Amore e sesso sono sinonimi. Chi ancora non ha capito questa verità assoluta, probabilmente si sta perdendo in relazioni di coppia senza speranza. Gente che confonde l’amore con la vita e investe il suo obolo di trattenute periodiche in una previdenza emotiva che, al giungere di una certa età, possa garantire una pensione. Sì, certo, non sarà una gran cosa, non ci si potranno fare follie, ma almeno è un vitalizio che dà una certa sicurezza.
Preferiamo di gran lunga l’amore (o il sesso, chiamalo come ti pare). Quello senza eternità. Quello che, poi, ogni persona fa come, quando e quanto può e vuole. Mai quanto deve, perché là in mezzo non possono esserci obblighi o imposizioni.
«Quanti uomini ho avuto? Miei o delle altre?»
Probabilmente Mae West, questa frase, non l’ha mai detta, ma ci piace lo stesso. Una delle parti più belle di quella cosa che possiamo chiamare amore – o sesso – è la seduzione. Quella che ci piace usa le armi più sopraffine. Non cede mai alle bassezze quantitative. Non è famelica. Non tiene il conto di quanti uomini ha avuto.
Uno che teneva il conto era quello schifosetto noioso di Casanova. A detta di Lorenzo Da Ponte, le donne da lui conquistate furono duemila e sessantacinque. Era arrivato addirittura a incaricare un servo del censimento su un catalogo. Contale con noi:
«In Italia seicento e quaranta; / in Almagna duecento e trentuna; / cento in Francia, in Turchia novantuna; / ma in Ispagna son già mille e tre. / V’han fra queste contadine, / cameriere, cittadine, / v’han contesse, baronesse, / marchesine, principesse. / E v’han donne d’ogni grado, / d’ogni forma, d’ogni età. / Nella bionda egli ha l’usanza / di lodar la gentilezza, / nella bruna la costanza, / nella bianca la dolcezza. / Vuol d’inverno la grassotta, / vuol d’estate la magrotta; / è la grande maestosa, / la piccina è ognor vezzosa. / Delle vecchie fa conquista / pel piacer di porle in lista; / ma passion predominante / è la giovin principiante. / Non si picca – se sia ricca, / se sia brutta, se sia bella; / purché porti la gonnella, / voi sapete quel che fa.»
Questo risibile collezionista, che fa incetta di conquiste per il solo gusto «di metterle in lista», è espressione della peggiore barbarie. Usa la menzogna e la piaggeria: loda gentilezza, costanza e dolcezza. Seduzione per adulazione: un’arma grossolana che, con ogni evidenza, funziona. Se lo scopo non è l’amore, ma l’aggiunta di una voce al catalogo, vanno benissimo la bugia, la tracotanza e la più assoluta mancanza di rispetto.
Le armi più sopraffine sono un gioco. Divertono tanto chi le estrae quanto chi se le trova di fronte. Non sono mai armi di attacco o di offesa. Hanno sempre una doppia impugnatura: chi le tiene in mano lancia una sfida e aspetta che lo sfidato le impugni a sua volta. Come un gioco di coppia, sono una funzione dell’intelligenza e della gioia dei partecipanti. Sono deboli e tenere, sentono di vita. Non fanno mai alcun riferimento alla secchezza e alla rigidità, che, come sappiamo, sono le caratteristiche attraverso cui si esprime la morte. Quel gioco viene giocato continuamente, con lievità e gioia, leggerezza e rapidità. È una catena di gentilezza e verità, di piccole prese in giro e fraintendimenti, di complimenti e assenza. Nel punto di equilibrio in cui si innesta il fraintendimento, avviene la scoperta.
Le armi più sopraffine sono come il gioco del nascondino. Non c’è la manipolazione di Casanova. Al contrario della manipolazione, che sa sempre dove vuole andare, le armi più sopraffine sanno cosa vogliono, ma non hanno la mappa del territorio. Non conoscono la strada, si avventurano in territori inesplorati, rischiano di continuo, potrebbero incontrare i leoni, ma è un gioco e le belve non sono veramente feroci, hanno il cuore di stoppa e i denti di gomma. Scoprono la strada un po’ alla volta e coinvolgono almeno due persone che si muovono insieme. Non succede mai che una accompagni l’altra, è necessario che si muovano alla stessa velocità. Non c’è né ingenuità né casualità: due (o più) individui che, con leggerezza e intelligenza, camminano uno a fianco all’altro, nella speranza di imbattersi nella gioia.
A volte quella gioia tracima nell’amore e nel sesso. Ed è quello il momento in cui le armi più sopraffine mostrano il loro splendore. Perché, se ci si è arrivati insieme, con leggerezza e allegria, quel sesso è splendido, quell’amore illumina.
Poi i giocatori si allontanano. Senza rimpianto, senza paura, sapendo di amarsi, pur senza appartenersi. E, se decidono di incontrarsi ancora, non si danno per scontati: dovranno ricominciare il gioco. Ogni volta. Finché dura. Senza avere paura del futuro. Senza cercare la sicurezza dei sentimenti garantiti per sempre.
Se dovessero chiederci come fare a far durare l’amore, non esiteremmo a dare una risposta semplice e difficile allo stesso tempo: non deporre le armi. Mai.
Noi, Rosso Foxe.