È QUASI Natale. Non sai mai cosa regalare. Ecco una sfilza di consigli.
Orsù!
Il regalo di Claudio Calia
Con Lello Voce ci ho fatto fumetti, eventi dal vivo, addirittura ci ho vinto un premio con Piccola Cucina Cannibale (un premio vero di quelli che pagano una bolletta, non cose di fumetti). Lello è il poeta che ha importato in Italia il Poetry Slam, evento dal vivo che ha saputo ridare fiato e circolazione a questo strano linguaggio che è la poesia. Lello è un “poeta sonoro”, la maggior parte delle sue pubblicazioni ha un CD in allegato, in quanto la poesia, mi insegna, nasce orale ed è nell’oralità che si esprime al suo meglio. Dopo qualche anno di assenza dalle scene, a settembre è uscito, per La Nave di Teseo, Razos. I razos, da quello che capisco da illetterato autore di fumetti, sono dei componimenti in prosa che precedevano e, in qualche modo spiegavano, le poesie nel medioevo. Non c’è un CD allegato, e a parte dei madrigali muti alla fine del testo… non ci sono le poesie. Ce le dobbiamo costruire noi, a partire dai testi che le presentano. Che è un po’ come quando leggi un bell’articolo di QUASI su un autore o un fumetto che non hai, e cerchi di immaginartelo.
Il regalo di Ginevra Gambi
D Editore: Ultima fatica del fumettista concettuale greco-belga Ilan Manouach, Fastwalkers è un imponente hentAI di 512 pagine pubblicato da D Editore nella collana D_Pressa a cura di Valerio Bindi. Partorito da algoritmi GAN e GPT-3 appositamente nutriti con un amalgama d’immagini tratte da anime e manga giapponesi, vuole rispondere a una domanda precisa: possiamo insegnare alle macchine il linguaggio dell’erotismo? Il risultato è un fumetto cyberpunk unico nel suo genere, allucinato e lirico, che tramite la discussa tecnologia delle reti neurali smuove riflessioni su una sessualità non-umana, in assenza di corpi e generi predefiniti, ma anche sulla natura dell’arte e dell’autorialità, e sulle potenzialità del deep learning. L’edizione (in inglese) di Fastwalkers per il pubblico italiano è limitata a 175 copie, quindi se desideri metterla sotto l’albero tieni d’occhio i canali social dell’editore.
Il regalo di Leda Barozzi
The Owl House: Aspirante Strega: La serie televisiva animata The Owl House, creata da Dana Terrace, è un horror-comedy statunitense disponibile su Disney+.
Alternando situazioni classiche e momenti struggenti, il programma, che, come dimostra la sua accanitissima fanbase è adatto a tutte le fasce d’età, ci introduce in un mondo splendidamente mostruoso e alternativo, in cui tutti sono “diversi” e dove non esistono discriminazioni di genere.
La protagonista Luz Noceda, un’adolescente allegra con interessi singolari, si trova casualmente catapultata in questo universo popolato da creature mostruose e personaggi curiosi.
Anche se inizialmente un po’ frastornata, Luz inizia ad apprezzare la diversità di quel luogo e a costruire legami con le persone del posto, come l’anticonformista criminale “Dama Gufo” Eda o l’adorabile “re dei demoni” King, finendo poi per innamorarsi della sua “dea dai capelli di zucchero filato”, su cui non aggiungo altro per non fare spoiler.
Facendoci attraversare quello che è stato il passato dei personaggi, Dana Terrace ci mostra, nel susseguirsi degli episodi, un grande cambiamento e una grande crescita spirituale in loro; tra questi anche la stessa protagonista Luz Noceda, che, dopo innumerevoli incidenti di percorso, impara ad apprezzare finalmente sé stessa.
Sebbene la serie sia stata rilasciata nel 2020, ho pensato comunque di segnalarla visto che si dovrebbe concludere nel 2023 con la terza ed ultima stagione.
Io personalmente vi suggerisco “regalarvi” The Owl House anche solo per entrare a far parte della “TOH community”, una temibile unione di nerd, ognuno con la sua schiera di meme – come l’indimenticabile “lego Eda” – di teorie, di piccole osservazioni, fan art e con un’incredibile ostinazione nell’immaginare improbabili fidanzamenti tra personaggi mai apparsi nello stesso episodio.
Il regalo di Andrea Ciccarelli
«E se invece fossi solo un coglione?» In pratica la domanda che da sempre permea tutta la fantascienza con al centro l’essere umano. Pensateci: è una frase perfetta se messa in conclusione al 2001 di Kubrick. Meglio di quella, forse, solo scoprire che, sostituendo «C’è figa?» a tutti gli squittii elettronici di R2D2 / C1P8 nei film di STAR WARS, ogni dialogo si regge.
Ed è la frase che troviamo in quarta di copertina di Barbarone sul pianeta delle scimmie erotomani, ultima fatica fumettistica di Gipi che inaugura una futura trilogia di fantascienza in cui un po’ si sfreccia gagliardi attraverso le stramberie dell’universo e un po’ si ride di sé stessi e del vuoto nero dello spazio – quello esterno e quello interiore – che tutti ci circonda e ci comprende.
Il malinconichetto e stropicciato personaggio che dà il nome al libro, l’astronauta Barbarone, assomiglia parecchio al suo autore e, come lui, accende i motori della sua astronave (o quelli della creatività, nel caso di Gipi) per sottrarsi alla morsa fredda e annichilente dei buchi neri che tutto ingoiano, compreso il labile senso che di tanto in tanto riusciamo a trovare alle nostre vite.
C’è una trama nella storia di Barbarone – anzi, due: una orizzontale e una verticale, come fanno gli autori bravi – e quella trama ci guida attraverso un universo che è divertente scoprire, alieno dopo alieno, pianeta dopo pianeta. È come giocare a No Man’s Sky avendo Ugo Tognazzi come voce narrante. Come leggere Ted Chiang annotato da Achille Campanile. Come, appunto, immaginare la Barbarella di Jean-Claude Forest con Gipi al posto di Brigitte Bardot.
Perché nel gelido buio dello spazio infinito galleggiano come spettri le persone che non ci sono più, la puzza di sudore e di piscio, lo schifo, il corpo che cede, la voglia che scompare. Ma, sparpagliate su quel campo nero, brillano anche come stelle l’amicizia, l’avventura, la sorpresa di ritrovarsi ancora vivi, la voglia di ridere e di rotolarsi per terra, di lanciarsi attraverso il tempo e lo spazio per non indietreggiare più nemmeno di un passo di fronte alla paura tutta umana di non essere.
Gipi è bravissimo a mettere tutto questo in una storia necessaria – per lui e per noi lettori che amiamo leggere i suoi libri – che si conclude con una promessa che dovremmo tatuarci da qualche parte: «Tra un momento tornerai a essere la mezza sega di sempre». Perché il nostro avversario, quello più feroce e più capace di colpire dove fa davvero male, è il nostro io interiore. E non potremo mai sconfiggerlo ma solo un giorno, forse, farci pace.