggi, ballavi, insieme a migliaia di persone che non conoscevi e che ti stavano a pochi centimetri: un ambiente di contatti morbidi completamente privo di violenza. Il pulsare ancestrale diventava cuore e il sudore che ti copriva liquido amniotico. Gli unici momenti della mia vita in cui mi sono scoperto una vena di misticismo.
Durante uno di quei concerti, ho sentito per la prima volta questa canzone. Ciao Marco. [PI]
#2
Che film incredibile Only lovers left alive. Uno dei migliori di Jim Jarmusch, sulla stessa scia che da Dead Man arriva fino a Paterson. E che protagonisti incredibili Tilda Swinton e Tom Hiddleston, perfettamente androgini e millenari. La colonna sonora, in gran parte composta e suonata dagli SQÜRL, duo formato dallo stesso Jarmusch insieme a Carter Logan, comprende anche Funnel of love, splendido esempio di Trance Music metropolitana. [FP]
#3
La prima volta che ho sentito l’ottavino di Otha Turner, circondato dalle percussioni dei suoi Afrossippi All Stars, è stato nel 2002, nella scena iniziale di Gangs of New York. Solo un anno dopo, nel documentario From Mali to Mississippi, sempre diretto da Martin Scorsese, avrei però scoperto chi era. Quei suoni tribali e ossessivi mi avevano completamente avvinto e mi precipitati subito in un negozio di dischi per ordinare il suo unico album disponibile. Dovetti farlo arrivare d’importazione. Ma la Trance Music, oltre che i generi, travalica anche le epoche. [FP]
#4
So di averla già messa in un’altra Playlist, ma la Trance è anche ripetizione. Per cui, vai ancora con la Cumbia de Villa Donde di King Coya. Non ringrazierò mai abbastanza Davide Toffolo e il suo Cammino della Cumbia, per avermela fatto scoprire. [FP]
#5/6
Qualunque pezzo per me è trance, potenzialmente. Nel senso che se mi piace tanto lo mando in loop. Ma per ore! Quando ho scritto l’ultimo pezzo di QUASI il mio loop è stato questo. Quello prima erano i Ramones. Per scrivere un pezzo mediamente ci metto quattro ore, tre servono a tagliare e a fare taglia incolla per spostare le frasi e cambiare i verbi e gli aggettivi. E più ascolto la stessa canzone, più i miei ritmi cerebrali entrano in risonanza, il mio mood cambia e divento la canzone. Gli amici mi odiano, quando mi fanno sentire un pezzo e io chiedo «scusa, me lo fai risentire?». Con loro mi mordo la lingua e non chiedo il terzo e quarto ascolto. Ma è dura. Se ci penso sono in contraddizione. Come me! [AS]
#7
Usciva venticinque anni fa, suona sempre intatta. Perfetta per guidare in piena notte senza un meta precisa. Se solo ne avessimo il tempo, per girare la notte senza meta e consumarci nel fuoco. [LC]
#8
Questa versione, mi raccomando. Anche se devo essermela già giocata in almeno altre due o tre occasioni. Però quando il basso entra bello peso, altro che trance… [LC]
#9
Anche questa me la rigioco in continuazione… Ride the spiral to the end. Solo che la fine della spirale non arriva mai. [LC]
#10
Perché domani, almeno qui dove sono io, è lunedì. Sentirsi Aguirre è un attimo. [LC]