L’invenzione del formaggio fuso: storia de ”L’Echo des Savanes” in tre puntate / 2

Boris Battaglia | Ce ne sarà per tutti |

Due

Nella sua fondamentale biografia di Goscinny, La liberté d’en rire, Pascal Ory sostiene che tra il caporedattore di “Pilote” e Gotlib, nonostante la differenza di età fosse solo di otto anni, si era stabilita una sorta di rapporto filiale. Non so quanto questo fosse vero, quello che sappiamo per certo, soprattutto grazie alle dichiarazioni dello stesso Gotlib, è che il legame che si creò tra i due fu il più profondo di quelli che Goscinny stabilì con tutti gli autori e le autrici a cui diede spazio sulla sua rivista.
Il punto, se vogliamo seguire questa lettura di Ory (che probabilmente lo stesso Gotlib avrebbe bollato come «paccottiglia freudiana»), è che allora ci tocca ammettere che tra lui e Nikita Mandryka (la cui differenza di età era solo di sei anni) si era creata un’amicizia fraterna. Almeno fino al 1975.

Copirit di Forest

«Varlop!» è la trascrizione fonetica dell’imperativo (esortativo) del verbo varloper, che letteralmente significa piallare. Quando J.C. Forest lo utilizza come verso del suo Copirit, io lo tradurrei come «pista!». Però hai ragione. Scusami. Forse non sai di cosa sto parlando e, soprattutto, perché lo sto facendo.
Le Copirit (trascrizione fonetica dell’inglese Copyright) è uno strano animale che sa parlare (una strana lingua che è tutta una trascrizione fonetica di termini anglofrancesi) e vive in un non meglio identificato deserto. Tutti gli scienziati del mondo gli danno la caccia, ma lui è molto furbo e si prende continuamente gioco dei suoi cacciatori. Le sue avventure, raccontate da Forest, sono state pubblicate – tra l’ottobre 1952  e il marzo 1953 – sulle pagine di “Vaillant”.

C’è questo dodicenne, fanatico dei fumetti da quando suo padre gli ha regalato una copia del “Journal de Spirou” che ancora non sapeva leggere, e ora si divora “Vaillant” ogni settimana, soprattutto per leggersi le avventure del Copirit. Vive a Biserta, in Tunisia. Anche se ha la cittadinanza francese, in quella comunità fatta di arabi e francesi lui, per un terzo tedesco, per un terzo ucraino e per l’ultimo terzo russo si sente un po’ estraneo. Appartiene alla comunità di esuli installatasi in Tunisia dalla Crimea in seguito alla rivoluzione bolscevica. Una comunità abbastanza chiusa. Suo nonno, di origini tedesche, era stato un alto ufficiale della marina zarista e sua zia Anastasia Manstein-Chirinsky, che rifiutò fino alla morte la cittadinanza francese rimanendo apolide, fu una delle più attive militanti per la conservazione della memoria storica dei rifugiati della flotta zarista in Tunisia.
Per quel ragazzino identificarsi con il Copirit, un personaggio così particolarmente unico, e identificare il deserto in cui vive con le spiagge di Biserta è quasi una cosa ovvia.

«Il Copirit ero io! L ‘unico della propria specie. Un gatto. Cioè, a me sembrava un gatto, ma vallo a sapere cos’era davvero. Forse una specie di lucertola, o una tartaruga senza carapace. E se ne stava solo, completamente solo nel suo deserto. E poi c’era questo personaggio, che si chiamava Bigleux [in italiano suona un po’ come Quattrocchi], che voleva catturarlo per portarlo nella civiltà. In un certo modo rappresentava il padre, il desiderio del padre di introdurre il figlio nel mondo! Mi sono identificato subito con il Copirit
È un fumetto incredibile, ma non lo conosce nessuno. Quando si è interrotto, non potevo stare senza e allora ho deciso di continuarlo io: lo facevo sui miei quaderni di scuola e lo avevo chiamato Prospero, o qualcosa di simile, adesso non ricordo. Gli avevo tolto la coda, così, ma lo dico a posteriori, somigliava un casino al mio futuro Concombre masqué

Tex di Galep

Il signore settantenne che nel 2011 rilascia a Maël Rannou l’intervista da cui è tratto questo brano, e che era stato quel ragazzetto che sulle spiagge di Biserta leggeva con entusiasmo e immedesimazione Forest, si chiamava Nikita Mandryka.
Deciso a diventare fumettista, impara a disegnare da autodidatta, copiando senza sosta le tavole del Tex di Aurelio Galleppini. Se ti stai chiedendo come poteva un ragazzo che viveva in Tunisia conoscere Tex, beh, devi sapere che la storia editoriale in lingua francese del ranger inventato da Gian Luigi Bonelli, è lunga e complicata. Fortunatamente a me di Tex non frega proprio niente, altrimenti adesso ti toccava una di quelle mie sbrodolate tra parentesi in cui te la raccontavo e perdevamo il filo del discorso principale. Ti basti sapere che negli anni Cinquanta veniva pubblicato in Francia dalla casa editrice Lug su due testate, ”Plutos présente Tex” e “Rodeo”. La Tunisia diventerà indipendente nel 1956, fino a quella data non era raro trovare nei chioschi di Biserta e di Tunisi le pubblicazioni a fumetti dedicate ai ragazzini francesi. Non stupisce che, al netto delle verbose sceneggiature, Mandryka fosse affascinato dai magistrali disegni di Galep e si impegnasse a ricopiarli per assorbirne la tecnica. Dai quaderni di scuola a una vera e propria fanzine (realizzata con suo cugino e intitolata “Super Digest”) il passo è breve. Le sue storielle comiche piacciono molto ai compagni di scuola, questo spinge Mandryka, quando la famiglia si trasferisce a Parigi, nel 1956, a mandare le sue storie con Prospero alla redazione di “Risque Tout”.

Boff di Mandryka

Se hai letto Bande a part(e) – se non l’hai fatto rimedia appena possibile – sai chi era Georges Troisfontaines, quindi non starò a riraccontarti tutta la solfa. Quello che ci interessa qui è che “Risque Tout” fu una sua idea. L’editore Dupuis voleva un nuovo settimanale da affiancare a “Spirou” per coprire quella parte di jeunesse che la sua ammiraglia non raggiungeva (fosse mai che ci arrivassero “Vaillant” o “TinTin”!) e Troisfontaines concepisce questo gioiellino, che a guardarlo oggi non ha perso nulla della sua originalità: formato lenzuolo tipo quotidiano, stampato in offset e in quadricromia, pubblicava fumetti e articoli sulle scienze, sollecitando i propri lettori alla collaborazione. Purtroppo, ebbe vita breve e chiuse alla fine di novembre del 1956, ma proprio sugli ultimi numeri venne pubblicato il fumetto di questo lettore sedicenne con il nome un po’ strano.

Poi succede che gli anni passano, ti prendi il tuo bel Bac e devi decidere che fare della tua vita. Mandryka si iscrive all’Institut des Hautes Ètudes Cinematographies. Niente più fumetti, ha deciso di diventare regista. Ma le cose non vanno così. Da bravo studente squattrinato bazzica il quartiere latino e in particolare il bistrot “Monaco”. Uno degli avventori più assidui è il pittore Ramòn Mònzon, che sbarca il lunario disegnando fumetti per “Vaillant”. Come spesso succede nei bar, quasi per gioco, realizzano una storia breve insieme, Mandryka ai testi e Mònzon ai disegni. “Vaillant” la compra. Così, dal 1960 al 1962 la loro collaborazione diventa fissa. A un certo punto però Mandryka pensa che un po’ più di denaro gli farebbe anche comodo, perché dividere con Mònzon, visto che sa disegnare? Va in redazione e propone una storia tutta sua, il cui protagonista si chiama Boff. «Ci piace» gli dicono «faccene una mezza pagina ogni settimana». Ecco, è il 1964  e adesso il suo destino è segnato.
Come era successo per il Gai Louron di Gotlib, è tra le vignette di Boff che vede la luce, nel numero del 28 marzo 1965, quello che diventerà la vera star di Mandryka, il Concombre masquè. Mi piacerebbe dilungarmi in una articolata analisi di questo personaggio che gioca con l’antropomorfizzazione così cara al fumetto francese, traslandola dagli animali alle verdure, ma non è adesso il momento. Devo raccontarti d’altro.

Le Concombre Masqué di Mandryka

Frequentando, almeno una volta a settimana la redazione di “Vaillant”, al civico 5 di Boulevard Montmartre, Mandryka incontra spesso Gotlib e ci stringe amicizia. Nel 1966 sarà Gotlib, che ci era approdato l’anno prima, ad aprirgli le porte di “Pilote” («uno dei migliori giornali del mondo» come lo ha definito lo stesso Mandryka). Insieme, Gotlib ai testi e Mandryka ai disegni, realizzano una serie intitolata Les Clopinettes, brevissime storie, rebus, favole e leggende rivisitate in chiave folle e surreale, con toni decisamente neri, e un umorismo raffinato e, oserei dire, filosofico. Grazie alla sollecitazione di Goscinny nel 1971 Mandryka riprenderà su “Pilote” il personaggio che aveva creato per “Vaillant”: le Concombre masqué. Per ironia della sorte sarà proprio il cetriolo, un anno più tardi, la causa del loro dissidio. Ma non precorriamo i tempi. C’è una cosa importante accaduta il 21 maggio 1968 (era un martedì) di cui ti devo raccontare prima di andare avanti: la famosa riunione  alla brasserie “La Rotonde des Tuileries” situata all’angolo tra rue Saint Honoré e rue des Pyramides.

[continua]

Il disegno della testata è di Titti Demi.

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