Quando sei andato via non ho pianto. «Dai, Arianna, porca miseria! Almeno una lacrimuccia, dai! Soltanto una. Che ti costa?» Niente. Non ci sei più: non eri al Comicon, non sarai a Lucca Comics, non verrai a Napoli, non sei a Pisa, non ti ho sentito ieri, non ti sentirò domani. Eppure mi sembri presente. Sono matta? Fisicamente non sei, ma continui a essere: sei nei tuoi libri, nelle tue parole, nei tuoi disegni, nelle persone che ti hanno conosciuto e non hanno potuto non amarti, sei nei tuoi vezzeggiativi, nell’Estathé al limone, nei cuoricini e negli adesivi di Snoopy. Sei e continuerai a essere, per sempre, o almeno per me, finché ogni sera, prima di spegnere la luce, ti dedicherò un pensiero. Come quando al catechismo ci dicevano che prima di dormire dovevamo raccontare a Gesù bambino la nostra giornata e chiedergli di proteggere i nostri genitori e i fratellini e le sorelline, ecco: io, con la stessa devozione, ti racconterò i miei giorni, i miei sogni, le mie mille paure. Come abbiamo sempre fatto. Le risposte mi sembra quasi di sentirle e tutte finiscono con un: «Dai, Ariannina!» Ogni estate ti ripetevo: «Per le vacanze vorrei venire a fare due bagni da zia, così passo anche a salutare te!» Non l’ho mai fatto, non sono mai stata brava a creare le occasioni. Mi mangio le mani perché ho perso del tempo che non c’è e non ci sarà più, anche se tu, in qualche modo incredibile, sei!
Sono fortunata, perché ho conosciuto l’essere umano più buono del mondo e ho potuto chiamarlo “amico”, anche se ora non sono più tanto convinta fossi umano: mica si può essere veramente così buoni, eh?
Mi manchi tanto, Tippì,
Ora piango,
Tua, Ariannina.