Ho un ricordo nitido del 1983. Ero in quarta geometri. All’epoca dovevi fare tre settimane di stage in un ufficio professionale. Una cosa simile e al tempo stesso lontana dalla stronzata dell’alternanza scuola lavoro che caratterizza la didattica attuale. Te ne stavi tre settimane piegato sul tecnigrafo a disegnare e a imparare. A me e ai miei compagni toccò anche un rilievo sul campo. Un’esperienza tutto sommato utile, anche perché a me il disegno tecnico, fatto di rapidograph e lametta e retini, all’epoca piaceva.
Ero finito in quell’ufficio con due compagni di classe con cui ero molto amico (e lo sarei rimasto in seguito). C’era pure un paio di tizi di pari età ma di un’altra sezione, fra cui Silvia. Il nome è di fantasia, quello vero non lo rammento. Rammento, di lei, che era molto bella. Cioè, non so più se lo fosse davvero, ma la ricordo così. Capelli rossi lunghi, un volto particolare, non perfetto ma seducente, e un corpo da favola. Molto simpatica, anche, non se la tirava minimamente per la sua bellezza.
E non portava il reggiseno.
Quarta geometri, dicevo. Quindi 17 o 18 anni, a seconda del mese di nascita. E le ragazze belle e dolci e intelligenti, a quell’età, sono PROPRIO belle e dolci e intelligenti. E tu, pure tu a 17 o 18 anni… beh, non ti dirò cosa significhi percepire, con tutti i sensi, bellezza e sensualità. Guarda, evita pensieri pecorecci. Intendo che quello è il momento in cui la bellezza ti illumina e la sensualità ti sconvolge. Fossi poeta te lo direi meglio, ma c’è un cazzo da fare: non sono poeta. E poi non c’è migliore cosa di dirti: ricorda anche tu, a quell’età, cosa provavi quando QUELLA bellezza la vedevi, la sentivi entrare nei tuoi pensieri come se il mondo, da quel momento in avanti, potesse essere solo uno scrigno di possibilità.
Ora, ricordi che prima dicevo: stavi tre settimane piegato sul tecnigrafo. Questo significa che anche Silvia ci stava. Scostava i capelli di lato e quelle maglie leggere a maniche larghissime, in certi momenti, aprivano al mio sguardo scorci di quelle possibilità.
Ecco, devo abbassare il tono lirico perché, avrai capito, le vidi il seno. E quegli istanti non li ho solo portati con me, in quei giorni, a casa, assieme a pensieri che solo un idiota può dire impuri, ma che sicuramente erano desiderio feroce.
Non so che fine abbia fatto, se il tempo sia stato clemente con la sua avvenenza. Pensieri del genere, oggi che di anni ne ho 56, non fanno bene. Spero sia felice e tanto basta.
Tutta questa pappardella per arrivare a questa immagine:
Gli anni difficili del belga Max de Radiguès è stato pubblicato online nel 2017 su Banana Oil, per arrivare recentemente all’edizione cartacea grazie a MalEdizioni.
L’autore getta letteralmente in pasto al lettore un cesto di personaggi, tutti ovviamente giovanissimi. Romain non ha mai provato l’emozione di un bacio. Nicolas sa suonare Stairway to Heaven, ma questo non l’aiuta a fare colpo su Sarah. Michel punta Claire, ma la timidezza lo frena, e averle fatto un occhio nero, seppure casualmente, non aiuta… E altri ancora. Piccoli drammi, grandi emozioni, che sicuramente hai provato pure tu. Amori e sigarette, entrambi clandestini, e ansia per compiti dimenticati. Anni difficili quanto rimpianti e mai dimenticati. Perché l’adolescenza è difficile, certo, ma anche intrisa di piaceri imprudenti. E, a volte, di una noia inquieta che ti fa sentire sospeso fra le cose che non puoi più fare (non sei più così piccolo) e le cose che potresti fare (se solo fossi un po’ più grande).
Il linguaggio usato (nei testi quanto nello stile grafico) è semplice, essenziale, tipico di quell’età. L’autore racconta i vari personaggi con tenerezza, ma senza eccedere nel miele e senza lanciarsi in giudizi o critiche.
Se ci pensi, “adolescenza” è un termine che comunemente intendiamo come un passaggio, una transizione tra fanciullezza ed età adulta. Una via di mezzo, insomma, mentre in realtà non c’è nulla di più estremo. L’etimologia stessa ci porta a quell’errore di prospettiva. Adolescente è colui che si sta nutrendo, mentre l’adulto è chi si è già nutrito. In altre parole, i due termini indicano chi si sta formando e chi si è già formato. Invece, l’adolescenza ha ben poco di transitorio. È definitiva, fra cuori spezzati o palpitanti, delusioni brucianti e rivelazioni decisive.
Il finale presenta semplicemente l’attimo in cui il fotografo scatta la foto di fine anno. Una scelta coerente con l’intento di fornire solo uno sguardo su quelle giovani vite, un’istantanea di un’età ricca di turbamenti e timori e sentimenti che sembrano sempre enormi e assoluti. Un’età che, in fondo, definisce chi siamo.
Difficile che, terminata la lettura, non ti resti la sensazione che con Gli anni difficili Max de Radiguès stia parlando proprio di te.
Vive una crisi di mezza età da quando era adolescente. Ora è giustificato. Ha letto un bel po’ di fumetti, meno di quanto sembra e meno di quanto vorrebbe. Ne ha pure scritti diversi, da Piazza Fontana a John Belushi passando per Carlo Giuliani (tutti per BeccoGiallo) e altri brevi, specie per il settimanale “La Lettura”. Dice sempre che scrive perché è l’unica cosa che sa fare decentemente. Gli altri pensano sia una battuta, ma lui è serio quando lo dice.