Senza tornare sull’eterno confronto dei due fandom che se lo misurano tipo i maschietti al cesso col righello, c’è una vignetta di Leo Ortolani che esprime alla perfezione la differenza fra universo cinematografico DC, rappresentato da una processione di flagellanti che salmodiano «Non siamo degni», e il MCU, rappresentato da un trenino di party boys festanti che cantano «Brigitte Bardot Bardot». Al di là del fatto che la vignetta in sé fa spaccare dal ridere, c’è da dire che rende il concetto con efficacia. Con le dovute eccezioni, i film Marvel sono frizzanti e divertenti, mentre i film DC sono mediamente una menata che mondo boia levate i filtri di instagram al direttore della fotografia. Poi, l’eccezione. The Suicide Squad, di James Gunn, che non a caso viene dai Marvel Studios, e prima ancora dalla Troma. La pellicola è esilarante e, insieme allo spin off Peacemaker, rappresenta uno stacco netto dagli altri film dello stesso universo narrativo. Il problema è che Suicide Squad è molto, troppo, James Gunn. Una roba così te la fa lui, mica tutti, però il franchise lo devi portare avanti. Quindi, finita la ricreazione, tutti di nuovo in aula a fracassarci gli zebedei.
Sì, perché con The Batman, di Matt Reeves con Robert Pattinson, l’universo cinematografico DC torna a cascare, come una novella signora Longari, sulle proprie idiosincrasie ricorrenti. Ora io già li sento gli gnegnegne dei pignoli che, col ditino puntato, mi fanno notare le idee brillanti presenti nel film. Idee che non mancano, eh. Il Bruce Wayne inesperto e mangiato dal demone della vendetta che dovrà venirci a patti per diventare qualcosa di più; la community di followers dell’Enigmista che rispecchia la situazione politica degli Stati Uniti; il Pinguino di Colin Farrell e tanto altro. Ci mancherebbe. Ma l’idea non basta: l’esecuzione conta. A livello di scrittura l’alter ego di Batman è interessante. Alcune scene, come le vertigini prima di lanciarsi con il bat-mantello da scoiattolo volante perché sai sono le prime volte, danno profondità al personaggio, ma, a livello di resa sullo schermo, Bruce è un bambino emo imbronciato, truccato da panda. Voglio dire, Pattinson? Ma siamo seri? Poi io capisco le pensate da dritto tipo la polizia di Gotham che non accetta Batman che, in quanto uomo adulto vestito da pipistrello, sulla scena del delitto giustamente stona, ma se lo fai stonare troppo pare di star vedendo una puntata di LOL – chi ride è fuori. La community di followers dell’Enigmista: ideona, oh! Se non fosse tirata via e relegata a pochi veloci momenti. Il Pinguino di Farrell promosso a pieni voti ma vogliamo parlare di Catwoman? Bella bellissima ma incolore, inutile ai fini narrativi e amante dei limoni ad minchiam, senza senso né una reale costruzione narrativa. Inutile come un Alfred ridotto a soprammobile.
Questo problema di sottosviluppo dei personaggi è di per sé un punto debole. Se vogliamo poi considerare che il film sfiora di un soffio le tre ore, diventa un errore grave. Davvero non capisco a cosa serva un finale interminabile composto da una lunga serie di sottofinali di cui almeno uno insopportabilmente retorico – e qui c’era cascato già Nolan a suo tempo – quando potevi tranquillamente restringere il tutto e dedicare tutti quei minuti lì che ti avanzavano nelle tasche a sviluppare tanti punti della sceneggiatura che magari non sarebbero risultati buttati lì così, tanto per. Anche perché, così com’è, The Batman è una rottura di palle. I suoi momenti belli li ha – l’inizio per esempio, o qualche passaggio molto David Fincher qui e là – ma verso la fine, diciamo un bel pezzo prima, m’è venuto da pensare «Embè? Daje un po’ che s’è fatta una certa». Ed è un peccato perché, da un certo punto di vista, The Batman resta un passo in avanti rispetto al modello dei film tratti dai fumetti DC finora realizzati, a eccezione dei lavori di James Gunn.
L’aspetto positivo è che l’intenzione di venirne fuori c’è. L’esecuzione è ancora carente, ma volendo ci si può lavorare.
Stefano Tevini e l’Onorevole Beniamino Malacarne sono un reboot del classico Dottor Jekyll e Mister Hyde ma, invece di seguire il trend contemporaneo dell’inclusività, deviano dal canone nel fatto di essere ambedue dei fetenti. Nati entrambi nel 1981, uno è una specie di scrittore (romanzi, fumetti, articoli, quella roba lì), l’altro è un lottatore di wrestling. Tevini ti parlerà di fumetti, fantastico e simili, Malacarne di Wrestling (oltre a occuparsi della gestione operativa dei reclami e soprattutto di chi li esprime).