Se vuoi sapere di cosa sto parlando sarà meglio che recuperi le puntate precedenti:
- All’inizio fu Lungo Fucile…
- Da “Lungo Fucile” A “Omicidio A Washington”
- Da Chemako a Sangue sulle stelle
- Da Sotto il cielo del Messico a Colpo Grosso a San Francisco
- Da Caccia sul mare a Il Popolo degli uomini
- La ballata di Pat O’Shane
- Da La città calda a Santa Fe’ Express
Il 5 marzo 1979 la sonda spaziale Voyager 1 sorvola Giove. Forse l’effetto astronomico/astrologico ha una brutta conseguenza su Pietro Calogero, sostituto procuratore della repubblica di Padova, che il 7 aprile dispone l’arresto di alcuni esponenti della sinistra extraparlamentare, Autonomia Operaia e Potere Operaio. I più noti sono Toni Negri, Oreste Scalzone, Franco Piperno, tutti accusati di associazione sovversiva e insurrezione armata contro lo Stato. In particolare, Negri verrà accusato di essere una sorta di capo ideologico delle Brigate Rosse. Quasi tutte le accuse cadranno col tempo. Giove nel frattempo resta lì. Noi, per non perdere l’abitudine, in quei giorni continuiamo a leggere Lungo Fucile.
Abbiamo già scoperto la volta scorsa che necessità lavorative hanno riportato KP a gravitare nell’esercito. In Un uomo inutile (Ivo Milazzo ai disegni) è ancora esploratore civile. Incrocerà la sua strada con quella del sergente Mc Cabe, dopo quarant’anni di servizio ormai prossimo alla pensione. Mc Cabe ha un ultimo incarico: deve accompagnare la moglie del comandante in città, per toglierla da una zona pericolosa durante le ultime settimane di gravidanza. «Gli indiani sono in rivolta», dice infatti il colonnello, suo marito, per convincerla a partire. Tutto questo mentre uno dei nuovi esploratori (ovviamente Ken) sta arrivando al forte in compagnia di una strana coppia. Due giovani imbroglioni che faranno una brutta fine, senza lasciare particolari tracce nella vita del protagonista.
Mc Cabe è un vecchio soldato, un uomo che non sa immaginarsi una vita diversa da quella vissuta in divisa per tanto tempo.
Ma l’anziano sergente sarà tutt’altro che inutile, come suggerisce il titolo. Il viaggio e l’avventura costringeranno lui e Ken ad affrontare una gravidanza al termine. Con successo…
La nuova vita che vede la luce grazie all’improvvisata coppia di ostetrici sembra mostrare al vecchio Mc Cabe la direzione per la nuova stagione della propria esistenza.
Nell’episodio successivo ritroviamo Giorgio Trevisan alle matite, mentre Ken arriva nel Texas a Fort Worth, uno dei più grandi depositi d’armi dell’esercito. Proprio il traffico d’armi sarà al centro di nuove indagini in una Storia d’armi e d’imbrogli.
Un’altra clamorosa truffa, insomma. Ken riuscirà a capire quale sia il trucco usato dai ladri, capeggiati da un ingegnoso trasformista che riuscirà a sfangarla, facendo finire il protagonista in gattabuia.
L’episodio è un western investigativo che non lascia particolari tracce. Prosegue, in sostanza, quella che nell’ultima puntata di questa rilettura retrospettiva di Lungo Fucile avevo segnalato come «momentaneo ritorno del protagonista in uno scenario western più consueto». Da sottolineare, semmai, un’altra caduta di stile sull’omosessualità, anche stavolta parzialmente sfumata e corretta nella riedizione Mondadori. Guarda il paragone e ricorda che, come ti ho detto quando ho parlato di Ranchero, Berardi scriverà più avanti un episodio davvero significativo sull’omosessualità. Peraltro, in una lunga intervista a “Fumo di China” del 1981, richiamata nei redazionali di “KP Collection” di Panini Comics, l’autore aveva già riconosciuto di aver agito con leggerezza sulla questione. Te ne parlerò quando arriveremo al n. 36, Diritto e Rovescio.
Proseguiamo nel viaggio e arriviamo nella cittadina di Lawtown, in Oklahoma, dove una ragazza è stata violentata e uccisa. Ken Parker riesce a salvare il militare sospettato del delitto, Lyman Ames, apparentemente inchiodato alla colpevolezza da troppi indizi e da un’amnesia, dovuta a una notte troppo alcolica che non sa fargli ricostruire le proprie azioni delle ultime ore. In compagnia dell’amico di Lyman, il caporale Halliday, Ken deve scortare l’imputato fino a Fort Richardson, per fargli affrontare il giudizio. Della corte marziale, certo, ma anche Il giudizio di Dio, come titola l’episodio in cui ritroviamo Bruno Marraffa ai disegni.
Non sarà l’ultima volta che KP ci parla della pena di morte. Lo farà anche più avanti, in Cronaca (n. 37 della serie originale). Un episodio che ebbe grande importanza anche per me. Te ne parlerò.
Restando al Giudizio di Dio, Berardi non esita a mostrare una donna e addirittura un bambino, fra la folla inferocita e assetata del sangue di un colpevole, a sottolineare la propria presa di distanza etica.
Non sarà trattato bene neppure Bruce Catton, cacciatore di taglie cinico e privo di scrupoli.
A dimostrare ancora una volta quanto sia complessa la vita e quanto sottile il velo che divide colpevolezza e innocenza, a Lyman tornerà la memoria, e con essa la terribile consapevolezza di essere davvero colpevole di stupro e di omicidio. E in una scena bellissima il soldato “accetta” la morte per mano del cacciatore di taglie.
L’episodio è giocato in gran parte su elementi tipici del “giallo”. Per capire come sia avvenuto l’omicidio della povera Alice Mac Lean il lettore deve seguire le testimonianze di Halliday, di un barman, del padre della vittima. E poi le riflessioni di Ken, che seppure non campate per aria si riveleranno errate, in un’ennesima dimostrazione di fallibilità del protagonista, palesemente e amaramente riconosciuta e accettata…
Ne Il giorno in cui bruciò Chattanooga ritroviamo Giancarlo Alessandrini ai disegni. Ken è a Chattanooga, sempre in Oklahoma. Deve verificare lo stato di salute di alcuni cavalli che l’esercito, per cui lavora, intende comprare. Si troverà, ça va sans dire, impelagato nel solito imprevisto: alcuni malviventi intendono svaligiare la banca. Un gruppo senza scrupoli che non esita, come diversivo, a incendiare la città e a prendere in ostaggio una maestra con i suoi alunni.
Un episodio marginale, ennesima puntata “puro western”, con ennesima rapina mandata all’aria dal coraggio di Ken. Troppe concessioni alla retorica (i banditi spietati, il cinico banchiere che esita a lungo nel fornire il denaro per il riscatto, neppure convinto dal pericolo corso da una intera classe di bambini) e qualche macchietta di troppo: l’impiegato di banca, vittima fantozziana dei superiori e della moglie, accenni al razzismo, uno sceriffo apparentemente inadeguato ma alla fine valido nei momenti che contano. Un po’ troppa schiuma retorica…
L’episodio non è privo, comunque, della solita presa di posizione netta di Ken verso il sistema delle leggi e verso l’attaccamento della gente al denaro. Tutti fatti che rendono laboriosa la trattativa per salvare i bambini e la loro maestra.
La coppia di episodi, semmai, è da sottolineare perché Berardi cede parzialmente il controllo del proprio personaggio, limitandosi a scrivere il soggetto e a co-sceneggiare la storia, avvalendosi dell’aiuto di Maurizio Mantero, una collaborazione che da qui in avanti si farà sempre più frequente. Il parziale cambio d’autore non si avverte e i due continueranno a lavorare assieme realizzando molte storie “a quattro mani”, a cominciare da “Julia”.
Proviamo a fare il solito punto cronologico.
Quando ti ho parlato de La lunga pista rossa e del successivo Santa Fe Express dicevo che siamo nell’estate del 1875. Considerando che l’incendio di Chattanooga è favorito anche dalle condizioni climatiche calde e secche (come viene sottolineato più volte all’interno dell’albo), dovremmo essere sempre alla fine dell’estate del 1875.
Nella realtà, con Un uomo inutile siamo entrati in edicola nel marzo 1979 e ne siamo usciti con l’incendio di Chattanooga, agosto 1979. Sono successe un bel po’ di cose nel frattempo. Il 4 maggio in Gran Bretagna i conservatori hanno vinto le elezioni, portando al ruolo di primo ministro Margaret Thatcher, prima donna a occupare l’ambita poltrona. Il 16 luglio Saddam Hussein è diventato presidente dell’Iraq. Non finirà bene, ma durerà un bel po’. In Italia, il 27 agosto vengono rapiti in Sardegna Fabrizio De André e Dori Ghezzi. Finirà bene, dopo quattro mesi, e Faber scriverà la bellissima Hotel Supramonte nell’album conosciuto come L’indiano.
Vive una crisi di mezza età da quando era adolescente. Ora è giustificato. Ha letto un bel po’ di fumetti, meno di quanto sembra e meno di quanto vorrebbe. Ne ha pure scritti diversi, da Piazza Fontana a John Belushi passando per Carlo Giuliani (tutti per BeccoGiallo) e altri brevi, specie per il settimanale “La Lettura”. Dice sempre che scrive perché è l’unica cosa che sa fare decentemente. Gli altri pensano sia una battuta, ma lui è serio quando lo dice.