«Trenta giorni ha novembre. Il tema era “Strappi”. Trenta articoli! Ma… allora… siete stupidi!»
Così ci dice quello che ancora non ha capito niente di QUASI.
«Per forza non vi legge nessuno. Avevate la possibilità di parlare della serie d’animazione di Zerocalcare, che, per l’appunto, si chiama Strappare lungo i bordi e non lo avete fatto. Lo sapete bene che tutti gli articoli che contengono il nome di quell’autore nel titolo hanno un picco di accessi. Voi VOLETE che non vi legga nessuno. Così tanto snob da ambire all’invisibilità. E sapete una cosa? Ci siete riusciti. Minuscoli! Sfamate meno del plancton e siete meno fastidiosi di un moscerino.»
Caro il nostro pedante amico immaginario,
ti dobbiamo una risposta. Non abbiamo parlato di Strappare lungo i bordi scientemente. Stefano Tevini ci aveva addirittura proposto di parlarne in “Due calci al balloon”, ma siccome Claudio, il presidente dell’associazione che ci ospita, è amico di Zerocalcare e a noi non interessa particolarmente il modo di raccontare di quell’autore, ci siamo evitati l’imbarazzo. Non potrai leggere su queste pagine la recensione di Stefano (spoiler: Strappare lungo i bordi non gli è piaciuta) e noi non abbiamo avuto il nostro articolo che avrebbe incrementato in maniera importante gli accesi a QUASI. Siamo fatti così (e puoi decidere tu se stiamo citando lo scorpione che chiede un passaggio alla rana o quella serie d’animazione sul corpo umano). Però alcune spiegazioni te le dobbiamo.
Innanzitutto ci piace dire dei nostri rapporti con Claudio Calia. Oblò APS ci ospita e ci pubblica. È sicuramente il nostro editore, perché si accolla (citiamo ZC e subito emergono lemmi usciti dritti dritti dal suo lessico) una serie di incombenze che noi non sapremmo gestire. È l’editore meno intrusivo della storia dell’editoria nazionale: ci fa fare quello che vogliamo, anche quando non è d’accordo. Va sempre tutto bene? Ma niente affatto. Litighiamo e anche con vigore e ruvidità. Ma sempre dopo, mai prima, o durante. Tutti gli articoli che trovi su QUASI sono esattamente quello che abbiamo scelto, in totale autonomia, di pubblicare. Sicuramente ci sono dei compromessi (i peggiori sono quelli di cui non siamo consapevoli), ma sono scelte nostre. Ce ne assumiamo completamente la responsabilità. Oblò APS – con il suo ostinarsi a rimanere fuori dal mercato, con la sua assenza di investitori pubblicitari, con il suo essere posizionata politicamente senza dichiarazioni o proclami – è esattamente l’editore che cercavamo. In sua assenza avremmo dovuto sperimentare l’autoproduzione e tu non avresti mai sentito parlare di una sola copia stampata della rivista. Senza un Oblò da cui affacciarsi, probabilmente, QUASI sarebbe stata davvero “la rivista che non legge nessuno”.
Poi dobbiamo dire di Zerocalcare. I suoi fumetti non ci interessano. Non è che non ci piacciano. È proprio che ci sembrano i suoi discorsi con gli amici. Abbiamo così tante ore di panche in osteria e amici così interessanti che non riusciamo a emozionarci leggendo di un tipo simpatico che ci racconta gli affari suoi e lo sguardo che getta sul mondo dal tinello di casa sua. Quando usiamo la parola “serie” per riferirci ai suoi fumetti con protagonista fisso, quando diciamo che il personaggio non è l’autore, quando affermiamo di non credere nel potere eversivo dei suoi fumetti e di trovarlo “fondamentalmente innocuo”, ecco… in tutti quei momenti lì, dobbiamo gestirci un vociare querulo di protesta da parte di individui che ci accusano o di lesa maestà o, nel migliore dei casi, di rosicare. Accidenti! Non stiamo stroncando il suo lavoro. Meglio Zerocalcare, mille volte meglio, di Makkox, Murgia e Gramellini… ma “meglio” non ci basta.
Infine vorremmo dire del nostro interesse verso la visibilità. Sia chiaro: ci piacerebbe tanto, ma proprio tanto, essere letti da un miliardo di persone. Non ce ne frega niente di avere migliaia di click, di reaction e di pageview. Sappiamo che nella rete è importante produrre contenuti e sappiamo anche che il consumo di contenuti si risolve nella timeline di app che non tollerano di essere abbandonate. Il famigerato algoritmo che consente a un post di emergere ha a che fare con la compravendita di spazi e di sguardi. QUASI non compra e non vende. Questa rivista non è un contenitore, non è un bidone in cui rovesciamo alla rinfusa notizie e gallerie. Siamo qui per fare un discorso sulle narrazioni. Vogliamo produrre senso e dialogare. Certo, vorremmo che la nostra presenza sui social funzionasse meglio (tanto è vero che, da qualche giorno, il nostro Instagram sta cominciando a muoversi grazie all’irrinunciabile apporto di Monia Marchettini, il nostro unicorno), ma non lo facciamo solo per i cuoricini e per le foto sconce mandateci dai bot come messaggi privati. Vogliamo che, in un mondo di timeline che non guarda e legge nessuno, QUASI sia letta e guardata.
(Domani inizia dicembre e noi lo dedichiamo a una signora meravigliosa che compie ottant’anni.)