In una puntata precedente – Contare da sinistra – abbiamo già incrociato il neglect o eminegligenza spaziale unilaterale, facendo poco caso a come possa succedere che si lasci incompleta soltanto la parte sinistra di un disegno.
Accade a chi non ha particolari disposizioni a creare narrazioni visive e accade agli artisti. Negli ultimi 50 anni sono stati descritti nella letteratura scientifica diversi casi clinici di neglect che hanno mostrato come le creazioni di arti visive siano state spazialmente alterate per periodi più o meno lunghi.
A causare questo disordine neuropsicologico è tipicamente una lesione nel lobo parietale dell’emisfero destro del cervello che può insorgere per ictus, trauma, tumore o altri processi patologici. Nel neglect la percezione visiva è preservata ma è colpita l’attenzione spaziale, con la conseguenza di non riuscire a orientarsi verso gli stimoli e gli oggetti che si trovano nell’emispazio sinistro, controlaterale alla lesione. Una tale trascuratezza verso quello che si trova a sinistra è evidente nella copia e nella creazione di disegni come nello spostarsi urtando qualche ostacolo a sinistra, nel mangiare tralasciando il cibo nella parte sinistra del piatto oppure nella cura limitata alla parte destra del viso e del corpo. Questo ci dice che quello che non entra nel campo della nostra attenzione non viene elaborato dal nostro cervello e quindi non attrae azioni. L’attenzione traghetta alla consapevolezza ma le cose sono sempre più complesse di quello che sembra. Ci sono anche delle possibilità di elaborazione implicita: senza consapevolezza di quello che è presente nell’emispazio sinistro è possibile che l’informazione venga comunque elaborata fino a un certo livello e sia in grado di modulare le azioni. Di solito chi ha neglect non se ne rende conto e questa è chiamata anosognosia, che si riferisce al non sapere di avere un disturbo o una malattia.
«È terribile quando la mente va più veloce che mai e il corpo non prende più ordini da essa. È come essere intrappolati nel corpo di qualcun altro. Ora capisco che sono una persona scomparsa. Mi sono perso.»
Un certo grado di conoscenza di quello che gli stava accadendo era conservato in Federico Fellini dopo l’ictus che colpì il suo emisfero destro nel 1993, causando un grave deficit sensoriale (emianestesia) e motorio (emiparesi) del lato sinistro del corpo, oltre al neglect.
La descrizione del suo caso è stata pubblicata da Cantagallo e Della Sala nel 1998 e contiene oltre agli approfondimenti neuropsicologici una raccolta di disegni e di test carta e matita, che illustrano il neglect e il modo in cui il regista lo rappresentava.
Nel disegno spontaneo la porzione sinistra risultava sistematicamente più povera di dettagli rispetto alla porzione destra. Nei test, come la bisezione nella quale si richiede di tracciare un segno in corrispondenza della metà percepita di un segmento, Fellini arricchiva la porzione destra di dettagli o figure mentre la porzione sinistra oltre a essere più lunga era vuota.
Anche la lettura richiede di attraversare spazi e Fellini presentò anche una dislessia da neglect che gli faceva omettere la parte iniziale di parole o frasi mentre le scorreva.
Un certo grado di recupero fisiologico e la riabilitazione cognitiva permettono di ridurre la gravità di questi disturbi. Fellini recuperò sia il disegno sia la lettura in un paio di mesi.
Anton Räderscheidt per compensare il grave neglect per l’emispazio sinistro conseguente all’ictus che lo colpì nel 1967, dipinse più di 60 autoritratti, attraverso i quali si segue il graduale recupero.
«La riproduzione di ciò che mi circonda è una cosa maledettamente difficile. Niente sta al suo posto, niente mantiene la forma. Forse ora sarò in grado di ottenere una forma credibile se posso usare questo movimento permanente… In passato era come andare a caccia, ora sembra più come catturare una trota nell’acqua in movimento a mani nude», così l’artista descriveva quello che gli era accaduto e come stava cambiando la sua arte.
Rispetto alle opere precedenti, quelle successive all’ictus oltre a far rilevare un’asimmetria spaziale nei dettagli, mostrano figure più a contatto tra loro, meno definite, in cui la varietà dei colori e le pennellate più intense trasmettono maggiori contenuti emotivi.
Osservare queste creazioni spazialmente asimmetriche ci dimostra che il nostro cervello si adatta e continua a creare anche quando qualche sua parte è lesa e con questo suo creare in nuove condizioni continua a restituirci la fascinazione del suo stesso funzionamento.
Non si disegna dunque solo con la parte destra del cervello, come qualche teoria suggestiva può averci indotto a credere, ma ogni lobo fa la sua parte e si riaggiusta e vicaria se qualche componente viene a mancare.
Sto arrivando! poco di fumetti e quello che sa ha a che fare con la psicologia e con il modo in cui il cervello li elabora. Ne scrive nella sua rubrica “Spaziami” – che ha per sottotitolo “e di dati saziami”. Mal sopporta gli interessi personali spacciati per scienza, i sensazionalismi venduti come informazione, il gregarismo. Colleziona storie di scienziate dimenticate. La maggior parte del tempo però la trascorre lavorando come neuropsicologa clinica e a volte insegna.