Inizia un nuovo anno di QUASI e visto che questa serie di articoli su Alan Moore sta andando avanti da molti mesi, prima di ripartire, tiriamo un attimo le fila.
La Mappaterra del Mago è un viaggio nelle opere di Moore e nella sua ossessione per tempo e magia. Siamo partiti da From Hell, il fumetto con cui lo scrittore ha cominciato coscientemente la sua esplorazione di questi territori iper-dimensionali e abbiamo attraversato poi A small killing, Lo specchio dell’amore, 1963 e Supreme, facendo qualche sosta ogni tanto per raccontare il rapporto di Moore con il mondo dei comics e i suoi editori. Mentre camminavamo in questi territori nel tentativo di cartografarli, la mappa si è srotolata sotto i nostri passi, fino a quando, grazie all’arte di Checco Frongia, abbiamo potuto finalmente vederla.
Siamo ancora in cammino dunque, ma la strada ora, proprio come nelle storie di Moore, non è più diritta: passato, presente e futuro non sono più in fila e possiamo permetterci di saltare qua e la sulla mappa a piacimento.
Ricominciamo allora da Providence, la maxiserie con cui Moore e Jacen Burrows affrontano gli universi di Howard Phillips Lovecraft. Ma per farlo, dobbiamo prendere la ricorsa andando a scomodare Zenone.
Fin dalla copertina, I tre paradossi di Paul Hornschemeier rende chiaro che, oltre alla storia raccontata, in quel fumetto c’è anche una considerazione sull’essenza stessa dei fumetti.
L’immagine è divisa in tre vignette: una orizzontale, nella parte alta della pagina, raffigurante l’abitacolo vuoto di un’automobile e due verticali sotto, dove vediamo le gambe del protagonista adolescente disegnate nell’atto di camminare (nella prima colonna la gamba destra è in avanti e quella sinistra indietro, mentre nella seconda è il contrario). A separare i due rettangoli c’è lo spazio bianco, dentro il quale è però posizionato il titolo: I tre paradossi.
Quelle tre vignette in copertina stanno lì a suggerire immobilità: quella in alto rappresenta una macchina ferma sullo sfondo del cielo e al cui interno sembra ci siano due ombre, come una macchina guidata da fantasmi; le due in basso mostrano un tipico esempio di come sfruttare il tempo nei fumetti, producendo due «immagini giustapposte» che guardate in sequenza danno l’illusione del movimento: il fulcro dell’arte sequenziale secondo la diffusa e ampiamente riconosciuta teorizzazione di Will Eisner prima e Scott McCloud poi. Ma in realtà, messe lì in copertina, giustapposte al titolo che fa riferimento ai quesiti filosofici di Zenone sull’impossibilità del movimento, svelano quell’illusione e rompono la sospensione dell’incredulità necessaria a ogni fumetto: quando leggiamo un fumetto non stiamo guardando un movimento, guardiamo una serie di immagini immobili, congelate eternamente.
Ed è qui che il libro di Hornschemeier diventa importante all’interno di questa lettura delle opere di Alan Moore. Perché suggerisce, nei celebri paradossi del filosofo presocratico vicino a Parmenide,una chiave per leggere il mondo che richiama il concetto einsteniano di Universo Blocco.
Riassumiamo i tre paradossi a cui fa riferimento Hornschemeier:
il primo riguarda un corridore a cui viene data una lunghezza da percorrere ma che poi, dopo aver attraversato metà della distanza complessiva, deve percorrere metà della metà rimanente, e poi la metà della metà della metà e così via. L’avanzamento del corridore rallenta fino a un punto nullo di immobilità mentre queste divisioni continuano all’infinito;
il secondo paradosso riguarda Achille che, malgrado il “piè veloce”, non riesce a superare una tartaruga che si trova a breve distanza davanti a lui, poiché prima deve raggiungere il punto da cui è partita la tartaruga e poi raggiungere il punto in cui essa si troverà quando Achille avrà raggiunto il punto di partenza della tartaruga, e così via;
il terzo paradosso riguarda una freccia in volo e si chiede se in ogni singolo indivisibile momento del suo volo quella freccia sia immobile: se la freccia è immobile nell’istante allora non è in movimento e non lo sarà mai e dire che la freccia è in movimento nell’istante immobile è un controsenso.
Questi tre paradossi, che potrebbero dimostrare l’inesistenza del movimento e del cambiamento, insieme ad alcuni altri, enunciati sempre da Zenone, hanno avuto un impatto nell’evoluzione del pensiero matematico e filosofico occidentale ma, com’è evidente, non su quello fisico.
Nel suo fumetto Hornschemeier mette in relazione questa sospetta immobilità dell’esistenza con il ricordo di una vicenda del suo passato, facendola rivivere al se stesso protagonista della storia mentre attraversa i luoghi in cui tale vicenda accadde. Un’idea che ha molto a che fare con la psicogeografia dei situazionisti, a cui Moore si è avvicinato, come visto nel primo capitolo di questa Mappaterra, grazie agli scritti di Iain Sinclair, e che tratta profondamente in Jerusalem e Providence.
«Io penso che il passato entri nel midollo di un luogo e forse anche nei suoi ambienti», dice un personaggio di Providence e lo stesso Moore, in un’intervista, afferma:
«Questo è il modo di affrontare il passato: come qualcosa di sano, vitale, in continuo sviluppo, che non deve essere considerato come un mausoleo di ricordi morti a cui tornare e trattare come un feticcio. È sbagliato. Il passato è ancora vivo e nulla muore veramente. È un ricordo, un’energia che ci trasporta attraverso il tempo e le nostre vite. Le persone che non ci sono più, gli edifici che sono andati… Non sono realmente scomparsi. Continuano a esistere in una specie di spazio platonico».
In queste parole di Moore sul passato che «è ancora vivo e nulla muore veramente» risuonano quelle di Chris Ware, altro fumettista il cui lavoro è tutto declinato al rapporto fra spazio, tempo e coscienza individuale. Dice Ware nella raccolta di saggi e interviste intitolata puntualmente Il palazzo della memoria: «Nutro profondo affetto per quei posti [della mia giovinezza], che, peraltro, con il passare dei decenni , praticamente non esistono più, sebbene siano reali nella mia mente come qualunque stanza in cui mi possa trovare in questo momento. Chi di noi non può chiudere gli occhi e vagare con la mente nelle case dell’infanzia, aprendo porte e cassetti e scendendo scale in quella strana mancanza di peso che da’ la memoria?»
Nel fumetto di Hornschemeier viene rappresentato il momento in cui Zenone, accompagnato da Parmenide, espone i suoi paradossi ad altri filosofi. Fra questi è Socrate il più violento nel contrastarlo, ponendo davanti agli occhi di Zenone la realtà del mondo in costante e evidente cambiamento. Ma il protagonista di I tre paradossi è comunque divorato dal dubbio: «e se invece avesse ragione Zenone? Se io non riuscissi più a muovermi?», interpretando quel quesito filosofico in maniera metaforica e utilizzando il fumetto come amplificatore di questa possibile immobilità.
La teoria dell’Universo Blocco, così come Moore la espone nei suoi libri, dà però un’ulteriore interpretazione di questo concetto, proponendo l’idea che la nostra esistenza sia una sequela di istanti congelati che si ripetono infinitamente immobili a cui la nostra coscienza, così come succede ai fotogrammi di una pellicola quando vengono investiti dalla luce della lampada del proiettore, dona l’illusione del movimento. Esattamente come accade nella nostra mente quando guardiamo una pagina di fumetto.
Tutto questo richiama perfettamente quanto viene rappresentato in Here, il fumetto di sei pagine di Richard McGuire, poi diventato un libro, apparso per la prima volta nel 1989 su “Raw” di Art Spiegelman e Françoise Mouly. Tra fumettisti e critici Here, con la sua rappresentazione di tempi diversi che accadono nello stesso luogo (il fumetto mostra lo stesso angolo della stessa casa avanti e indietro nel tempo, dal 3.000.000.000 a. C. al 22.175 d. C., affastellandoli nello spazio della stessa vignetta)viene spesso citato come una delle vette massime raggiunte da quest’arte. Stando a quel che dice Chris Ware, quel fumetto gli ha cambiato la vita e il modo di vedere il suo lavoro e parlandone, commenta:
«Con Qui, Richard [McGuire] prende lo spazio, lo affetta in tanti quadri, poi mischia tutto – passato, presente e futuro mescolati senza scampo – togliendo dalla pagina il tempo e tornando a ricollocarlo nella coscienza e, il che è ancora più importante, sotto il controllo del lettore».
Anche Moore e Jacen Burrows in Providence e Neonomicon, le due miniserie che insieme al racconto Il Cortile, costituiscono probabilmente la più grande e accurata speculazione mai realizzata sulle opere di Lovecraft, lavorano utilizzando il fumetto in questo modo, instillando nella coscienza del lettore la visione dell’Universo Blocco e dell’Eternalismo. Visione che nella tecnica del fumetto è però già sottintesa: è il terzo paradosso di Zenone, quello della freccia, a svelarlo, descrivendo perfettamente il meccanismo di una pagina di fumetto dove ogni vignetta è un diverso istante della freccia immobile/in movimento che coesiste con tutti gli altri.
È ancora Ware, parlando di Here, a sottolinearne il funzionamento rispetto al nostro sguardo:
«In Here, spazio e tempo lavorano nella mente del lettore in un modo che è più simile alla memoria e all’esperienza di qualunque altra cosa che sia mai stata fatta nel fumetto. (…) Richard [McGuire] porta il lettore via dalla striscia per fargli raggiungere un punto d’osservazione da cui può vedere tutti i tempi e tutti i posti nello stesso momento, creando un’esperienza a tutti gli effetti trascendente».
L’essenza del fumetto, la sua unità di misura fondamentale, é lo spazio e fare fumetti è come costruire case di percezione e immaginazione; case in cui abiterà il nostro immaginario e che contribuiranno a costruire l’orizzonte abitato fisicamente dai nostri corpi e dalle nostre coscienze.
Lo sa McGuire che ambienta il suo fumetto rivelatore all’interno di una casa (e la cui prima e quarta di copertina dell’edizione in volume rappresentano rispettivamente una finestra e un muro di mattoni, gli “esterni” del suo edificio fumettistico); lo sa Ware che con Building Stories realizza un fumetto diviso in quindici fumetti di formato diverso racchiuso nella scatola di un gioco di società, in cui è il lettore a scegliere come costruire la storia; lo sa Moore che comincia mettendo un’architettura psicogeografica al centro di From Hell e finisce mostrando sulle copertine di Providence gli immaginari edifici in cui si svolgono le storie di Lovecraft visti ai giorni nostri: spazi immobili di un tempo eterno, perennemente abitati e resi vivi dalle nostra coscienze.
[continua]
Arnesi del cartografo
I tre paradossi di Paul Hornschemeier lo ha pubblicato Comma 22 nel 2008. Io l’ho trovato in una libreria dell’usato e direi che quello o ebay sono il modo migliore per averlo;
Il palazzo della memoria, raccolta di scritti, disegni e interviste di Chris Ware, curato da Hamelin, lo ha pubblicato Coconino nel 2016, così come ha fatto nel 2022 con la lussuosa edizione di Building Stories;
Qui di Richard McGuire lo ha pubblicato Rizzoli Lizard nel 2015. È stato fuori catalogo per un po’ ma ora è di nuovo disponibile (anche se non so dove poter trovare la versione originale di 6 pagine della storia, probabilmente basterebbe recuperare in rete il numero 1 di Raw vol.2 del 1989 su cui è apparsa);
A proposito di “costruire storie”, su Quasi c’è un articolo di Paolo che tratta l’argomento, tirando in ballo anche l’incredibile A Short History of America di Robert Crumb.
Providence di Alan Moore e Jacen Burrows è appena stato ripubblicato integralmente da Panini in un tomo gigante che contiene anche Neonomicon e Il Cortile. Fortunatamente io li avevo già separati e non sono stato costretto a spendere una follia per quell’edizione che comunque sembra davvero bella.
Scrive fumetti e scrive di fumetti, poi scrive anche canzoni e le canta, insieme a quelle degli altri che gli piacciono. Il suo sito è www.francescopelosi.it.