Dioniso non andò all’Isola di Wight

Francesco Barilli | Il tradrittore |

«Maschio e femmina li creò» un par di palle, sia chiaro! Almeno stando al mito dell’androgino, raccontato da Aristofane nel Simposio di Platone.
Secondo questa narrazione, in origine ogni essere era la somma di due individualità, una coppia congiunta e dalla forma circolare. Esistevano “maschi-maschi”, “femmine-femmine” ed esseri dotati di una metà maschile e una femminile, gli androgini. Puoi sbizzarrirti a cercare on line delle immagini di come dovevano essere queste creature.
Ti sembrerà assurdo, o almeno lo sembra a me, ma con questa natura duplice gli umani erano potenti e superbi. Zeus decise di dividerli a metà, prima che riuscissero a espugnare l’Olimpo e spodestare gli dei. Una volta divisi, gli umani furono più deboli, soprattutto perché perennemente impegnati nella disperata ricerca della metà perduta. E’ quello che noi semplifichiamo nel mito “della mezza mela”, l’amore perfetto che a ognuno sarebbe destinato per sentirci nuovamente completi.
Avrai notato che il mito di Platone/Aristofane ci dice quanto, sotto il profilo dei possibili orientamenti sessuali, la civiltà ateniese fosse avanti rispetto a certi tempi bui, anche attuali. Le coppie originali maschio-maschio, femmina-femmina o maschio-femmina alludono a un’accettazione esplicita dei comportamenti sessuali dell’Atene contemporanea di Platone. Altrettanto vero è che il racconto del Simposio sembra alludere solo a una dimensione fisica del rapporto fra sessi. Il trauma originario della separazione viene risolto con un nuovo incontro fisico fra due corpi. Il mito della “mezza mela” inteso come “anima gemella” è un’interpretazione che deriva da una lettura romantica di quelle pagine. Una forzatura, per quanto legittima.
Peraltro, la visione dell’amore trasmessa da Aristofane NON esce vincente dal dialogo platonico. È solo una delle molte speculazioni su Eros presenti nel testo. Se sei proprio curioso, sappi che protagonisti del Simposio sono solo uomini, ma la voce vincente è – significativamente – quella di una donna, seppure de relato. È Socrate, infatti, a riferire ciò che gli ha insegnato Diotima.

Risparmiami un po’ di lavoro, dai. Dopotutto, QUASI è una rivista che nasce come critica del fumetto. Guarda dunque queste due tavole tratte dal Socrate realizzato da me e Alessandro Ranghiasci per Beccogiallo nel 2020 e leggi cosa disse Diotima al grande filosofo.

Tutto questo riguarda solo in parte ciò di cui voglio parlarti, figurati, l’articolo non è ancora “davvero cominciato”!
Prendi un respiro, bevi qualcosa. Consiglio un passito (io almeno sto bevendo quello) o comunque qualcosa da meditazione. Prosegui nella lettura. Perché ora, con un salto carpiato con doppio avvitamento, ti porterò in altri territori.

Devi sapere che, complice un anniversario dalla cifra tonda, mi è capitato di vedere il concerto dei Doors all’Isola di Wight, agosto 1970. Di quell’esibizione Ray Manzarek, il tastierista…

… HA DETTO:

«Jim era in una forma vocale straordinaria. Ha cantato con tutte le energie, ma senza muovere un muscolo. Dioniso era stato incatenato.»

Compito del Tradrittore è semplice. Manzarek VOLEVA DIRE:

«Jim quella volta cantò e basta. Riuscì a non mandare tutto a rotoli.»

Ma il video dell’Isola di Wight porta con sé riflessioni ed emozioni da raccontare. Sono qui per questo.
Dicevo prima dell’anniversario da cifra tonda: il 3 luglio 2021 sono passati cinquant’anni senza Jim Morrison. Della sua morte più o meno sai tutto. Bello e dannato, club dei 27 eccetera. Da pochi mesi si era trasferito a Parigi. Il corpo fu trovato nella vasca dalla sua ragazza, Pamela Courson, che lo seguirà pochi anni dopo, vittima di un’overdose.
In realtà è probabile che le cose non siano andate del tutto così. Jim forse morì altrove, in un night, pure lui per overdose come accadrà a Pamela. Qualcuno decise di nascondere l’accaduto. Il corpo fu trasportato nella vasca da bagno della casa di Rue de Beautreillis e in pochi avrebbero saputo la verità. Un segreto mantenuto per non passare guai.
Tutto questo conta poco. Prendi la descrizione qua sopra come un eccesso filologico e veniamo all’Isola di Wight. È l’ultimo dei tre grandi festival Peace and Love, almeno di quelli ricordati per aver attirato vaste masse. Monterey 1967, Woodstock 1969 e, appunto, Isola di Wight dal 26 al 30 agosto 1970.

Sai cos’è l’Isola di Wight? Lo spiegano i Dik Dik, in una cover di un brano di Michel Delpech:

«È per noi l’Isola di chi
Ha negli occhi il blu
Della gioventù
Di chi canta hippi hippi pi …»

Puoi sorridere di quei versi, non hai torto. Ma in parte sono veri. Meglio, raccontano una parte di verità, quella che spiega una vaga speranza. Oggi, non so te, ma io quei festival li penso con un misto di nostalgia e disillusione. Disillusione che in realtà si comincia a respirare già in quel momento: passeranno poche settimane e se ne andranno Jimi Hendrix (18 settembre) e Janis Joplin (4 ottobre). Morrison sembra abbia detto «state guardando il prossimo, il numero tre», non so se per dimostrare ironia o capacità divinatorie. Comunque sia, avrà ragione. L’eroina e la grana facile, la macchina capitalista del successo e la pressione che ne deriva, il tempo passa e ci si sveglia anche dai sogni più belli e profondi… Insomma, l’impero degli States sconfigge quell’esercito che voleva infilare i fiori nei cannoni, e non ha neanche bisogno di usarli, i cannoni. Non per Jimi e per Janis. E Morrison è già nel mirino dell’impero ben prima di entrare nel club 27 a Parigi. Viene colpito a Miami un anno prima.

Anche stavolta risparmiami un po’ di lavoro. Nel 2017 io e Simone Lucciola abbiamo pubblicato su Linus un fumetto in cui accennavamo a quanto successo a Miami e parlavamo della successiva breve parentesi del tour in Messico. Eccoti la prima di quelle due tavole:

L’ho presa lunga, ma almeno ti ho dato il contesto. Eccomi arrivare all’esibizione dei Doors sull’Isola «di chi ha negli occhi il blu della gioventù» ecc. ecc.
Jim e compagnia salgono sul palco verso le due del mattino del 30 agosto. Suoneranno per circa un’ora e sarà l’ultima volta in cui vengono ripresi in video (più avanti ti parlerò della loro vera ultima esperienza live).
Da anni giravano alcuni bootleg ed erano stati diffusi vari frammenti del concerto dell’agosto 70, fino alla versione uscita di recente, pressoché completa (“pressoché” nel senso che pochi brani sono filmati integralmente, gli altri sono presenti grazie a un montaggio di riprese di altri pezzi). Sta di fatto che sull’esibizione avevo letto commenti di ogni tipo. Scarsa. Eccezionale. Magica. Disastrosa.

Ecco i miei due cent. Di certo è particolare, per gli standard del gruppo, con quella luce dominante rossa. Un elemento suggestivo quanto casuale: privi del proprio impianto, i Doors devono accontentarsi delle poche luci puntate verso il palco e di un unico faro rosso. E Morrison è davvero immobile, a tratti assente, si limita a cantare e tutt’al più a fumare qualche sigaretta.
A me, ti dirò, sembra semplicemente che quella notte Jim non avesse nessuna voglia. Di cantare, certo, ma soprattutto di essere la rockstar maledetta imprevedibile eccessiva e sexy. Canta perché deve, probabilmente distratto dal processo di Miami, scoglionato per l’orario, già intenzionato di mettere fine alla sua carriera di rockstar per dedicarsi a ciò che gli interessa davvero, scrivere poesie e bere… MA. Perché c’è un MA…
Quella calma al limite dell’apatia scalda la sua voce profonda e la rende a tratti ipnotica. Brani inaspettati, come Ship Of Fools, o meno urlati come The End, con inserti da Across the Sea, Crossroads e altri, guadagnano in atmosfera. Light my Fire la canta un po’ scazzato, ma è noto che quella lui la malsopportava (e se vuoi sentire quando la canta DAVVERO scazzato prenditi il Live a Boston 1970). In generale, meno urli rabbiosi, ma quelli che servono (apertura di When the music’s over, per dire) ci sono e funzionano. Nessuna danza sciamanica. Se Dioniso è assente, neppure il Re Lucertola è invitato alla festa. Un’aura sovrannaturale sembra permeare l’esibizione, che prende un sapore strano, fra la seduta ipnotica e un addio in versi e musica. Il this is the end finale è sussurrato con un’intensità che dà i brividi. Perché meno di un anno dopo i Doors non esistono più. C’è tempo ancora per un ultimo album, un validissimo e inaspettato disco blues, L.A. Woman. Con sonorità anomale per il sound della band, Riders on the Storm conclude l’album. E il suo inquieto autostoppista assassino, col cervello che si contorce come un rospo, chiude per sempre le porte della percezione.

Eccoti la seconda tavola del fumetto del 2017.

L’ultimo concerto si tiene a New Orleans il 12 dicembre 1970. In Italia è il primo anniversario di Piazza Fontana. Nel corso delle manifestazioni in ricordo della strage, Saverio Saltarelli viene ucciso da un lacrimogeno che lo colpisce al petto.

Brutta giornata, quel 12 dicembre. E anche a New Orleans non va bene, anche se in modo molto meno tragico. Jim canta qualche pezzo. Poi, proprio durante l’ormai odiata Light My Fire, è preso da una crisi di nervi…
… No, è sbagliato dire crisi: la rockstar che Morrison non vuole più essere si disintegra sul palco. Si accascia ai piedi della batteria. Il concerto si ferma, dalla platea si levano voci di protesta. Abbiamo pagato per questa merda??? Alzati, ubriacone!!!
Voglio immaginare che Pamela l’abbia preso sotto braccio, chiedendogli «C’è qualcosa che vorresti cantare? A me puoi dirlo…» e che lui abbia risposto «Voglio andare via». Ma non andò così. Pamela è già a Parigi. È il batterista, John Densmore, a cercare di convincerlo a riprendere a cantare. Secondo alcune ricostruzioni (ma Densmore lo nega nel suo The Doors: Unhinged) è tanto esasperato da dargli un calcio nel culo. In tutta risposta Jim si rialza e con l’asta del microfono prova a sfasciare il palco… Ma sono tutte ricostruzioni, vaghe col passare degli anni e a cui sfugge la sola certezza possibile. La rockstar maledetta imprevedibile eccessiva e sexy semplicemente non c’è più. Neppure Dioniso o il Re Lucertola o Mr Mojo. Lì c’è solo Jim, ma neppure lui si riconosce. Non è un caso che amasse Rimbaud (Io è un altro): ormai neppure sa se è pezzo di legno o violino.

Poi, la partenza per Parigi, per raggiungere Pamela. Ci sono foto della breve permanenza parigina. Jim è sbarbato, sembra sereno. Un po’ gonfio, ok, ma a posto. Fa tenerezza vederlo accanto a Pam.

Al di là di varie avventure sessuali l’uno è davvero per l’altra la mezza mela mancante. Poi, credimi, non so se rincorrere Eros significa cercare di colmare una mancanza, per farci tornare completi e appagati. Per essere felici, insomma. La completezza di Jim e Pam forse era una completezza nell’infelicità. La loro storia d’amore, unica e disperata, può ancora prenderti la gola. Era quella che volevo raccontarti. Ma spazio e passito sono finiti. Sarà per un’altra volta, chissà…

Da An American Prayer:

«We’re perched headlong
On the edge of boredom
We’re reaching for death
On the end of a candle»

(Stiamo appollaiati a capofitto
Sul bordo della noia
Cerchiamo la morte
Alla fine di una candela.)

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