Il blu è un colore solitario

Antonia Caruso | Affatto |

In Cervello di gallina di Silvia Righetti ci ho trovato solitudine, proprio una gran solitudine, quella terrestre di essere soli e sole nel cosmo infinito ma non so quanto ostile perché non ci sono mai stata e mai credo ci andrò, il che può essere sia un bene che un male.
La prima volta ero tutta tesa a leggere la storia; poi, la seconda, ecco… la solitudine (la bicromia bianco/ciano ha aiutato).
Va bene, percepisco la solitudine in qualsiasi momento della vita, a parte quando dormo. Se penso al cosmo invece non lo so: è più terrore che solitudine.
Poi, in questo fumetto, c’è anche altro, c’è la ricerca degli alieni, o meglio la ricerca di tracce che possano far pensare ad altre forme di vita. Ci saranno? Non ci saranno? Non si capisce, non è risolutivo e in fondo non importa. Qualcuno li cerca per conto proprio, per farci cosa poi? Chissà. Per alleviare la solitudine? Forse no, forse è inutile.
Cervello di gallina è un fumetto di fantascienza con molti sentimenti, tra cui la solitudine, ma l’ho già scritto. È che è proprio evidente.

Non so perché mi stupisco che la fantascienza abbia dei sentimenti, ma effettivamente la fantascienza contemporanea ha molti più sentimenti di quanti ne avesse, qualche decennio fa, per lo meno la fantascienza non a fumetti. Forse perché molta della fantascienza che leggo è effettivamente di qualche decennio fa (gli “Urania” te li tirano dietro e io qualcuno lo raccolgo).
In Cervello di gallina la fantascienza non è una cornice posticcia, come se potesse essere ambientato indifferentemente a Rovigo subito dopo Chernobyl o in una colonia italiana a Pattaya (ogni tanto succede, si dà una patina di fantascienza poi in fondo è sempre la solita solfa). Trovo molto bello e rilassante (rilassante? sì, rilassante) che finalmente un’autrice faccia narrazione di genere, che rimane ancora un terreno molto maschile.
La fantascienza è ancora molto maschile, almeno in Italia, la tecnologia è roba da maschi. Se c’è una scienziata siamo ancora lì a dire «Oh! Ma dai! Ma che brava! Ma come fa poi a preparare i manicaretti a casa?». Righetti però la tecnologia la sa usare bene e ha anche una notevole capacità visiva di inventare il futuro: tecnologie, vestiti, case, sentimenti e disegna delle scarpe molto belle. Il suo segno poi mi ha ricordato il segno morbido, lisergico e semiparanoico di certi anni Settanta francesi insieme a tracce di vaporwave, forse per la bicromia in ciano che fa un po’ risograph. Non è una fantascienza con una missione, si parla di fallimenti praticamente in ogni campo della vita e non perché si ha un cervello di gallina (solo la gallina ha un cervello di gallina) ma perché la vita.

Poi si può anche dire che sia un fumetto sui rapporti umani ambientato nel futuro. I rapporti umani nel futuro praticamente sono uguali a quelli di adesso, stesse fatiche, stesse frustrazioni, stesso amore, solo che è nel futuro. Poi è anche una storia di relazioni familiari, quindi un altro sentimento è l’amore. Sì, ma l’amore difficile. Cioè è la storia di una donna che ha dei rapporti con degli uomini abbastanza problematici. Fino a un certo punto Rebecca la protagonista ci sta, poi decide di non starci più, se ne va proprio (in un finale che non mi ha proprio convinta ma vi dico: I quattrocento colpi). Insomma Rebecca una di noi. C’è il rapporto tra sorella e fratello, ma anche tra Rebecca ed Enzo (stranamente i nomi italiani non stonano, in genere i nomi italiani nella fantascienza risultano strani, tipo anche se si chiamassero con nomi famosi come l’astrofisica Flavia Vento o il genetista Amedeo Minghi) ed è un amore molto difficile.
Ancora più difficile è l’amore tra Rebecca e Lino che dovrebbe essere il suo compagno ma sta chiuso sottoterra e non esce e non parla, quindi potrebbe anche essere morto.
Non che Rebecca non abbia i suoi problemi e le sue insicurezze ma almeno cerca di starci dentro un po’ meglio.

Cervello di gallina è un bell’esordio, ha molte vaghezze che lo rendono flottante, e flottante lo considero un complimento, anche perché le stelle, l’amore.

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(Quasi)