Julie Doucet vince il Grand Prix de la ville d’Angoulême 2022

Titti Demi | La cassetta degli attrezzi |

di Titti Demi

«Non sanno proprio cosa fare con me», ebbe a dire Julie Doucet in un’intervista. Si riferiva al fatto che il suo lavoro, in Francia, era sempre sembrato fuori luogo rispetto alle norme convenzionali del fumetto. Proprio per questo lo stupore, piacevolissimo, d’averla saputa candidata al Grand Prix d’Angoulême è stato doppio.

Da una parte perché Doucet non fa più fumetti da venti anni; dall’altra perché era in gara, insieme ad altre due colleghe, per il conferimento di un premio che più istituzionale non si può e che, negli anni, è stato prettamente maschile e pure maschilista.

Proprio come il mondo del fumetto. Quello stesso mondo che, alla fine degli anni Novanta, l’ha spinta ad abbandonare quella forma che, nonostante tutto, amiamo.
E, BOOM!, il 16 marzo, in serata, ha vinto. E ha vinto in modo straordinario. E non perché ad Angoulême, dopo le grosse polemiche sul destino del festival, dovevano fare ammenda, ma perché Doucet rappresenta veramente il Meglio Del Fumetto.

Ed è emozionante vedere un’ autentica outsider vincere sull’industria culturale! Mi sento come se stessi assistendo alla vittoria della resistenza partigiana e anarchica. Dove la resistenza si è fatta sui tavoli da disegno, in un caos di pennarelli inchiostro e bottiglie di birra, con tavole zuppe di storie ironiche, sarcastiche, totalmente anarchiche nel segno, nella prospettiva, nel genere. Tavole belle perché fuori dai generi e dal genere per quanto femministe fino all’ultima goccia di nero.

Il nero con cui Doucet ha raccontato le più strampalate storie sulla sua vita personale e creativa, con una voracità che ingloba tutto. Pagine a cui dedicare un tempo lunghissimo per cogliere ogni minimo particolare. E tutto messo lì sulla carta, senza tabù, senza la minima traccia dell’odioso intimismo a cui ci stanno abituando (a me, no, mai), generazioni di fumettisti che sguazzano nell’autobiografia.

Il merito di questo premio è anche di JC Menu che, dopo anni di assoluta distanza, si è riavvicinato a L’association per costruire intorno a Doucet Maxiplotte, un libro fantastico in cui ce l’ha messa tutta intera. Da oggi la radio e la stampa francesi parlano finalmente anche delle fanzine, delle produzioni fatte in casa con la fotocopiatrice. La Francia lo doveva proprio questo premio a una che ha ricominciato a fare fumetto solo per omaggiare i suoi colleghi uccisi nella tragedia di “Charlie hebdo”

L’altra sera mentre vedevo susseguirsi i vari post sulla vittoria, ho immaginato un’estetica punk, volgare, riot che invadeva la piccola cittadina francese. Fluida, fragorosa, nera e appiccicosa come quel sangue mestruale della Doucet gigante che invade i palazzi, mentre lei esce in cerca di un tampone. Come quei fluidi del corpo che entrano nei suoi fumetti e che ci fanno godere come maialini nel leggerla.

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