«Di tutti i misteri della natura, nessuno è più grande della coscienza umana» ha scritto lo psicologo canadese, nato in Estonia, Endel Tulving. Tulving ha introdotto il concetto di “coscienza autonoetica”, intesa come quella particolare capacità di apprezzare la connessione del proprio sé attuale con il futuro e con il passato. Essa si differenzia dalla forma più generale di coscienza “noetica” che è alla base della capacità di sapere che il passato e il futuro esistono assieme alle altre conoscenze sul mondo.
Quello che rende speciale la coscienza autonoetica è che costituisce la base di lancio per condurre sé stessi attraverso il viaggio mentale nel tempo, avendo la sensazione che l’evento sia accaduto o accadrà a me. Attraversare i nostri ricordi percependoci nei tempi e nei luoghi in cui li abbiamo vissuti e proiettarci verso i tempi e i luoghi in cui vivremo gli eventi futuri sono parte di uno stesso processo costruttivo reso possibile da una rete di strutture del nostro cervello in cui è centrale l’ippocampo (se vuoi, leggi anche La memoria del dentato e La leggenda di Pat Martino).
Il paziente N.N. è stato il primo in cui Tulving ha iniziato a dimostrare che l’amnesia può essere caratterizzata da un disordine della coscienza e non solo da un disordine della memoria per gli eventi passati o memoria episodica.
N.N. arrivò all’osservazione degli psicologi dell’Unità di Disturbi della Memoria di Toronto per la profonda amnesia autobiografica che aveva manifestato a seguito di un trauma cranico riportato in un incidente. Non aveva più ricordi della sua vita prima e dopo l’incidente. Il suo linguaggio e le sue conoscenze generali erano invece relativamente intatte. N.N. non aveva difficoltà nel concepire e nel rappresentare il tempo cronologico. In netto contrasto con la sua preservata conoscenza astratta del tempo, quella che era gravemente danneggiata era la sua consapevolezza del tempo soggettivo.
«Quando gli viene chiesto cosa ha fatto prima di arrivare a dove è ora, o cosa ha fatto il giorno prima, dice che non lo sa. Quando gli viene chiesto cosa farà quando uscirà da “qui”, o cosa farà “domani”, dice che non lo sa» scrive Tulving e, nello stesso articolo del 1985, riporta il seguente dialogo:
E.T.: «Riproviamo la domanda sul futuro. Cosa farà domani?»
(pausa di 15 secondi)
N.N.: un sorriso accennato, poi dice «Non lo so»
E.T.: «Ricorda la domanda?»
N.N.: «Su cosa farò domani?»
E.T.: «Sì. Come descriverebbe il suo stato mentale mentre cerca di pensarci?»
(pausa di 5 secondi)
N.N.: «Vuoto, suppongo.»
Alla richiesta di spiegare meglio cosa intendesse per “vuoto”, N.N. aveva aggiunto in seguito «è come trovarsi in una stanza in cui non c’è niente e un tipo ti dice di andare a cercare una sedia, e lì non c’è niente» e ancora «è come nuotare in mezzo a un lago. Non c’è niente lì per trattenerti o con cui fare qualcosa».
Pur conservando la sua identità personale, N.N. non era in grado di percepirsi nel passato e nel futuro. Non era in grado di ricordare alcun episodio particolare della sua vita, né di immaginare qualcosa che avrebbe potuto fare in un’occasione successiva. Sembrava vivere in un “presente permanente”.
Conservava la memoria procedurale e la memoria semantica «ma non quella episodica o coscienza autonoetica». Altre ricerche hanno poi permesso di confermare i rapporti tra coscienza e memoria e la duplice direzionalità del viaggio mentale nel tempo verso il passato episodico così come verso il futuro episodico.
Gli studi clinici di persone amnesiche ci fanno comprendere quanto i nostri ricordi di esperienze precedenti svolgano un ruolo importante nel pensare al futuro e nel trovare soluzioni a problemi.
Possiamo usare i nostri ricordi per prendere decisioni migliori.
Attrezzarci per diversificare le nostre esperienze, per condividere episodi da ricordare e per ravvivare le nostre memorie ci rifornisce di una varietà di scenari per guardare al nostro futuro.
Non possiamo proteggerci del tutto da un disfunzionamento improvviso o progressivo del nostro cervello e in quel caso ci aiuteranno gli ausili e le persone, per amore o per professione, ma di certo sta a noi restare coscienti di quanto i viaggi mentali nel passato ci permettano di orientarci verso il futuro e di immaginare episodi e cambiamenti da vivere, obiettivi da perseguire, piani da stendere, azioni da svolgere.
Sto arrivando! poco di fumetti e quello che sa ha a che fare con la psicologia e con il modo in cui il cervello li elabora. Ne scrive nella sua rubrica “Spaziami” – che ha per sottotitolo “e di dati saziami”. Mal sopporta gli interessi personali spacciati per scienza, i sensazionalismi venduti come informazione, il gregarismo. Colleziona storie di scienziate dimenticate. La maggior parte del tempo però la trascorre lavorando come neuropsicologa clinica e a volte insegna.