Quattro amici, in mansarda, giocano a carte. Fuori fa molto freddo. Mentre i quattro si guardano negli occhi, le finestre sono ben chiuse e in casa si sta bene. C’è caldo, addirittura, mentre si gioca. Si scoprono i bluff. Ci si arrabbia. Si gestisce la normale routine della complicità: i quattro sono molto amici e s’indispettiscono per l’altrui incomprensibile fortuna. Al contempo, senza spiegazione, ne godono, come accade tra chi si vuole bene. Dentro c’è un mondo caldo. All’esterno, la realtà sa essere minacciosa e fare paura. Eserciti potentissimi sperimentano armi disumane, pronti a tutto pur di mantenere la supremazia militare. Una guerra fredda, combattuta mostrando i muscoli agli opponenti e fronteggiandosi con soldati dispiegati in un mondo che, per collocarlo in uno spazio dell’indifferenza, diciamo “terzo”.
Anche in questa spaventosa condizione di tensione globale, che la radio comunica con crudeltà insopportabile, nella mansarda si sta bene. C’è caldo, l’odore del fumo delle sigarette non è pesante, il gioco è disteso. Stranamente, non ci sono alcolici sul tavolo.
Improvvisamente, inizia a nevicare.
Eppure, a Buenos Aires non nevica mai.
I quattro amici – Juan Salvo, Favalli, Lucas Herbert e Polsky – si stupiscono per la stranezza, ma mantengono la calma e il contegno. La reazione controllata salverà loro la vita. Almeno per il momento. Quei porosissimi fiocchi di neve sono mortiferi. Basta loro entrare in contatto con la pelle di chiunque per uccidere.
Da quel momento, i pochi umani che sopravvivranno alla neve assassina saranno costretti a muoversi nel mondo, con grande circospezione, coprendo il proprio corpo e il proprio volto con cura.
Fuori l’invasione è iniziata.
Quando, il 4 settembre 1957, Héctor Germán Oesterheld e Francisco Solano López iniziano a raccontare, sulle pagine di “Hora Cero Semanal”, la storia di El Eternauta, non hanno certo la sfera di cristallo. L’invasione aliena che silenziosamente stava sfiancando l’Argentina si sarebbe manifestata solo il 24 marzo 1975, diciotto anni dopo, con la presa del potere della Junta Militar de Gobierno capeggiata dal generale Videla.
Certo, Oesterheld non era un indovino. Era un narratore. Sapeva raccontare storie e prediceva il futuro. A volte, forse, senza averne piena consapevolezza. Questa sua attitudine al vaticinio gli sarebbe stata fatale. Il 21 aprile del 1977 viene prelevato da una squadra armata, uno di quei drappello di uomini senza scrupoli che arrivavano davanti alle abitazioni degli oppositori alla Giunta Criminale a bordo di una Ford Falcon verde scuro e senza targa. Una vittima della guerra sporca e nascosta che fece sparire 30.000 dissidenti tra il 1976 e il 1983. Li chiamiamo desaparecidos. Sono stati uccisi lontani dalla vista di tutti. Trentamila.
Tre mesi dopo la cattura di Oesterheld sono in Sicilia. Ho nove anni e trascorro il lungo periodo di vacanze scolastiche dai parenti a Messina. Zia Nuccia compra e colleziona i periodici Lancio. I fotoromanzi non mi interessano particolarmente – a parte “Jacques Douglas” – ma trovo irresistibile “Lanciostory”. Mia zia lo segue dal numero 0, che ha trovato allegato ai suoi amati fotoromanzi. E io con lei. Devo sfogliare quei fascicoli con attenzione, per evitare di rovinarli, ma me li lascia guardare. Mi siedo sul divano del soggiorno, con Mammagatta acciambellata accanto, e trascorro gran parte delle mie vacanze tra quelle storie e il rumore profondo e avvolgente delle fusa.
L’11 luglio 1977, sulla copertina del ventisettesimo numero di quell’annata di “Lanciostory”, viene annunciato il primo episodio dell’Eternauta. Quell’inizio è folgorante. Lo rileggerò decine di volte. Dovrò aspettare l’estate successiva per poter leggere tutta quella lunghissima storia. Quando, l’anno dopo, arrivo a Messina, mia zia ne è sconvolta. Né io né lei sospettiamo, in alcun modo, che Oesterheld ci stia raccontando l’invasione che lo ha ucciso. Non possiamo saperlo. Ci appassioniamo a quel fumetto meraviglioso e continuiamo a rileggerlo e a parlarne.
Oltre quarant’anni dopo, come un sacco di miei simili distribuiti sull’intera superficie del pianeta, mi ritrovo chiuso in casa. Posso uscire sono proteggendomi da un virus. Guanti, mascherine, liquidi igienizzanti da passarsi ovunque. Mi devo ripetere che Oesterheld non era un indovino. Era un narratore.
Quando mi accorgo di aver trovato inquietanti somiglianze tra la mia vita negli ultimi due anni e le vicende narrate nell’Eternauta mi vergogno. Mi dico che sono un idiota irresponsabile, incapace di gestire pesi e misure differenti per le tragedie della storia. Mi guardo bene dal raccontare agli amici di aver riletto L’Eternauta cercando di capire il presente spaventoso in cui viviamo: qualcuno ancora, pur senza averne alcun reale motivo, mi mostra rispetto. Però il pensiero è lì, pressante, lotta per uscire. L’Eternauta di Oesterheld e Solano López documenta il sentire di un uomo che, prima di ogni altro, ha riconosciuto la forma che il suo mondo avrebbe assunto di lì a poco, un uomo che ha visto arrivare l’invasione feroce che lo avrebbe ucciso.
Oesterheld non era un mago. Però conosceva i colpevoli. Sapeva i loro nomi e i loro cognomi, pur non avendo le prove. E loro conoscevano lui. Sapevano dove trovarlo. Sapevano dove viveva, e dove vivevano le sue quattro figlie, tutte uccise. Quel fumetto continua a essere meraviglioso. Merita che tu lo legga periodicamente e merita di essere frainteso.
Già… frainteso. Sono volubile e ci ho già ripensato. Non ha senso ch’io provi vergogna per l’aver letto quella narrazione come metafora del mio vissuto e del mio presente. Quella storia mi ha scosso, mi ha fatto piangere, ridere, godere, soffrire, urlare… Quella storia mi appartiene almeno quanto appartiene all’autore. Sicuramente è mia più di quanto lo sia di chi ne detiene per legge i diritti.
Negli ultimi due anni il mondo è cambiato tantissimo solo in apparenza. In realtà continuiamo a comportarci come sempre. Accettiamo regole e restrizioni incongrue e incomprensibili. Esprimiamo giudizi anche quando non abbiamo strumenti adeguati e conoscenze sufficienti. Tolleriamo governanti vergognosi, qualche volta li votiamo addirittura. Reagiamo alle catastrofi e alle tragedie mostrando disappunto. Ci diciamo disgustati, terrorizzati, commossi, arrabbiati… Continuamente.
Ci ritroviamo continuamente in situazioni intollerabili e schifose. Benché fossimo stati avvertiti, ci finiamo dentro continuamente.
Davvero non sapevano che la Russia avrebbe invaso l’Ucraina? Davvero non avevamo capito che Vladimir Putin è un uomo pericoloso e con troppo potere? Davvero crediamo che Volodymyr Zelensky sia meritevole di copertine che lo incensano quasi fosse una rockstar? Davvero non potevamo evitare tutto quell’orrore?
(Sta arrivando lo spoiler. Se non hai mai letto L’Eternauta, fermati qui. Hai cose più importanti da fare. Procuratene una copia e fila a fare i compiti.)
Quando, nel finale dell’Eternauta, Juan Salvo capisce di essere nel 1959, esce dall’abitazione dello sceneggiatore di fumetti, cui ha raccontato la sua incredibile storia, e, semplicemente, torna a casa.
Lo sceneggiatore, adesso, conosce il futuro. Sa che «questo significa che la nevicata mortale coprirà la terra nel 1963 e loro ci invaderanno». A quel punto, fa la sola cosa che sa fare: prende la verità e la trasforma in un fumetto. È il solo modo che conosce per rispondere alla domanda che lo paralizza: «Che fare? Che fare per evitare tutto quell’orrore? Sarà possibile evitarlo pubblicando tutto quello che l’Eternauta mi ha raccontato?»
Spoiler: NO.
I narratori non sono indovini. Ci dicono sempre tutto, ma noi, razza di deficienti, capiamo solo quando è ormai troppo tardi.
Scrive e parla, da almeno un quarto di secolo e quasi mai a sproposito, di fumetto e illustrazione . Ha imparato a districarsi nella vita, a colpi di karate, crescendo al Lazzaretto di Senago. Nonostante non viva più al Lazzaretto ha mantenuto il pessimo carattere e frequenta ancora gente poco raccomandabile, tipo Boris, con il quale, dopo una serata di quelle che non ti ricordi come sono cominciate, ha deciso di prendersi cura di (Quasi).