Non sappiamo dove guardare. Tutto in lei scintilla.
La fascia metallica che le tiene i capelli.
Gli occhi lucenti.
Le labbra scarlatte.
I denti di perla.
I muscoli delle spalle.
L’aquila, anch’essa dorata, che le si staglia sul seno.
La cintura.
I bracciali.
Le cosce tornite.
Gli stivali lucidissimi.
Scintilla anche la fune dorata che stringe le nostre carni.
Diversi giri, intorno alle braccia e al busto. Nodi che ci mordono la pelle dove quel lazo è affondato con sicurezza. Intorno alle cosce e ai polpacci.
I nodi fanno risaltare la nostra bellezza.
Vederli, mentre spingono per entrarci dentro, è commovente.
Non tollerano menzogna. Quella corda esige un tributo di verità.
L’amazzone, la nostra padrona, lo sa. Ci guarda e sorride.
Sa anche che quei nodi sono il pegno che paghiamo al piacere.
Non sono distribuiti a caso.
Poggiano dove godiamo di più.
La fune ci si infigge tra le terga, stretta e tirata, e i nodi sono disposti perché cadano, con assoluta precisione, sui capezzoli, sulla clitoride e sullo scroto.
Ad ogni movimento dei polsi, per trovare sollievo in una posizione innaturale, si produce un po’ di attrito.
Il piacere cresce, così come il fastidio.
Dopo un po’ le membra si intorpidiscono e il fastidio sparisce.
Quando ci lanciamo con il paracadute, magari da un aereo invisibile, c’è sempre una componente di rischio.
Per godere della caduta e della paura crescente, tiriamo la fune, ogni volta, un po’ dopo.
Non sono mai i primi lanci e l’inesperienza a ucciderci.
E non moriamo neanche quando siamo molto esperti.
C’è una fase, nel mezzo, in cui ancora non abbiamo trovato il giusto equilibrio tra la paura e il piacere.
È lì che si annida il rischio.
E lì che si annoda il godimento.
Le corde ci danno piacere.
Scopare con qualcuno che desideriamo e che ha il potere assoluto sui nostri corpi: ha tirato le funi intorno alle nostre carni e ha stretto i nodi.
Non c’entra niente la fiducia. Non c’entrano le parole di sicurezza, la lucidità e l’assenza di droghe, la lama per recidere le funi in caso di emergenza. Non c’entrano i corsi di primo soccorso, il defibrillatore, l’amore e il turgore degli organi. C’entrano la paura e il desiderio.
Lasciaci leccare l’adrenalina.
Il corpo s’intorpidisce.
A un certo punto arriva il dolore alle articolazioni sollecitate in maniera innaturale.
Ma il piacere è più forte. E la paura ci fa sentire vivi.
Puntiamo ancora lo sguardo su quella fonte di lucentezza.
Lei sorride e il viso della nostra carnefice irradia dolcezza. E, mentre liberiamo le nostre secrezioni gemendo, siamo costretti a dire la verità.
Basta.
Basta.
Basta.
Ma non subito.
Noi, Rosso Foxe.