Non sto piangendo, mi è entrato un wrestler nell’occhio: Riflessioni su Antonio Inoki Tribute Book

Beniamino Malacarne | Squared Circle |

Da qualche mese è morto Antonio Inoki, e l’effetto tappeto strappato da sotto i piedi è più o meno quello dell’incipit di questo articolo. Perché la vita è anche questa roba qui: tu sei lì a farti i cazzi tuoi, preso dalla tua quota quotidiana di menate nel cui merito non entro perché il punto del pezzo non è questo, quando a un bel momento zac, non c’è più. Chi? Dipende. Negli ultimi anni diversi capisaldi della cultura pop e commerciale dagli anni Settanta in poi hanno cominciato a cadere come mosche, alcuni anni sono stati peggiori di altri. Sei lì che pensi a quanto ne hai le palle piene del lavoro e zac, non c’è più David Bowie. Tempo dopo stai pensando che devi andare dal dentista e non hai sbatta ma proprio zero e zac, Stan Lee ci lascia. E da un attimo con l’altro ti ritrovi con la skyline del tuo paesaggio mentale irrimediabilmente modificata, in un violento quanto rapido attentato psicourbanistico. E no, non diciamo che i nostri riferimenti ci accompagnano comunque perché non è la stessa cosa, vivo o morto. Prova, e poi torna a raccontarmelo se ti riesce.

Sta di fatto che con quel buco ci si sono trovati in molti, alla scomparsa di Antonio Inoki, o almeno così pare a giudicare, anzi a soppesare, il balenottero cartaceo che risponde al titolo di Antonio Inoki Tribute Book, un mattoncino con una lista di autori chilometrica in quarta di copertina. Onofrio Catacchio, Carmine Di Giandomenico, Daniele Brolli, Giuseppe Palumbo, Otto Gabos e un plotone di persone che hanno voluto, in un modo o nell’altro, tributare il loro omaggio a un eroe tanto trasversale da entrare stabilmente nell’immaginario e nei sentimenti di un paese che con il wrestling è sempre girato a corrente alternata, brevi periodi di esaltazione seguiti da lunghi anni di non me ne frega un cazzo, un nucleo di appassionati più Hardcore di una casa di produzione di porno degli anni Ottanta insieme a tanti occasionali che vengono a vedersi lo spettacolo di tanto in tanto ma mai in numero sufficiente da garantire il pane ai ragazzi che si spaccano la schiena sul ring. Perché il wrestling in Italia non s’è mai radicato, mentre Antonio Inoki sì. Qui è più facile trovare un esperto che disquisisce di quel match assurdo fra lui e Muhammad Ali che qualcuno che abbia visto l’ultimo pay per view della WWE. Perché fra tanti eroi usa, getta e recupera quando torna di moda, ogni tanto ne spunta fuori qualcuno autentico, di quelli che quando lo vedi arrivare sulla scena per la prima volta ti sembra quasi di sentirla, la puntina da disegno che ti fora le pareti interne del cranio e te lo appende lì per sempre.

Quindi, ora che Antonio Inoki non c’è più, l’editore Tentacle suona la carica e gli autori saltano fuori tipo formiche legionarie in caccia per porgere i loro sentiti omaggi. E il punto del volume è per lo più questo, mica la necessità di lasciare qualcosa di memorabile che, per lo più, non c’è. La qualità è quella che ci si può aspettare da un volume antologico gigante nato più per l’occasione che per una reale esigenza artistica. Ci sono fumetti carini e fumetti dimenticabili, più una perla che da sola paga il biglietto che è l’intervista a Tony Fusaro, la voce storica del catch giapponese tipo un milione di anni fa su Telesalcazzo e associati. Perché prima di Dan Peterson c’era lui, con il suo tono pacato e le sue maniere da gentiluomo e le sue dirette inventate dal Tokyo Dome che non era davvero lì ma aveva capito che il wrestling non è quello che succede sul ring ma tutto intorno, la simulazione di un evento sportivo internazionale con i gladiatori. Quindi, tutte le volte che c’è mezzo di leggere o ascoltare le sue parole zac, si fa. Poi ok, non ci sarà la singola storia a fumetti che uno leggerà e rileggerà, ci sarà un volume che ogni volta che lo guardi ti ricordi che sei connesso con l’universo attraverso l’amore comune che provano in tanti per un eroe, qualcuno che ok vivo o morto non è la stessa cosa ma la sua presenza, nel tuo cuore e nel tuo cervello, ti fa sentire parte di qualcosa di più grande.

Inoki Bom-Ba-Ye.

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