di Ivan Ferrara
Ero al primo anno di illustrazione e Tuono venne a scuola a presentare il suo ultimo libro, Garibaldi. All’ingresso avevano affisso un poster che lo raffigurava con fascia sulla fronte e racchetta da tennis sulla spalla. Il mio insegnante, per gioco, pronunciava il suo nome con un finto accento straniero: Tuno Pedinado, diceva, quasi come se quel manifesto affermasse implicitamente che con lui si poteva scherzare, che era un amico. Durante l’incontro con la classe di fumetto raccontò un sacco di aneddoti riguardo i suoi inizi con le autoproduzioni. Io lo ascoltavo dall’aula affianco mentre terminavo alcuni esercizi arretrati. È così che ho conosciuto Tuono. Qualche anno dopo, al Napoli Comicon, presi Nevermind, incuriosito dal modo con cui aveva raccontato il rapporto tra Kurt Cobain e il suo amico immaginario, rappresentato graficamente come la tigre del fumetto Calvin & Hobbes. Ero in fila per la dedica e mi presentai. Dopo Nevermind non ho più letto niente di Tuono: di solito, quando apprezzo particolarmente un autore decido di non “accanirmi” nella lettura dei suoi libri, preferisco, invece, cercare altro, provando a sfamare quella insaziabile fame di ricerca che sento dentro. Negli anni, passare a salutarlo ai vari stand era diventata una tappa fissa. Qualche chiacchiera, mai banale, anzi, sarei rimasto lì per ore ma non volevo rubargli troppo tempo (in napoletano si usa l’espressione “intalliare”). La mia amica Rachele, fumettista e pisana di adozione, mi aveva consigliato più di una volta di contattarlo su Facebook per parlagli dei miei dubbi, delle mie perplessità legate al mestiere del fumetto. Anche il quel caso non mi andava di “intalliarlo” con sciocchezze da esordiente. Sapevo che mi avrebbe aiutato ma proprio quel suo modo di fare gentile e disponibile creava in me una curiosa timidezza. Quando molti anni dopo finalmente mi decisi di chiedergli di partecipare come ospite nel nuovo numero di “Macondo”, autoproduzione del collettivo di cui faccio parte, seppi che non stava bene. Mi ero quindi riproposto di parlagliene di persona, magari durante la prima fiera in presenza post pandemia. L’occasione non c’è stata. Ora mi pento di tutte quelle volte in cui avrei potuto “intalliarlo” e farmi aiutare a diventare un autore migliore. Restano i suoi fumetti, che sto recuperando un po’ alla volta per provare a riempire il vuoto che mi ha lasciato dentro. Intanto il nuovo numero di “Macondo” è uscito e “A Tuono Pettinato” è scritto sulla prima pagina.