Da circa cinque anni seguo il lavoro del CISU (Centro Italiano di Studi Ufologici). L’associazione promuove un’ “ufologia critica”, dove l’UFO è appunto un oggetto volante non identificato, e non un sinonimo di astronave aliena. Lontanissimo da atteggiamenti antiscientifici, molti dei loro componenti sono decisamente scettici su questa ipotesi, e il fenomeno è studiato in tutte le sue dimensioni, compreso il suo impatto, enorme sulla cultura Fumetti inclusi.
Da infiltrata ai loro convegni ho sempre ammirato il loro rigore e la loro cura nella conservazione e catalogazione del materiale d’archivio. Quando ho pensato di scrivere di UFO e fumetti è stato naturale rivolgermi a loro.
Così ho contattato Paolo Fiorino che ha una grandissima collezione di fumetti a tema ufologico. Il suo non è un interesse fumettistico “puro”, ma come membro del CISU è interessato alla rappresentazione che i fumetti fanno degli UFO. Esattamente quello che interessa anche a me.
Intanto Fiorino mi chiarisce cosa intendono per fumetto a tema ufologico, perché in realtà non è così semplice. Innanzitutto deve comparire un UFO, che in questo mondo è sinonimo di disco volante, perché questa è l’interpretazione che a livello sociale ha avuto più fortuna. Quindi anche se il supereroe è un alieno (come Superman) vengono considerate “ufologiche” solo le avventure in cui compaiono le astronavi, i grigi, gli antichi astronauti (come gli Eterni), insomma tutto quello che possiamo considerare un «sottoprodotto ufologico e mitopoietico».
La parola “mito” non è utilizzata con leggerezza, quando parliamo di UFO parliamo di un “mito moderno” che condivide moltissimi punti con i miti antichi. Chi siamo? Da dove veniamo? Che ci facciamo qui? Cosa succede nelle parti di universo che noi non vediamo?
«Piaccia o meno, sono un mito moderno e postmoderno con cui si convive. E l’uomo, in ogni epoca, ha sempre cercato l’altro/Altro non sapendo dare risposte alle domande ultime sul senso della vita. Gli Ufo spesso rappresentano un rifugio, realtà altre. Una credenza fra le credenze. Talora una via di fuga.»
Fiorino mi spiega che proprio questa propensione alla mitologizzazione fa del tema ufologico una narrazione intramontabile che prima o poi torna sempre, arricchita anche spesso da temi in evoluzione che si ibridano anche con ipotesi cospirazioniste che i fumetti accolgono per amore della narrazione o dello “stupor”. Personalmente non mi piace credere che i fumetti “veicolino” messaggi pseudoscientifici, semplicemente perché si avvalgono di quella magia. Sospendiamo la realtà e accettiamo che Topolino porti a spasso Pluto ma conversi con Pippo (entrambi cani), o che Paperino mangi il tacchino per il Ringraziamento: possiamo anche accettare i men in black.
Proprio questa capacità del fumetto di veicolare le narrazioni più stravaganti fa in modo che i temi ufologici trattati siano tantissimi, Fiorino me ne fa un rapido elenco:
«Il tema dell’invasione è presente, ma non prioritario. Ve ne sono altri (l’esplorazione; il tema religioso del cargo cult; il controllo ad esempio di armi atomiche, la nostra evoluzione; ecc.). Con l’avvento di Roswell, gli ufo crash rivisitati, i “grigi”, le abduction, i patti scellerati e i cospirazionismi vari, i fumetti si sono adattati e questi aspetti hanno prevalso. E questo dipende spesso dagli autori (ce ne sono anche di “intrippati” ed appassionati all’argomento).»
Non potevo non chiedere come si erano evolute nel tempo le narrazioni ufologiche nei fumetti, e la risposta non mi ha stupita. Fiorino mi ricorda come le storie stiano diventando sempre più intime mentre i dischi volanti stanno un pochino scomparendo.
Avvistamenti e fumetti
L’ufologia come la conosciamo noi nasce nel 1947 quando Kenneth Arnold (un uomo d’affari americano), in volo sul suo aereo privato dichiarò di aver visto degli oggetti non identificati, nello stesso anno (8 Luglio) apparve la notizia del recupero di un velivolo a Roswell (Nuovo Messico). Arriva così per molti media, e in particolare per i fumetti, una “manna” narrativa che ancora oggi funziona.
In Italia abbiamo due grandi ondate di avvistamenti. Una nell’autunno del 1954 che coinvolse buona parte del sud del continente europeo e una seconda nel 1978 tutta italiana.
Giuseppe Stilo del CISU ha scritto diversi lavori sull’ ondata del 1954 aggiungendo anche qualche capitolo, una veloce carrellata con qualche richiamo alla trama, sui fumetti a tema ufologico usciti nel periodo.
Più si va indietro nel tempo più questi sono di difficile reperibilità. Negli anni Cinquanta i fumetti erano prodotti editoriali che in gergo conservazionistico sono chiamati “materiali effimeri”: non fatti per essere conservati, quindi oggi sono difficili da trovare. Ma la cosa che più mi ha colpito della lista di Stilo è una frase particolare: «Anche nel caso dei fumetti, a maggior ragione che per la pubblicità, la nostra conoscenza è senz’altro incompleta e, anzi, frammentaria. E, come per la pubblicità, l’impiego dell’argomento dischi volanti appare non più legato ai periodi di massimo interesse da parte del pubblico, come negli anni precedenti ma, pur accrescendosi durante tali fasi, esso è ormai una costante per tutto l’anno.» (in Il quinto cavaliere dell’Apocalisse: La grande ondata UFO del 1954 Tomo Primo pag. 575)
Quindi prima che i fumetti adottassero il tema ufologico senza preoccuparsi se questo corrispondesse a una notizia di cronaca, i fumetti si ispiravano ad avvistamenti?
Si può definire i fumetti una “reazione” alle ondate?
Ispirarsi a un evento e reagire a un evento mi sembrano due concetti diversi: in uno abbiamo un desiderio di raccontare e nell’altro un bisogno di sfogare i risultati di un’esperienza. Secondo Fiorino i fumetti non si possono considerare «comunque una “reazione” all’ondata/psicosi perché [gli UFO] sono già presenti nei fumetti fin dal 1947, ma anche molto prima (la protofantascienza italiana è poco conosciuta e apprezzata)». Pare diverso per le strisce umoristiche che dovevano colpire nel vivo il lettore e quindi si ispiravano al contemporaneo.
Sempre Giuseppe Stilo: «L’esplosione di interesse per i dischi volanti significò nel 1954 pure un’esplosione di utilizzi a fini umoristici. Se ne sono rilevati in passato sin dal 1946 – ed è difficile a volte distinguere umorismo, impiego pubblicitario e letterario – ma nell’autunno del ’54 si manifestò in maniera del tutto inatteso un piccolo fenomeno nel fenomeno, stavolta costituito dalla presenza di vignette satiriche sui “dischi” in qualche caso fino ad occupare addirittura intere pagine dei quotidiani.»
Come dicevamo prima, i fumetti sono attratti dall’ufologia per le sue potenzialità mitopoietiche, ma non si devono sottovalutare narrazioni precedenti, soprattutto se le potenzialità della narrazione ufologica vengono messe in relazione anche con alcune caratteristiche del folklore potremmo pensare che i fumetti, in qualche modo, abbiano potuto favorire gli avvistamenti, come chiarisce Fiorino: «In tutta sincerità non so darti una risposta. Nel merito concordo con il sociologo francese Bertrand Meheust che nei suoi libri Science-fiction et soucoupes volantes e Soucoupes volantes et folklore ha espresso l’idea che le produzioni di fantascienza già presenti nella prima metà del XX secolo possano rappresentare un fattore importante nella spiegazione ed influenza degli avvistamenti di UFO ma non necessariamente esserne la genesi.»
L’ondata del 1978 invece è tutta ancora da studiare, quando domando a Fiorino di quel periodo fatica a rispondermi. Il materiale c’è, ma ha ancora molta strada da fare prima di diventare uno studio che risponda a delle domande. «Nel 1978 vi sono stati fumetti che hanno ripreso o sono stati ispirati da fatti di cronaca. Tieni poi conto del grande successo del film di Spielberg Incontri ravvicinati del terzo tipo (c’è anche il fumetto). Il 1978 (1977-1979) è stato un unicum, un anno “magico” per l’ufologia in tutti i sensi, in gran parte ancora da scoprire e studiare. Su cui il CISU si sta muovendo (ma, al momento, siamo soprattutto collettori di materiale, con una documentazione a mio avviso senza pari).»
Si tratta anche di una strizzata d’occhio agli storici della scienza che potrebbero fare molto nell’ambito e si ritroverebbero con una documentazione che si avvicina moltissimo all’esaustivo. Nel suo articolo per “Il Tascabile!, “Dischi volanti sull’Italia”, Stefano Dalla Casa ci ricorda come gli eventi di quel periodo ebbero una copertura mediatica senza precedenti ispirando fumetti e film e pubblicità.
Gli antichi astronauti
Quando parliamo di antichi astronauti, riassumendo brutalmente, parliamo di civiltà che dallo spazio sarebbero venute sulla Terra a darci una mano a sviluppare diverse tecnologie. Poi, per varie ragioni (tra cui il disastro ambientale), se ne sono andati. Noi li abbiamo dimenticati (ovviamente) e abbiamo dimenticato buona parte dei loro insegnamenti (mai una gioia, gli umani), ma loro hanno lasciato delle tracce. Sulla terra hanno fondato delle città (Atlantide e Mu) che poi sono scomparse (e ti pareva?).
In realtà è molto complicato e prima di passare ai fumetti vi devo fare uno spiegone (che potete saltare se i fatti vi sono già noti) per capire meglio mi sono letta Il mistero degli antichi astronauti (2017) di Marco Ciardi, professore ordinario dell’Università di Firenze che ha scritto numerosi articoli e libri sul tema. Scopro così che uno dei primi a creare un collegamento tra Atlantide e gli alieni è stato niente meno che Mandrake che partendo per un viaggio sulla luna in The Lunar Trip (1938, uscito in Italia col titolo Mandrake sulla luna) scopre un’intera civiltà. I “Lunari” erano già stati sulla Terra che al tempo non era civilizzata, avevano fondato Atlantide e poi, a causa del disastro che l’ha affondata, erano tornati sulla Luna. La fantasia non ha confini ma questa narrazione ha effettivamente delle radici.
L’idea, un pochino snervante, che l’umano non possa avercela fatta da sé in praticamente tutti i campi che ritiene di sua competenza (dalla scienza all’arte) fa parte di un movimento filosofico-religioso chiamato “teosofia”, che è complicatissimo da spiegare (e a mio avviso decisamente sconclusionato) ma che cercherò di riassumere comunque al meglio delle mie possibilità. I seguaci di questa dottrina volevano fondere la ricerca scientifica con quella religiosa sostenendo che entrambe contengono una verità parziale. La verità sarebbe invece “rivelata” agli iniziati, tramite dei testi o direttamente a delle persone. Viene così fondata nel 1875 (a New York) la Società Teosofica. La sua fondatrice, Madame Blavatsky (1831-1891), parlava con gli spiriti. Solo nel 1919, grazie al libro di Charles Fort Il libro dei dannati, le sue vocine divennero degli alieni che conoscevano la Terra grazie ai loro passati viaggi. La domanda nasce spontanea: ma se l’ufologia è nata nel 1947 come mai gli antichi astronauti compaiono già nel 1919? Perché gli “oggetti non identificati” erano un fenomeno militare legato al volo (e spesso si pensava si trattasse di qualche oggetto/spia tedesco e poi sovietico), mentre, da molto tempo, credevamo di aver trovato gli extraterrestri su Marte
Comunque le prove del passaggio di civiltà più evolute sembrano esserci anche nei fumetti, le mostra Mik Ezdanitoff della rivista “Cometa” a TinTin (l’eroe di Hergé) e al capitano Haddock in Volo 714 destinazione Sidney (1968) in un tempio abbandonato ci sono graffiti che mostrano quelle che vengono identificate come navicelle a forma di disco volante e statue di grandi dimensioni che paiono rappresentare tizi con un casco, un microfono e una cuffia, subito collegate ai “cosmonauti”. In archeologia, c’è chi crede che le piramidi siano una conferma della permanenza di intelligenze superiori ( non umane) sulla Terra in epoche lontane, ma se le piramidi non ci bastassero c’è sempre la Lapide sepolcrale di Palenque da usare come prova. Vista in orizzontale pare che Pacal, signore della città (Palenque), sia ritratto in uno dei suoi momenti di svago mentre scorrazza a cavallo di una moto/razzo, mentre in verticale perde la sua magia e mostra Pacal morto su un altare. Io sono scettica, ma capisco se preferite la versione con la moto/razzo.
Anche Corto Maltese si avvicina al mito degli antichi astronauti, ma sempre con l’eleganza della mente che lo disegna. Hugo Pratt ci mostra Mu, non ci fa vedere gli alieni ma immerge il suo protagonista in un labirinto onirico fatto di bassorilievi parlanti, d’altronde «Questo non è un luogo comune. Questo è un luogo iniziatico per riguadagnare la dimensione perduta, quella in cui è possibile incontrare il mistero della causa dell’esistenza». Sembra teosofia ma è anche un buon riassunto dei dubbi che ci spingono a cercare noi stessi. Enrico Castelli Gattinara definisce Corto Maltese «Il classico caso del ragionevole razionalista scientifico» (“Epistemologia e scienza… per i fumetti” contenuto in A bordo della cronosfera): un individuo rispettoso delle credenze altrui, che apprezza le favole ed è un sognatore ma è ben lontano dal credere, sia a quello che gli dicono sia alle sue stesse esperienze extrasensoriali che non usa mai come dati.
Ci sono tantissime avventure di Topolino legate al mito degli antichi astronauti e in particolare al mito di Atlantide (anche nelle versioni non collegate allo spazio). Nella sua avventura Topolino e la porta del sole (sceneggiatura di Abramo e Gianpaolo Barosso e disegni di Massimo De Vita) trova tracce degli antichi astronauti: la porta che dà il titolo al fumetto non è altro che lo star-gate da cui gli alieni hanno lasciato la terra degli Inca poco prima dell’arrivo degli spagnoli. Niente… questa è proprio sfiga.
L’ultima “evoluzione” narrativa?
Paolo Fiorino mi ha ricordato che «le narrazioni di Ufo sono sempre più “intimistiche”. Al centro non c’è più il Mondo, la Terra, ma i nostri personali mondi. Un vero e proprio reflusso (e la pandemia ce lo sta purtroppo dimostrando)».
Questa frase mi ha ricordato un fumetto che ho letto recentemente e che mi ha fatto passare tre buone serate Resident Alien” di Peter Hogan e Steve Parkhouse che è diventato anche una serie televisiva di cui onestamente non so nulla. La trama del fumetto è presto detta:
Può sembrare di avere a che fare con un nuovo ET ma la narrazione più bella è quella intima, che si svolge all’interno dell’alieno, viviamo con lui i ricordi del suo pianeta, un amore perduto, la nostalgia della propria casa e il crearsi di una nuova esistenza felice lontano da questa. Siamo lontani dal buffo extraterrestre che vuole chiamare casa, quasi un bambino che ci intenerisce, ma un professionista, un biologo che si deve arrabattare per tenere nascosti i suoi sentimenti, oltre al fatto di essere glabro, viola e con le orecchie a punta.
Si tratta di una narrazione molto intima e contemporaneamente risponde alla domanda «che figura ci facciamo se gli alieni venissero a visitare veramente la terra?», mentre il Dott. Harry Vanderspiegle (il nome terrestre dell’alieno) guarisce dalla solitudine inserendosi nella comunità in cui è incappato mi è venuta in mente un’altra narrazione che sfrutta l’espediente dell’atterraggio degli alieni per parlare della nostra società: Un marziano a Roma di Ennio Flaiano.
Perché usare alieni e Ufo per parlare del nostro presente?
Socrate diceva che «Il principio di ogni conoscenza è lo stupore».
Aristotele nella sua Metafisica rincara la dose, «Ogni uomo per natura desidera di conoscere. Gli uomini, da sempre, hanno preso dalla meraviglia lo spunto per filosofare».
In un certo senso ci avvisano, se vogliamo che i nostri amici tendano le orecchie e stiano attenti a quello che abbiamo da dire loro li dobbiamo prendere per lo stupore. L’alieno può ricoprire il ruolo di portatore di luce e conoscenze avanzate (come abbiamo visto con gli antichi astronauti), tanto da creare lo stereotipo dell’alieno buono, quasi un angelo che viene ad aiutarci. Nella rivista “UFO” n. 45, Fiorino scrive: «L’insostituibile necessità per l’uomo di stupirsi (lo “stupor”) e di meravigliarsi (il “meraviglioso”), da cui nasce il “fascinoso” che da sempre trae a sé l’uomo, tanto più se curioso e aperto. Essa deve portarci a evitare di fuggire al non comprensibile, a ciò che ci sorprende, al “mistero”, all’anomalia” da questa infatti pare derivare la maggior parte della conoscenza umana.»
Questo non è uno stravagante modo di operare, moltissime opere di fantascienza o fantasy, quindi non strettamente a tema ufologico, sono fortissime critiche alla loro epoca mascherate da letteratura di svago.
In conclusione gli alieni ci servono. Servono per stupirci e per continuare a cercare risposte nel cielo, nella nostra società e dentro di noi.
Per fare questo articolo, siccome sono timida, ho bussato alla porta di un amico fenomenale, Roberto Labanti e gli ho chiesto di chiedere a Paolo Fiorino se gli andava di parlare di fumetti con me (sì, gli andava), poi gli ho chiesto materiali e poi pazienza… e lui ne ha avuta. Perciò metto qui il mio grazie a Roberto, senza di lui non ci sarebbe stato nessun articolo.
Grazie inoltre a Paolo Fiorino che ha risposto a tutte le mie domande.
Sembra una trentenne ma in realtà è un unicorno. È alla continua ricerca di cose nuove da imparare. A differenza degli altri unicorni, non servono magici aiutanti per scovarla, basta portarle una pizza.