Tre a uno

Rosso Foxe | Quasiamore |
i disegni sono di Titti Demi

«Tre a uno!»
È il grido di esultanza che una delle persone che si sta rotolando tra le lenzuola con noi rivolge a un’altra. Il vanto per la multiorgasmia ci spegne le voglie e le intenzioni. La gara a chi viene di più ci fa perdere la concentrazione. Ci alziamo dal letto e abbandoniamo il parco giochi. Raccogliamo i vestiti da terra e ci spostiamo in sala alla ricerca di una bottiglia ancora da stappare e dei nostri bicchieri. Siamo qui per vivere il piacere, non per censirlo.
Pare quasi che fare l’amore sia una gara ai punti. Una sequenza di tacche, incise con una lama affilata nel cuoio della cintura. «Abbiamo scopato tre volte!», «Sei volte!», «Otto volte!», «Quindici volte!»…

Ma, maledetta la divinità cui rivolgono devozione, cosa cazzo significa? Cosa stanno contando?
Glielo diciamo noi. Sono persi nell’enumerazione puntuale degli orgasmi. Anzi, più precisamente, maschilisti e maschiliste come sono, delle eiaculazioni.

Facci caso: «Abbiamo scopato tre volte!» significa che lui è venuto tre volte. Come se il piacere maschile fosse l’unità di misura dell’amore: la sborrata di platino-iridio custodita a Sèvres, presso Parigi.
La centralità dell’orgasmo maschile – e, solo come fenomeno contrapposto, di quello femminile, in particolar modo nei casi di orgasmo multiplo – trasforma la sessualità in una sorta di catena di montaggio. Gli studi sull’efficienza produttiva di Taylor e di Ford, applicati ai nostri sensi: prima ci sono i preliminari, poi arriva la penetrazione, poi si possono fare alcune posizioni, quindi si arriva all’orgasmo e all’eiaculazione, e infine le coccole (o, nei casi di barbarie dell’animo, alla sigaretta postcoitale). Una volta! Tac! Segno sulla cintura.
Se ci liberassimo da questa ossessione numerica, se fossimo capaci di godere del nostro corpo, potremmo considerare amore tutto quello che facciamo da quando comincia il gioco.

L’amore nasce sempre dalle parole. Il sesso non inizia quando due corpi si accarezzano per la prima volta, quando le mani corrono sulla schiena, sulle cosce, sul petto, sulla pancia, sul pube. Due (o più) persone, spinte da consapevolezza e desiderio, iniziano ad amarsi quando comincia il rito della contrattazione e del consenso.
Adesso che si avvicina il periodo degli amori veloci, e quasi rapaci, sarebbe assai utile una simbologia capace di accelerare le nostre relazioni, facilitare la contrattazione e ridurre le comprensibili delusioni. Ogni individuo dovrebbe avere una maglietta con impressa una tabellina che indica pronome, ruolo e identità di genere, orientamento sessuale e affettivo, numero e genere delle persone desiderate, pratiche amate e livello di esperienza, divieti e vincoli. Un’esposizione di requisiti contrattuali da sovrapporre per semplificare l’esistenza. Che noia!

I preliminari non esistono, la penetrazione non è lo scopo del gioco, l’orgasmo non indica alcuna qualità.
L’amore inizia da subito. Quando ci suggeriamo che forse è il caso di stenderci un attimo sul letto, perché bisogna liberarsi dalla stanchezza; o prima, quando ci offriamo un bicchiere di succo di mango e cerchiamo di sederci il più vicino possibile; quando entriamo in casa e non riusciamo a staccarci gli occhi desideranti da dosso; quando sulle scale, nonostante i bagagli, facciamo di tutto per starci accanto; quando in strada caracollando il trolley continuiamo ad allungare la mano per sfiorarci; quando ci abbracciamo per la prima volta e cerchiamo di riempirci naso e polmoni degli odori della pelle sudata per le ore di treno, di aereo; quando ci riconosciamo in stazione e quei corpi, così vivi, sono tutto quello che abbiamo sempre cercato; quando ci siamo conosciuti con calma, un giorno alla volta, un messaggio alla volta, usando una chat come fosse uno scambio epistolare settecentesco; quando il mondo, in un atto di felicità insperata, improvvisa e insensata, ci ha fatto incrociare.

I disegni sono di Titti Demi

Tre e uno.

Mi sveglio e sono le tre e un minuto. Per la medicina cinese è l’ora in cui ci si sveglia quando si hanno problemi al fegato. Ma non è il fegato. È lo scirocco caldo dell’Africa che ci incolla la pelle: due corpi insieme nello stesso letto, incastrati perfettamente. Sono le tre. Faccio movimenti lenti. Allungo una gamba, distendo l’altra. Sento che il corpo che mi respira affianco, si muove allo stesso ritmo, ancora nel sonno.

È notte piena, alle tre di mattina, anche se il cielo è di quel blu che presto volge verso il rosa dell’alba. Una mano sull’anca, una carezza. So che siamo svegli in due, e non importa chi ha svegliato chi. Sono passati pochi minuti dalle tre, ma non ho nessun primato, non ho vinto la sveglia d’oro. Sono finalmente Noi: corpi svegli, poco prima dell’alba. Ed è subito un cercarsi e annusarsi. Fosse il fegato sarebbe meno bello, fosse il fegato sarebbe solitudine.

Invece è l’amore, che ci fa aprire gli occhi e dice «Ciao», alle tre del mattino.

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(Quasi)