Ha compiuto 104 anni il 15 luglio ed è ancora attiva al Neuro – Università McGill di Montreal, lo storico istituto di Neuroscienze canadese. In una delle foto pubbliche recenti è ritratta pochi giorni prima di diventare una splendida centenaria mentre guarda alla tv la partita dei mondiali di calcio 2018 tra Colombia e Inghilterra giunte agli ottavi di finale. L’Inghilterra, vincendo ai rigori, passò ai quarti e poi alle semifinali, piazzandosi al quarto posto in un mondiale vinto dalla Francia. Nel 1982 l’Inghilterra, non avendo segnato nella partita contro la Spagna, non raggiunse le semifinali.
Brenda Milner è di origine inglese ma ha condotto a Montreal le ricerche pionieristiche che hanno portato a cambiare radicalmente le conoscenze sul funzionamento del nostro cervello e il rapporto tra i due emisferi cerebrali.
Nella sua autobiografia del 1998 scrive «non c’era nulla nel mio retroterra che potesse predire una carriera nelle scienze. Sono nata a Manchester, in Inghilterra, nel luglio del 1918, figlia unica di Samuel Langford, critico musicale del Manchester Guardian, e di Leslie Doig […] che aveva 23 anni meno di mio padre, proveniva da una famiglia a pezzi. […] La loro vita insieme era dominata dalla musica, ed è stata un’amara delusione per loro scoprire che non avevo assolutamente alcuna attitudine musicale.»
Quel fatidico 1982, Milner presenta una sintesi dei suoi lavori più importanti sulle funzioni dei lobi frontali, pubblicata su Philosophical Transactions della Royal Society proprio un paio di settimane prima della finale del mondiale che si sarebbe concluso l’11 luglio con il 3 a 1 Italia-Germania e della conseguente esplosione di festeggiamenti rimasti vividi nelle nostre memorie. Si tratta di uno di quegli eventi memorabili di cui ci sembra di ricordare tutti i particolari – dove eravamo, con chi, cosa abbiamo fatto – ma in realtà molti ce li inventiamo ogni volta che ne ricostruiamo il ricordo. Questo accade perché le strutture del nostro cervello che registrano le nostre memorie non funzionano come diari da cui estrarre quella pagina dal passato ma forniscono in più reti le tracce che poi sono riassemblate dall’ippocampo nel momento in cui recuperiamo e riviviamo quel ricordo del nostro passato.
Brenda Milner è stata resa famosa dagli studi sulla memoria intrecciati in una potente narrazione che ha accompagnato, soprattutto negli ultimi suoi anni, Henry Molaison (1926-2008), diventato amnesico dopo la resezione di entrambi i lobi temporali effettuata nel 1953 come terapia neurochirurgica di un’epilessia farmacoresistente. HM è diventato così saliente da sembrare l’unico paziente mai studiato e invece per arrivare a risultati affidabili, anche i risultati clinici devono essere replicati: sono stati studiati nel corso degli anni molti pazienti con lesioni nelle stesse regioni o in aree più o meno spazialmente distanti. Solo così si è potuto accertare che in determinate strutture del lobo temporale risiedono le memorie e non in altre aree e si continua a studiarne i meccanismi di funzionamento.
Venti anni prima del nostro indimenticabile mondiale di Spagna, a partire da un simposio tenuto all’università della Pennsylvania nel 1962, Brenda Milner traccia le linee di quel capitolo dal titolo “Alcuni effetti della lobectomia frontale nell’uomo”, pubblicato poi nel 1964 nel volume The Frontal Granular Cortex and Behavior, che è considerato il primo studio sistematico dell’effetto delle resezioni del lobo frontale sulla cognizione nei soggetti umani. Fino ad allora le conoscenze sul funzionamento del lobo frontale erano molto limitate e c’era un consenso generale sul fatto che tale area del nostro cervello non giocasse un ruolo chiave nella cognizione. Inoltre, rispetto alle descrizioni precedenti, i pazienti studiati da Milner avevano delle resezioni neurochirurgiche delimitate e le estensioni delle lesioni venivano accuratamente riportate in appositi diagrammi.
Gli studi pionieristici di Brenda Milner furono l’inizio di quattro decenni di ricerche sui lobi frontali descritti in 23 articoli scientifici che hanno documentato scoperte straordinarie. Tali studi hanno dimostrato non solo che i lobi frontali svolgono importanti funzioni cognitive per la nostra sopravvivenza ma che tali funzioni sono ampie e differenziate tra le varie regioni del lobo frontale, che esiste una specializzazione complementare dei lobi frontali destro e sinistro e che le loro funzioni sono dissociate da quelle degli altri lobi ma sono con queste integrate. Inoltre, gli studi di Milner hanno pioneristicamente mostrato le somiglianze negli effetti delle lesioni del lobo frontale tra esseri umani e altri animali.
Per tutto questo Brenda Milner ha avuto e continua ad avere riconoscimenti in tutto il mondo. Non ha ricevuto il Premio Nobel ma nel 2014 le è stato conferito il prestigioso Premio Kavli: la foto della cerimonia ben rappresenta quali siano le tonalità usualmente seguite nell’assegnazione dei premi scientifici.
Il fascino della neuropsicologia è che parte dall’invenzione o dall’assemblaggio di espedienti semplici per misurare il disfunzionamento di aree cerebrali colpite da un’alterazione.
Brenda Milner iniziò a somministrare test quando era ancora in Inghilterra ed entrò a far parte di un gruppo che, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, si occupò, continuando a mantenere la sua indipendenza scientifica, di sviluppare e applicare prove psicometriche per selezionare l’equipaggio aereo con particolare attenzione alle specificità richieste per i piloti di caccia.
Negli studi sui lobi frontali uno dei compiti sviluppati da Brenda Milner riguardava la fluidità grafica oltre alla fluidità verbale. Si tratta di prove sensibili e specifiche usate ancora oggi nell’esame neuropsicologico.
Per esaminare la fluidità verbale, Milner chiedeva ai pazienti con lesioni frontali sinistre di produrre quante più parole possibile in pochi minuti a partire da alcune lettere iniziali predeterminate. A differenza dei pazienti con lesioni temporali, le persone che presentavano gli esiti di una lesione frontale producevano meno parole, difatti dimostrando una ridotta fluidità verbale. Inoltre, potevano ripetere più volte la stessa parola, producendo delle perseverazioni. Cosa accadeva nel caso di lesione del lobo frontale destro? Le persone con lesioni frontali destre presentavano una normale fluidità verbale ma a un nuovo compito ideato per misurare la fluidità grafica rivelarono una compromissione. In tale compito Milner chiedeva ai pazienti, analogamente alla prova di fluidità verbale, di produrre quanti più disegni possibile in cinque minuti. I disegni dovevano essere immediati e spontanei, non delle figure ma degli scarabocchi, come quelli che facciamo tra gli appunti. I pazienti con lesioni frontali destre producevano sistematicamente disegni scarni, ne producevano pochi, infrangevano le regole disegnando figure compiute e producevano perseverazioni.
Attraverso queste osservazioni replicate molte volte, Brenda Milner scopriva anche l’asimmetria dei lobi frontali in prove di fluidità.
Una vita di risultati memorabili che Milner ha sintetizzato così:
«Mi sembra di aver avuto molta fortuna nell’essere nel posto giusto al momento giusto, ma anche abbastanza tenacia di intenti da non scoraggiarmi quando il gioco si è fatto duro, come accadeva spesso nei primi giorni all’MNI [Montreal Neurological Institute]».
«In questa fase, la mia più grande soddisfazione deriva dal vedere le neuroscienze comportamentali così saldamente radicate in quello che Hebb, circa 40 anni fa, considerava un terreno poco promettente».
Sto arrivando! poco di fumetti e quello che sa ha a che fare con la psicologia e con il modo in cui il cervello li elabora. Ne scrive nella sua rubrica “Spaziami” – che ha per sottotitolo “e di dati saziami”. Mal sopporta gli interessi personali spacciati per scienza, i sensazionalismi venduti come informazione, il gregarismo. Colleziona storie di scienziate dimenticate. La maggior parte del tempo però la trascorre lavorando come neuropsicologa clinica e a volte insegna.